A nostro parere, non vi sono profili di illegittimità nella vicenda che ci ha prospettato.
Cerchiamo di piegarci meglio.
Ai sensi degli artt. 571 e 579 c.p.c. ognuno, tranne il debitore, è ammesso ad offrire per l’acquisto dell’immobile pignorato.
Le ragioni di questo divieto sono state variamente intese: alcuni ritengono che il debitore non possa acquistare la cosa propria; altri sostengono che la partecipazione del debitore alla vendita scoraggerebbe altri acquirenti; altri ancora osservano che l’’acquisto della cosa pignorata in suo danno consentirebbe al debitore di beneficiare della cancellazione delle ipoteche e del pignoramento, senza adempiere.
La norma, per giurisprudenza consolidata, ha carattere eccezionale, e pertanto è insuscettibile di applicazione analogica.
In questi termini si esprime ormai da tempo la giurisprudenza, dove ad esempio si è affermato che “In tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione contenuta nell'art.579 cod. proc. civ. (che inibisce al debitore esecutato la legittimazione di fare offerte all'incanto), costituendo norma eccezionale rispetto alla regola generale stabilita dallo stesso art. 579, non può trovare applicazione analogica rispetto ad altri soggetti non considerati in detta norma, salvo che non ricorra un'ipotesi di interposizione fittizia o che si configuri, in caso di accordo fra debitore esecutato e terzo da lui incaricato di acquistare per suo conto l'immobile, un negozio in frode alla legge. Ne consegue che, a più forte ragione, la disposizione citata non è applicabile ove l'offerta provenga da una società di capitali, avuto riguardo alle complesse formalità di organizzazione e di attuazione che la caratterizzano, agli effetti che la pubblicità legale persegue e considerato che gli istituti dell'autonomia patrimoniale e della distinta personalità giuridica della società di capitali rispetto ai soci comportano la esclusione della riferibilità a costoro del patrimonio, anche nella ipotesi in cui uno dei soci possa essere considerato socio di larga maggioranza, e tali conclusioni si impongono ancor più quando manchi la dimostrazione della sussistenza di comportamenti suscettibili di essere qualificati come abuso della personalità giuridica. (Nella specie, relativa ad ipotesi in cui l'offerta di aumento di sesto era stata fatta da una società con unico socio, diverso dal debitore, la quale era rappresentata dal debitore in qualità di amministratore, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto l'offerta non riconducibile al debitore esecutato, avendo l'aggiudicazione prodotto effetti sulla società quale soggetto autonomo e distinto dai soci e dalle persone finche rappresentative di essa). (Sez. 3, Sentenza n. 11258 del 16/05/2007, Rv. 597779 - 01)
Quale che sia la ragione del divieto, una cosa è chiara: esso opera “all’interno della procedura”, e non già all’esterno dell’esecuzione, per cui nulla vieta al debitore di acquistare dall’aggiudicatario il bene di cui ha subito il pignoramento ed il conseguente esproprio, operazione questa che sarebbe illecita solo ove la stessa fosse stata preventivamente organizzata al fine di aggirare il divieto normativo di cui le abbiamo detto.
Ciò detto, il pericolo che a nostro avviso risiede nell’operazione economica che ci ha prospettato è piuttosto quello per cui il debitore, dopo averle versato la caparra ed ottenuto l’estinzione del procedimento volto al rilascio del bene (poiché ci ha parlato di accesso dell’ufficiale giudiziario riteniamo che si stia procedendo nelle forme dell’art. 605 e ss c.p.c.), si rifiuti di stipulare il contratto (o di versarle il saldo del prezzo).