inexecutivis
pubblicato
06 febbraio 2020
Rispondiamo all’interrogativo formulato muovendo dalla preliminare lettura dell’art. 161, comma 3 disp. att. c.p.c. (introdotto dall’art. 14, 1° co., lett. a ter), d.l. 83/2015, in sede di conversione in l. 132/2015) il quale dispone che il compenso dello stimatore è calcolato sulla base del prezzo ricavato dalla vendita, e che prima di tale momento possono essere liquidati acconti in misura non superiore al 50%, calcolato sul valore di stima.
Si tratta di una disposizione che ha creato non poche incertezze applicative anche se i profili di illegittimità costituzionale sollevati dalla giurisprudenza di merito (Trib. Vicenza, 15.6.2016) non hanno superato lo scrutinio della Corte costituzionale, che con sentenza 17 aprile 2019 n. 90 ha dichiarato costituzionalmente legittima la norma.
La norma pone soprattutto il problema di commisurare il compenso nel caso di mancata vendita (si pensi, ad esempio, al caso in cui i creditori rinuncino all’esecuzione dopo il deposito della relazione di stima).
In questo caso, se sono già stati compiuti dei tentativi di vendita, la liquidazione potrà essere effettuata utilizzando il parametro costituito dall’ultimo prezzo base d’asta.
Nell’ipotesi in cui, invece, nessuna vendita sia ancora avvenuta, non potrà che farsi riferimento al valore di stima.
Ricordiamo infine che ai sensi degli artt. 52 e 53 disp. att. c.p.c. e dell’art. 168, d.P.R. 30.5.2002, n. 115 il decreto di liquidazione del compenso dello stimatore costituisce titolo esecutivo nei confronti della parte tenuta a corrisponderli.
Ciò premesso, riteniamo non necessario depositare una richiesta di liquidazione del compenso prima dello scioglimento della riserva, poiché essa non comporterà una estinzione totale della procedura, anche se non le è affatto impedito di farlo.