La risposta alla domanda deve partire dalla lettura dell’art. 46, comma quinto, d.P.R. 380/2001 (meglio noto come Testo Unico dell’edilizia), a mente del quale
“L'aggiudicatario, qualora l'immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria”.
La norma, pertanto, riapre i termini per la presentazione delle domande di sanatorie nei casi in cui in termini siano decorsi, ferma restando la sussistenza delle altre condizioni di legge.
È dunque chiaro che se i termini per sanare l’abuso non sono decorsi, la norma che abbiamo citato non opera.
Ricordiamo tuttavia che tutti gli abusi edilizi sono sanabili entro un certo termine, non già a tempo indefinito.
Lo si ricava dalla lettura dell’art. 36, comma primo, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il quale prevede che “In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3 [novanta giorni dall'ingiunzione di demolizione], 33, comma 1[congruo termine stabilito dal dirigente per la rimozione o demolizione], 34, comma 1[congruo termine stabilito dal dirigente per la rimozione o demolizione], e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.
Certamente, si tratta di termini che vengono individuati con riferimento ad un momento in cui il procedimento di contestazione dell’abuso è già iniziato, con la conseguenza che, di fatto, prima della contestazione si è sempre nei termini, sicché la riapertura di essi produce effetti di rilievo solo con riferimento alle ipotesi di condono.
Quanto ai costi, osserviamo che a norma dell’art. 36, comma primo, d.P.R. 380/2001 (testo unico dell’edilizia) in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività o in difformità da essa, il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. Aggiunge il comma secondo che il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, e nell'ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso. A norma dell’art. 16 il costo del contributo di costruzione è determinato dai comuni.
Se invece l’intervento eseguito rientra tra quelli di cui all’art. 37 (si tratta degli interventi edilizi di cui all'articolo 22, commi 1 e 2) il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile possono ottenere la sanatoria dell'intervento versando la somma, non superiore a 5164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all'aumento di valore dell'immobile valutato dall'agenzia del territorio.
Aggiungiamo, comunque, che per eseguire un intervento di ristrutturazione dovrà comunque preliminarmente procedersi alla sanatoria dell’abuso.