LIBERAZIONE DEGLI IMMOBILI IN CUSTODIA

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doriana.pescara pubblicato 01 giugno 2016

In un'esecuzione immobiliare, il G:E: autorizza l'esecutato e per esso terzo occupante, a mantenere la detenzione dell'immobile posto in vendita fino all'aggiudicazione e previo pagamento di un'indennità mensile da corripondersi a regolari scadenze.

Già dalla prima scadenza, il pagamento dell'indennizzo non viene eseguito, nonostante il formale sollecito rivolto all'accupante dal Custode.

Premesso che il Custode non detiene le chiavi di accesso dell'immobile (detenuto dall'occupante in forza della detta autorizzazione)  e che questo, risulta occupato da beni mobili (arredi) e da oggetti e beni personali degli occupanti, il Custode deve relazionare al G.E. affinchè disponga la revoca del provvedimento di autorizzazione suddetto e  diponga il rilascio l'immobile al Custode libero da persone e cose ( disposizione di rilascio peraltro già contenuta nell'ordinanza di delega).

DOMANDA: laddove l'occupante, a seguito della comunicazione della revoca dell' autorizzazione  e data di rilascio dell'immobile libero da persone e cose, non dovesse adempiere, il Custode come dovrà agire per l'accesso all'immobile e la liberazione dello stesso dai beni ivi depositati (anche oggetti personali comuque non inventariati). ?

grazie  

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inexecutivis pubblicato 05 giugno 2016

Preliminarmente, registriamo che la disciplina delle modalità esecutive dell'ordine di liberazione dell'immobile è stata recentemente rivista dal d.l. 03.5.2016, n. 59, il quale nel riscrivere il comma 4 dell'art. 560 c.p.c. ha previsto che "Il provvedimento [con il quale il Giudice dell'esecuzione ordina la liberazione dell'immobile] è attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti, anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario se questi non lo esentano. Per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'articolo 68". La norma, peraltro, non è ancora in vigore, in quanto si applicherà agli ordini di liberazione disposti successivamente al decorso del termine di 30 giorni dalla data di entrata in vigore delle legge di conversione decreto, ai sensi dell’art. 4, comma 4, del medesimo decreto legge. Essa, pertanto, varrà anche per le procedure pendenti, ma solo se l'ordine di liberazione sarà emesso successivamente alla data sopra indicata.

Quanto alle modalità esecutive degli ordini di liberazione che adottati prima del momento sopra individuato, riteniamo che, secondo quanto ormai quasi unanimemente si ritiene, esso vada eseguito attraverso le forme dell'esecuzione per rilascio ai sensi degli artt. 605 e ss c.p.c.

Dunque, poiché l'ordine di liberazione costituisce titolo esecutivo per il rilascio (così l'attuale formulazione dell'art. 560, comma 4 c.p.c.) occorre che il provvedimento del Giudice sia munito della formula esecutiva e che prima della sua messa in esecuzione sia notificato atto di precetto. Quindi, in forza dell'art. 608 c.p.c., l'ufficiale giudiziario notificherà un preavviso di rilascio, indicando il giorno e l'ora in cui procederà; poi, nel giorno e nell'ora stabiliti, lo stesso ufficiale giudiziario si recherà sul posto (facendosi assistere, se necessario, dalla forza pubblica) ed immetterà il custode nel possesso dell'immobile, consegnandogli le chiavi dello stesso.

Ovviamente, tale procedura presuppone che il custode sia assistito da un avvocato, (di cui dunque dovrà essere chiesta la nomina al Giudice dell'esecuzione) a meno che tale non sia lo stesso custode, ed il Giudice non lo autorizzi ad agire in proprio.

Per quanto riguarda la liberazione dell'immobile dai mobili che l'occupante rifiuti di asportare spontaneamente, trova applicazione la disciplina di cui all'art. 609 c.p.c..

In base a questa norma l'ufficiale giudiziario, in sede di accesso, intima alla parte tenuta al rilascio (o a colui al quale risultano appartenere i beni mobili) d asportarli entro un termine che le assegna, dandone atto nel processo verbale oppure, se la persona tenuta a provvedere all'asporto è assente, mediante atto notificatole. In difetto di asporto nel termine prescritto sono possibili tre diversi scenari.

