Il tema è discusso tra gli studiosi, mancando sicuri indici normativi di riferimento.
Nell'affrontare la questione occorre tenere distinte due ipotesi.
• La prima è quella (residuale) in cui si procede alla vendita della quota: in tal caso la custodia non può che riguardare la quota e non potrà certamente essere messo l’ordine di liberazione dell’intero, poiché allo stesso modo del debitore, il custode non ha il diritto di chiedere ad ottenere la disponibilità esclusiva del bene di cui è proprietario pro quota.
• La seconda ricorre allorquando invece si procede alla vendita dell'intero.
Secondo alcuni anche nell’ipotesi di vendita dell’intero la custodia dovrebbe comunque essere limitata alla quota affermando che diversamente opinando vedrebbe pregiudicato il diritto del comproprietario non esecutato.
Si osserva in proposito che non può attribuirsi al comproprietario una posizione più deteriore rispetto a quella che subirebbe in un normale giudizio di scioglimento di comunione, laddove certamente nelle more della procedura liquidatoria egli non perde la disponibilità del bene, con la conseguenza che non si vede la ragione per cui debba perderla per un fatto a lui non imputabile, qual è l'esecuzione forzata promossa in danno di altro comproprietario.
Secondo altri, nel momento in cui il Giudice ordina lo scioglimento della comunione ai sensi dell’art. 600 c.p.c., mediante la vendita dell’intero, anche il comproprietario subisce gli effetti del pignoramento, e dunque la perdita del bene.
In questo caso accade inoltre che il comproprietario non esecutato, così come il creditore e l’esecutato, ha diritto alla vendita del bene al prezzo più alto possibile.
Ed allora, se la custodia è diretta alla conservazione ed amministrazione del bene in funzione della migliore collocazione sul mercato, nel superiore interesse della giustizia e di tutte le parti processuali, la custodia non può che avere ad oggetto l’intero bene.
Sotto un profilo di operatività pratica, occorre inoltre considerare che la limitazione della custodia giudiziale alla quota pignorata del bene, costringerebbe il custode a ricorrere all’autorità giudiziaria, ex art. 1105, comma quarto, c.c., ogni qualvolta dovesse assumere iniziative per la conservazione del bene.
Queste considerazioni sono temperate da una parte della dottrina mediante l’affermazione per cui l’estensione della custodia giudiziale all’intero bene esercitata da un organo appositamente nominato non deve pregiudicare i contitolari non debitori.
In ragione di questo presupposto si ritiene, allora, che ai comproprietari non esecutati debba riconoscersi la possibilità di continuare ad usare e godere del bene indiviso, ovviamente nei limiti consentiti dall’art. 1102, comma primo, c.c., godimento che comunque non dovrà essere di ostacolo allo svolgimento dell’ufficio custodiale, ad esempio impedendo agli interessati all’acquisto la visita del bene.
Parimenti, i contitolari non debitori possono continuare a riscuotere i frutti del bene indiviso, in proporzione alle quote di loro spettanza, frutti che saranno loro corrisposti dal custode giudiziario dell’intero.