UNICITA' PROCEDURE ESECUTIVE RIUNITE E OPPOSIZIONE ALL'ESECUZIONE

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  • Ultimo messaggio 07 giugno 2018
  • Argomento risolto
_marco_ pubblicato 31 maggio 2018

Buongiorno, vorrei sottoporvi questo particolarissimo caso.


Il creditore Tizio dà inizio all'esecuzione immobiliare A e deposita istanza di vendita. Il debitore si oppone all'esecuzione ed il creditore pignorante si costituisce regolarmente. Nelle more, nel procedimento interviene il creditore Caio munito di titolo esecutivo. Viene celebrata qualche udienza della causa di opposizione e nel frattempo interviene l'apertura di un nuovo Tribunale divenuto competente territorialmente, quindi il fascicolo viene trasferito d'ufficio. Tuttavia la causa di opposizione non avrà più un seguito, mentre l'esecuzione forzata continuerà (!), come si dirà appresso.

Un passo indietro. Il creditore Caio dopo essere intervenuto nella procedura A, effettua anche un autonomo pignoramento successivo sugli stessi beni già colpiti dal primo pignoramento. Ma gli atti non confluiscono nel primo fascicolo, nonostante la corretta menzione del precedente pignoramento da parte del Conservatore, e quindi viene in essere la seconda procedura esecutiva B. Dopo la trascrizione del pignoramento avviene una successione a titolo particolare nel titolarità del credito. L'avente causa innanzitutto risulta essere privo di legittimazione processuale non essendo mai intervenuto formalmente nella procedura esecutiva e non avendo mai chiesto l'estromissione dell'avente causa. In secondo luogo, circostanza ancora più importante, l'avente causa deposita l'istanza di vendita tramite lo stesso difensore del creditore pignorante senza però conferirgli una "nuova" procura alle liti (quanto meno questo è quanto risulta dagli atti).

Una volta trasferiti i fascicoli, le procedure rimangono ancora divise per qualche tempo e prima che il giudice emetta le ordinanze di vendita, vengono riunite. La procedura riunita perviene quindi alla liquidazione dei beni e il ricavato viene distribuito tra i creditori. L'esecuzione è dunque conclusa.

L'opposizione all'esecuzione di cui si è accennato, tempestivamente proposta in seno alla procedura A prima che questa venisse riunita alla B, essendo stata trasferita d'ufficio con tutto il fascicolo, e non essendo necessaria la riassunzione a pena di decadenza ad opera delle parti perchè prosegua, sarebbe ancora tecnicamente "pendente" e quindi potrebbe essere ancora, a mio parere, utilizzabile chiedendo al G.E. che venga fissata la relativa udienza affinchè si addivenga ad una decisione. Tuttavia in caso di accoglimento, verrebe travolto il primo pignoramento ma l'esecuzione resterebbe valida in virtù del secondo pignoramento effettuato da Caio.

Ma in merito al secondo pignoramento, la mancanza di ius postulandi rende la successiva istanza di vendita insanabilmente nulla/inesistente, e tale nullità può essere eccepita anche oltre i termini decorrenti dal compimento dell'atto ex art. 617 cpc, perchè tale nullità si riverbera quanto meno all'atto successivo che necessariamente lo presuppone (ordinanza di vendita) se non anche ai successivi atti di esecuzione. Tuttavia la procedura esecutiva è gia chiusa quindi non sarebbe più possibile, attualmente, formulare opposizione avverso l'ordinanza di vendita. A ben vedere anche se l'esecuzione fosse ancora pendente, non sarebbe possibile opporsi all'ordinanza di vendita, perchè una volta avvenuta la riunione dei procedimenti, non può più parlarsi di distinte procedure esecutive, e l'ordinanza di vendita emessa dopo la riunione dei fascicoli non può più ritenersi riferibile solo ad una delle procedure riunite (cfr. C. 3436/16).

Ora se effettivamente venisse "riaperta" la causa di opposizione promossa contro il primo creditore pignorante e questa venisse accolta, e venisse quindi dichiarata l'invalidità del primo pignoramento e degli atti successivi, l'esecuzione dovrebbe allora necessariamente ed esclusivamente sorreggersi sul secondo pignoramento e quindi sulla seconda (insanabilmente nulla) istanza di vendita. In sede di opposizione "resuscitata" non si potrebbe aumentare il petitum, soprattutto perchè tale opposizione è stata promossa solamente contro il primo creditore pignorante. Ma l'interesse ad impugnare le vendite, sorgerebbe solo in seguito alla eventuale caducazione del primo pignoramento, perchè come già detto, solo allora le relative ordinanze sarebbe riferibili esclusivamente alla procedura B iniziata da Caio. La nullità di tali ordinanze sarebbero peraltro rilevabili d'ufficio.