In rimo luogo, se richiesto dal custode ed a sue spese, l'ufficiale giudiziario determina il valore di realizzo dei beni e le prevedibili spese di custodia.

A questo punto l'ufficiale giudiziario:

  • A) nomina un custode dei beni facendo trasportare gli stessi in altro luogo (se le spese di custodia e asporto sono inferiori al valore dei beni) ed il custode così nominato procederà alla vendita degli stessi;
  • B) se invece il custode non viene nominato (perché le spese di custodia sono superiori al valore dei beni) riteniamo (nel silenzio della norma) che alla vendita debba procedere il Giudice dell'esecuzione.

La somma ricavata dalla vendita è destinata al pagamento delle spese e del compenso per la custodia, per l'asporto e per la vendita, liquidate dal g.e., mentre il residuo:

  • -       quando i beni appartengono alla parte esecutata coprirà le spese della procedura esecutiva per rilascio liquidate ai sensi dell'art. 611 c.p.c.;
  • -       se invece i beni sono nella titolarità di un terzo il residuo sarà corrisposto al terzo.

In caso di infruttuosità della vendita i beni saranno smaltiti.

La seconda ipotesi è quella in cui il custode non chieda che si proceda alla stima e vendita, ovvero ometta di anticiparne le relative spese. In tal caso, se non risulta evidente l'utilità del tentativo di vendita, i beni vengono considerati abbandonati, e l'ufficiale giudiziario ne dispone lo smaltimento o la distruzione salvo diversa richiesta del custode.

Una terza possibilità riguarda il caso in cui il proprietario (o l'avente diritto) dei beni mobili presenti nell'immobile chieda al Giudice dell'esecuzione la loro restituzione prima che si tenga la vendita lo smaltimento. In questa ipotesi il Giudice provvederà con decreto, ordinando la riconsegna dei beni, previa corresponsione di un importo che copra le spese e i compensi per la custodia e l'asporto (se avvenuto).

Osserviamo che la norma non individua il soggetto obbligato al pagamento dei costi di smaltimento e distruzione. Riteniamo a questo proposito che le relative spese debbano essere anticipate dalla procedura, che poi potrà rivalersi nei confronti del proprietario dei beni medesimi.

Ipotesi peculiare, infine, concerne il caso in cui siano rinvenuti all'interno dell'immobile documenti inerenti lo svolgimento di attività d'impresa. In questa ipotesi se il custode ne fa istanza i documenti saranno conservati per un periodo di due anni a sua cura e spese, o da un custode nominato dall'ufficiale giudiziario. In difetto della predetta istanza, oppure alla scadenza del biennio, i documenti potranno essere distrutti, a meno che non si ritenga evidente l'utilità di una vendita.

 

 

 

 

 

geologolaziofabiotermentini pubblicato 30 gennaio 2017

Buongiorno, per un immobile al quale sono interessato il custode mi riferisce che l'ordine di liberazione non è stato emesso in quanto l'ordinanza di vendita è di aprile 2016, e verrà pertanto emesso all'aggiudicazione. Alla luce della nuova normativa mi sembra invece di capire che l'ordine di liberazione venga emesso contestualmente all'ordinanza di vendita. Volendo, non potrebbe anche in questo caso il custode richiedere al GE, che comunque venga emesso ordine di liberazione, anche se l'ordinanza di vendita è di aprile 2016 per accelerare i tempi del rilascio?

Grazie e cordiali saluti

inexecutivis pubblicato 31 gennaio 2017

La risposta alla sua domanda si rinviene nella previsione di cui all’art. 560, comma terzo, c.p.c. (riscritto dall'art. 4, comma 1 let. d) n. 01 del d.l. 59/2016), dove si prevede che «Il giudice dell'esecuzione dispone, con provvedimento impugnabile per opposizione ai sensi dell'articolo 617, la liberazione dell'immobile pignorato senza oneri per l'aggiudicatario o l'assegnatario o l'acquirente, quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, ovvero quando revoca l'autorizzazione, se concessa in precedenza, ovvero quando provvede all'aggiudicazione o all'assegnazione dell'immobile. Per il terzo che vanta la titolarità di un diritto di godimento del bene opponibile alla procedura, il termine per l'opposizione decorre dal giorno in cui si è perfezionata nei confronti del terzo la notificazione del provvedimento».

