Ai sensi dell’art. 43, comma primo let. a) del D.P.R. 26/04/1986, n. 131 (Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro) la base imponibile è costituita, per gli atti a titolo oneroso, dal valore del bene alla data dell'atto.
Specifica poi il successivo art. 51, comma secondo, che per valore del bene si intende " il valore venale in comune commercio".
Tale valore, secondo il comma primo dell'art. 51, "quello dichiarato dalle parti nell'atto e, in mancanza o se superiore, il corrispettivo pattuito".
Ai sensi dell’art. 44, comma primo, D.P.R. 26/04/1986, n. 131, a mente del quale “Per la vendita di beni mobili e immobili fatta in sede di espropriazione forzata ovvero all'asta pubblica e per i contratti stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto la base imponibile è costituita dal prezzo di aggiudicazione”.
A rigore, pertanto, nell'atto di compravendita dovrebbero essere indicati sia il valore dell'atto che, ove diverso ed inferiore, il corrispettivo pattuito, poiché è il primo a costituire la base imponibile.
Quando ciò non avviene la base imponibile è rappresentata dal corrispettivo.
È bene precisare tuttavia che a mente dell'art. 52, comma primo L'ufficio, se ritiene che i beni hanno un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede con lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi e le sanzioni.
Tale rettifica non ha luogo, ai sensi dei successivi commi 4, 5 e 5 bis del TUR e dell’art. 1, comma 497 L. 23/12/2005, n. 266, modificato prima dal comma 21 dell'art. 35, D.L. 4 luglio 2006, n. 223 e poi dal comma 309 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296, ove sia indicato il prezzo valore, e si tratti di cessione effettuata nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, avente ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze.
Questa disciplina non interferisce, a nostro avviso, con la normativa dettata in tema di plusvalenze.
Invero, ai sensi dell’art. 68 D.P.R. 22/12/1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall'art. 37, comma 39, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, “Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante”.
Dunque, a prescindere dal valore considerato ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, se non v'è differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di rivendita, il reddito da plusvalenza non sussiste.
In conclusione, il suggerimento che si sentiamo di offrire è quello di indicare nell'atto sia il corrispettivo pattuito che il (maggiore) valore venale, calcolando su questo l'imposta di registro.