Preliminarmente, registriamo che la disciplina delle modalità esecutive dell'ordine di liberazione dell'immobile è stata recentemente rivista dal d.l. 03.5.2016, n. 59, il quale nel riscrivere il comma 4 dell'art. 560 c.p.c. ha previsto che "Il provvedimento [con il quale il Giudice dell'esecuzione ordina la liberazione dell'immobile] è attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti, anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario se questi non lo esentano. Per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'articolo 68". La norma, peraltro, non è ancora in vigore, in quanto si applicherà agli ordini di liberazione disposti successivamente al decorso del termine di 30 giorni dalla data di entrata in vigore delle legge di conversione decreto, ai sensi dell’art. 4, comma 4, del medesimo decreto legge. Essa, pertanto, varrà anche per le procedure pendenti, ma solo se l'ordine di liberazione sarà emesso successivamente alla data sopra indicata.
Quanto alle modalità esecutive degli ordini di liberazione che adottati prima del momento sopra individuato, riteniamo che, secondo quanto ormai quasi unanimemente si ritiene, esso vada eseguito attraverso le forme dell'esecuzione per rilascio ai sensi degli artt. 605 e ss c.p.c.
Dunque, poiché l'ordine di liberazione costituisce titolo esecutivo per il rilascio (così l'attuale formulazione dell'art. 560, comma 4 c.p.c.) occorre che il provvedimento del Giudice sia munito della formula esecutiva e che prima della sua messa in esecuzione sia notificato atto di precetto. Quindi, in forza dell'art. 608 c.p.c., l'ufficiale giudiziario notificherà un preavviso di rilascio, indicando il giorno e l'ora in cui procederà; poi, nel giorno e nell'ora stabiliti, lo stesso ufficiale giudiziario si recherà sul posto (facendosi assistere, se necessario, dalla forza pubblica) ed immetterà il custode nel possesso dell'immobile, consegnandogli le chiavi dello stesso.
Ovviamente, tale procedura presuppone che il custode sia assistito da un avvocato, (di cui dunque dovrà essere chiesta la nomina al Giudice dell'esecuzione) a meno che tale non sia lo stesso custode, ed il Giudice non lo autorizzi ad agire in proprio.
Per quanto riguarda la liberazione dell'immobile dai mobili che l'occupante rifiuti di asportare spontaneamente, trova applicazione la disciplina di cui all'art. 609 c.p.c..
In base a questa norma l'ufficiale giudiziario, in sede di accesso, intima alla parte tenuta al rilascio (o a colui al quale risultano appartenere i beni mobili) d asportarli entro un termine che le assegna, dandone atto nel processo verbale oppure, se la persona tenuta a provvedere all'asporto è assente, mediante atto notificatole. In difetto di asporto nel termine prescritto sono possibili tre diversi scenari.
In rimo luogo, se richiesto dal custode ed a sue spese, l'ufficiale giudiziario determina il valore di realizzo dei beni e le prevedibili spese di custodia.
A questo punto l'ufficiale giudiziario:
- A) nomina un custode dei beni facendo trasportare gli stessi in altro luogo (se le spese di custodia e asporto sono inferiori al valore dei beni) ed il custode così nominato procederà alla vendita degli stessi;
- B) se invece il custode non viene nominato (perché le spese di custodia sono superiori al valore dei beni) riteniamo (nel silenzio della norma) che alla vendita debba procedere il Giudice dell'esecuzione.
La somma ricavata dalla vendita è destinata al pagamento delle spese e del compenso per la custodia, per l'asporto e per la vendita, liquidate dal g.e., mentre il residuo:
- - quando i beni appartengono alla parte esecutata coprirà le spese della procedura esecutiva per rilascio liquidate ai sensi dell'art. 611 c.p.c.;
- - se invece i beni sono nella titolarità di un terzo il residuo sarà corrisposto al terzo.
In caso di infruttuosità della vendita i beni saranno smaltiti.
La seconda ipotesi è quella in cui il custode non chieda che si proceda alla stima e vendita, ovvero ometta di anticiparne le relative spese. In tal caso, se non risulta evidente l'utilità del tentativo di vendita, i beni vengono considerati abbandonati, e l'ufficiale giudiziario ne dispone lo smaltimento o la distruzione salvo diversa richiesta del custode.
Una terza possibilità riguarda il caso in cui il proprietario (o l'avente diritto) dei beni mobili presenti nell'immobile chieda al Giudice dell'esecuzione la loro restituzione prima che si tenga la vendita lo smaltimento. In questa ipotesi il Giudice provvederà con decreto, ordinando la riconsegna dei beni, previa corresponsione di un importo che copra le spese e i compensi per la custodia e l'asporto (se avvenuto).
Osserviamo che la norma non individua il soggetto obbligato al pagamento dei costi di smaltimento e distruzione. Riteniamo a questo proposito che le relative spese debbano essere anticipate dalla procedura, che poi potrà rivalersi nei confronti del proprietario dei beni medesimi.
Ipotesi peculiare, infine, concerne il caso in cui siano rinvenuti all'interno dell'immobile documenti inerenti lo svolgimento di attività d'impresa. In questa ipotesi se il custode ne fa istanza i documenti saranno conservati per un periodo di due anni a sua cura e spese, o da un custode nominato dall'ufficiale giudiziario. In difetto della predetta istanza, oppure alla scadenza del biennio, i documenti potranno essere distrutti, a meno che non si ritenga evidente l'utilità di una vendita.