Come si vede, la norma non impone l’adozione dell’ordine di liberazione contestualmente all’ordinanza di vendita. Nulla è cambiato, dunque, con riferimento al momento in cui l’ordine di liberazione deve essere emesso, a proposito del quale l’unico punto fermo rimane il fatto che il momento ultimo è l’aggiudicazione.

La riforma ha solo chiarito che:

l’ordine di liberazione è impugnabile ex art. 617 c.p.c.;

i costi per la sua esecuzione sono a carico della procedura.

L’art.  4, comma 1 let. d) n. 1. Del citato d.l. 59/2016 ha riscritto l’art. 560, comma quarto disponendo che «Il provvedimento è attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti, anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario se questi non lo esentano. Per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'articolo 68».

Quest'ultima disposizione si applica agli ordini di liberazione disposti a partire dal 2 agosto 2016.

 

Chiarito il panorama normativo di riferimento, la soluzione da lei prospettata è condivisibile, e dunque certamente il custode potrebbe indicare al Giudice dell’esecuzione l’esistenza di situazioni che consiglino di anticipare l’adozione dell’ordine di liberazione.

geologolaziofabiotermentini pubblicato 09 febbraio 2017

Grazie per la puntuale risposta. Volevo aggiornare la discussione aggiungendo che ora il custode mi riferisce che in caso di aggiudicazione (nel 2017) non solo il giudice non è tenuto ad emettere ordine di liberazione in quanto l'ordinanza di vendita è antecedente al decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, poi convertito in legge 119/2016, ma che la procedura di rilascio sarà totalmente a mio carico. Premetto che l'appartamento è abitato dal proprietario esecutato il quale non gode di alcun titolo per continuare ad occupare l'immobile, trovo pertanto piuttosto bizzarro quanto riferitomi dal custode. Anche perché comunque la vendita avviene dopo la riforma e l'emissione dell'ordine di liberazione dovrebbe essere al più tardi all'agiudicazione. Invece secondo il custode non è così, sostiene che verrà emesso solo il decreto di trasferimento, e che con tale titolo dovrò intentare una causa per il rilascio dell'immobile, mi sembra tutto molto strano. Grazie per eventuali chiarimenti nel merito e cordiali saluti.

inexecutivis pubblicato 11 febbraio 2017

Ribadiamo il nostro convincimento, supportato dalle norme che abbiamo richiamato.

geologolaziofabiotermentini pubblicato 13 febbraio 2017

Che è anche il mio convincimento, proverò a scrivere una mail di spiegazioni al custode, grazie.

inexecutivis pubblicato 13 febbraio 2017

a lei

approfondisco pubblicato 10 marzo 2017

Buongiorno

mi riallaccio ai peggiori possibili scenari "patologici" di cui sopra.

Nel caso in cui l'acquirente si ritrovi dopo il decreto di trasferimento senza le chiavi di casa per lungo tempo e abbia inteso acquistare la casa ancora occupata dall'esecutato come prima casa, è possibile che l'acquirente finisca anche per avere contestazioni fiscali?

Grazie della risposta.

 

inexecutivis pubblicato 13 marzo 2017

A nostro avviso se l’acquirente non adibisce l’immobile acquistato con i benefici “prima casa” ad abitazione principale per fatto imputabile all’occupante che rifiuti di lasciare spontaneamente l’immobile non può subire il recupero delle agevolazioni di cui ha usufruito da parte dell’amministrazione finanziaria.

Si tratta, secondo noi, di una causa di forza maggiore, come tale impeditiva dell’obbligo che il contribuente ha di trasferire la residenza nell’immobile nel termine di 18 mesi, come previsto dall’art. 1, nota II-bis, della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986.

In questi termini si è pronunciata più volte la Corte di Cassazione, secondo la quale, “la non imputabilità del mancato trasferimento della residenza, per effetto della sopravvenienza di un impedimento oggettivo, imprevedibile ed inevitabile, esclude, di per sè, la decadenza dall'agevolazione, senza che possano esser, a tal fine, richiesti ulteriori comportamenti (in tesi il reperimento di altro immobile) a carico del contribuente”.

