Per rispondere all’interrogativo occorre muovere dal presupposto per cui “in tema di esecuzione forzata, il provvedimento che chiude il procedimento esecutivo, pur non avendo, per la mancanza di contenuto decisorio, efficacia di giudicato, è, tuttavia, caratterizzato da una definitività insita nella chiusura di un procedimento esplicato col rispetto delle forme atte a salvaguardare gli interessi delle parti ed incompatibile con qualsiasi sua revocabilità, in presenza di un sistema di garanzie di legalità per la soluzione di eventuali contrasti, all'interno del processo esecutivo” (Cass. Sez. 3 - , n. 12127 del 22/06/2020. Sulla scorta di questo principio la Corte ha affermato che il soggetto espropriato non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata e sul presupposto dell'illegittimità per motivi sostanziali dell'esecuzione forzata, l'azione di ripetizione di indebito contro il creditore per ottenere la restituzione di quanto costui abbia riscosso; negli stessi termini Cass. Sez. 3 n. 20994 del 23/08/2018 e Cass. Sez. 3, n. 17371 del 18/08/2011).
Applicando questi concetti al caso prospettato, riteniamo che, chiusa la procedura, ogni azione che poteva in quella sede essere fatta valere resta preclusa in via definitiva.