In particolare, “la realizzazione dell'impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del benefìcio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell'atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, nella cui valutazione non può, però, non tenersi conto - proprio perché non inerente ad un suo comportamento - della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all'adempimento dell'obbligatorio, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall'inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento, dovendo, in conseguenza, affermarsi il principio secondo cui il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato con l'agevolazione ‘prima casa’ non comporta la decadenza dall'agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell'atto di acquisto dell'immobile stesso” (Cass. 17.7.2013, n. 17442).

In altra occasione la corta ha affermato che “In tema di imposta di registro, l'art. 2 del d.l. 7 febbraio 1985, n. 12 (convertito nella legge 5 aprile 1985, n. 118), richiede, per la fruizione dei benefici cd. prima casa, previsti in caso di acquisto di immobile in altro Comune, che il compratore vi trasferisca la residenza, rilevante ai fini del godimento dell'agevolazione, entro il termine di diciotto mesi dall'acquisto; detto trasferimento, elemento costitutivo del beneficio richiesto e provvisoriamente accordato, rappresenta un obbligo del contribuente verso il fisco, dovendosi però tenere conto di eventuali ostacoli nell'adempimento di tale obbligazione, caratterizzati dalla non imputabilità alla parte obbligata e dall'inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento. Ne consegue che il mancato stabilimento nei termini di legge della residenza non comporta la decadenza dall'agevolazione, qualora tale evento sia dovuto a causa di forza maggiore sopravvenuta rispetto alla stipula dell'acquisto” (nella specie, la sospensione dei lavori di ristrutturazione dell'immobile disposta dalla sopraintendenza per la cd. "sorpresa archeologica", cioè il rinvenimento di reperti, impeditivo della prosecuzione dei lavori. Cass. n. 14399 del 07.6.2013).

 

Infine, con specifico riferimento al caso dell’inquilino che rifiuti il rilascio dell’immobile, deve citarsi Cass. 17.12.2015, n. 25437, secondo cui “In tema di benefici fiscali cosiddetti "prima casa", la forza maggiore idonea ad impedirne la decadenza dell'acquirente di un immobile ubicato in un comune diverso da quello di sua residenza, qualora egli non abbia trasferito ivi quest'ultima nel perentorio termine di diciotto mesi dall'acquisto, deve consistere in un evento non prevedibile, che sopraggiunge inaspettato e sovrastante la volontà del contribuente di abitare nella prima casa entro il termine suddetto”. (Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto la sussistenza di forza maggiore negli ostacoli frapposti dall'inquilina all'esecuzione per rilascio in tre diversi accessi, con differimento di circa dieci mesi nell'acquisizione del possesso dell'immobile).

cittadino pubblicato 17 marzo 2017

 grazie

inexecutivis pubblicato 18 marzo 2017

A lei!

luca_ambro234 pubblicato 16 maggio 2017

Buongiorno,

intanto vi ringrazio infinitamente per il lavoro professionale svolto, ho letto tanti articoli e mi riallaccio a questo per porvi delle domande sul mio caso, che spero sia utile anche ad altri.

Mi sono aggiudicato un'immobile da più di 3 mesi e ora devo saldare il prezzo.

Il custode mi dice che l'ordine di liberazione è già stato emesso e che sono state inviate tutte le notifiche secondo la vecchia normativa ma che l'esecutato non ha ritirato le notifiche e quindi non si può procedere con lo sloggio!

Tutto ciò è vero?

Inoltre ho chiamato il tribunale e loro mi dicono che non vedono nemmeno l'ordine di liberazione!!!

Se l'ordine di liberazione non fosse stato emesso prima della mia aggiudicazione, io con il solo decreto di trasferimento in mano, ho qualche speranza di liberare l'immobile occupato da una famiglia con minore portatore di handicap al 100%?

inexecutivis pubblicato 19 maggio 2017

Per rispondere alla sua domanda riteniamo che occorra partire dalle previsione di cui all’art. 560 c.p.c., a mente del quale “Il giudice dell'esecuzione dispone, con provvedimento impugnabile per opposizione ai sensi dell’art. 617, la liberazione dell'immobile pignorato senza oneri per l’aggiudicatario o l’assegnatario o l’acquirente, quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, ovvero quando revoca l’autorizzazione, se concessa in precedenza, ovvero quando provvede all'aggiudicazione o all'assegnazione dell'immobile… Per il terzo che vanta la titolarità di un diritto di godimento di un bene opponibile alla procedura il termine per l’opposizione decorre dal giorno in cui si è perfezionata nei confronti del terzo la notificazione del provvedimento”.

Da questa norma si ricava che il Giudice ordina la liberazione dell'immobile quando:

-          non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare l'immobile;

-          procede all'aggiudicazione.

Dunque, l'ordine di liberazione in sede di aggiudicazione non consente margini di discrezionalità, con la conseguenza che la sua adozione è obbligatoria.

Il fatto che l’esecutato non abbia “ritirato” le notifiche non impedisce affatto di procedere all’esecuzione dell’ordine di liberazione. Se così fosse, ogni debitore potrebbe impedire la procedura semplicemente rifiutando di ricevere gli atti a lui notificati.

Se, come ci pare di capire dalla domanda, l’ordine di liberazione è stato emesso, è sufficiente che al debitore sia stato notificato il precetto per rilascio ai sensi dell’art. 605 c.p.c. ed il preavviso di rilascio di cui al successivo art. 608, e l’ufficiale giudiziario può (deve) senz’altro procedere.

Per verificare poi se effettivamente l’ordine di liberazione è stato pronunciato, o ne chiede copia al custode, oppure fa istanza di accesso al fascicolo in cancelleria al fine di esaminarlo e verificare direttamente questa circostanza.

 

Infine, osserviamo che il decreto di trasferimento consente all’aggiudicatario di agire per il rilascio autonomamente, ed indipendentemente dall’emissione dell’ordine di liberazione. L’art. 586, ultimo comma, c.p.c. dispone infatti che il decreto di trasferimento costituisce “titolo esecutivo per il rilasscio”.

paolinopaperino pubblicato 04 luglio 2017

Buongiorno, 

vorrei un chiarimento su una formula che ho trovato nell'avviso di vendita:

"Stato di possesso: occupato dall'esecutato ma da ritenersi libero"

Cosa significa? 

Forse che l’ordine di liberazione sia già stato emesso in sede di adozione dell’ordinanza di vendita, essendosene solo differita ad un momento successivo la sua esecuzione?

Grazie

inexecutivis pubblicato 08 luglio 2017

In effetti l'affermazione contenuta nell'avviso di vendita è "criptica". Evidentemente l'espressione utilizzata è indicativa del fatto che il bene è occupato, ma che in sede di trasferimento esso verrà consegnato libero poiché probabilmente (come da lei correttamente ipotizzato) l'ordine di liberazione è stato già emesso e la sua esecuzione interverrà in tempo utile per la consegna.

paolinopaperino pubblicato 08 luglio 2017

Grazie, le informazioni che fornite sono sempre preziose.

Saluti

inexecutivis pubblicato 10 luglio 2017

grazie a lei

inexecutivis pubblicato 10 luglio 2017

grazie a lei

paolinopaperino pubblicato 13 luglio 2017

Ho chiesto spiegazioni al Professionista delegato relativamente alla formula sopra riportata; la risposta è stata che "L'immobile è da ritenersi libero quando è occupato dell'esecutato poiché è sufficiente l'ordine di liberazione del giudice."

Quali passi mi consigliate di seguire?

Giusto per non entrare in possesso dell'immobile (troppi) mesi dopo il saldo (che sarà, al max, a 60 gg dall'asta)

Grazie

inexecutivis pubblicato 14 luglio 2017

La risposta offerta dal professionista delegato non ci convince.

A tacer d'altro, se limmobile occupato dall'esecutato fosse da ritenersi libero, la disciplina dell'esecuzione dell'ordine di liberazione prevista dall'art. 560, comma quarto, cpc non avrebbe sostanzialmente senso.

Probabilmente il professionista delegato intendeva dire (ed in questi termini avrebbe ragione) che l'ordine di liberazione può essere eseguito in via endoesecutiva e dunque non necessita dell'apertura di un procedimento esecutivo ad hoc per essere attuato.

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