Quindi in definitiva, decidendo positivamente sulla predetta opposizione con riguardo al primo creditore pignorante, potrebbe il G.E. oltre a dichiarare inefficace il primo pignoramento, dichiarare contestualmente l'inefficacia delle vendite rilevando che la seconda istanza di vendita è nulla, anche se l'esecuzione è ormai conclusa?

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inexecutivis pubblicato 03 giugno 2018

Rispondiamo brevemente alle domande formulate, poiché non vi è nessuna possibilità che le vendite vengano rimesse in discussione.

Non è necessaria la formale costituzione del cessionario (potendosi questa ritenersi implicita nel compimento di atti di impulso processuale), né la richiesta di estromissione del dante causa (che, semplicemente, non parteciperà alla distribuzione del ricavato).

Il difetto dello ius postulandi, ove effettivamente esistente, è sanabile con effetti ex tunc (art. 182 c.p.c.).

Ad esecuzione conclusa non è più possibile adottare nessun provvedimento, né su una procedura non più esistente (o in cui si è giunti all’aggiudicazione: si ricordi a questo proposito che secondo Cass. n. 21110/2012 “Il sopravvenuto accertamento dell'inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l'esercizio dell'azione esecutiva non fa venir meno l'acquisto dell'immobile pignorato, che sia stato compiuto dal terzo nel corso della procedura espropriativa in conformità alle regole che disciplinano lo svolgimento di tale procedura, salvo che sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente. In tal caso, tuttavia, resta salvo il diritto dell'esecutato di far proprio il ricavato della vendita e di agire per il risarcimento dell'eventuale danno nei confronti di chi, agendo senza la normale prudenza, abbia dato corso al procedimento esecutivo in difetto di un titolo idoneo”, affermando, in motivazione, che “sembra francamente eccessivo pretendere da lui ( l'aggiudicatario) una diligenza tale da imporgli di indagare sulla sussistenza e validità del titolo esecutivo per il quale si sta procedendo, volta che non sia stata disposta dal giudice la sospensione dell'esecuzione richiesta dall'esecutato o che, magari, nessuna contestazione sia stata neppure ancora sollevata in proposito al momento della vendita) può incidere l’esito del giudizio di merito sull’opposizione promossa.

Il Giudice dell’opposizione non potrebbe mai dichiarare la nullità delle vendite, poiché: la procedura esecutiva si è conclusa, e quindi è cessata la materia del contendere; è fuori dall’oggetto del giudizio; le vendite non sono nulle in quanto il difetto dello ius postulandi è sanabile; la Corte di Cassazione è ormai definitivamente orientata nel ritenere che l’opposizione non è mai accoglibile quando si lamenta la violazione di regole processuali senza indicare quale diritto sostanziale ne è risultato pregiudicato (ex multis cass. n. 14774 del 30/06/2014).

La cosa più saggia da fare è quella di far estinguere il giudizio di opposizione ex art. 309 c.p.c..

_marco_ pubblicato 03 giugno 2018

Innanzitutto grazie per la puntuale e cortese risposta.

E' doveroso fare una specificazione. La procedura di cui si parla era già pendente alla data della riforma dell'art. 182 c.p.c. che nella nuova formulazione prevede adesso la possiblità di una sanatoria, con efficacia ex tunc, della eventuale mancanza di ius postulandi in capo al difensore della parte. Ritengo che tale sanatoria non sarebbe applicabile in questo caso perchè il nuovo art. 182 c.p.c. non ha portata retroattiva (cfr. Cass. n. 26465/2011: "Il nuovo testo dell'art. 182, secondo comma, c.p.c. (introdotto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69), secondo cui il giudice, che rilevi la nullità della procura, assegna un termine per il rilascio della procura o per la rinnovazione della stessa, non ha portata meramente interpretativa e non si applica, perciò, retroattivamente, atteso il tenore testuale fortemente innovativo della norma).

Risulta che prima della riforma del 2009 l'atto prodotto dal difensore sprovvisto di procura alle liti (perfino quando questa esisteva al di fuori del processo ma non era stata depositata agli atti) era considerato insanabilmente nullo/inesistente, e tale vizio non poteva essere sanato dal rilascio di una procura in tempi successivi. Inoltre la norma che impone la difesa tecnica è una norma di ordine pubblico, sottratta alla disponibilità delle parti e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, motivo per cui probabimente in tale evenienza non rileva il principio espresso da C. 14774/14.

Preso atto che non è necessaria una formale istanza di intervento nè l' estromissione del dante causa in caso di successione a titolo particolare, e preso atto che non è comunque possibile mettere in discussione l'aggiudicazione in caso di accertata nullità della procedura esecutiva, sembra comunque pacifico che in generale qualora il G.E. non abbia disposto la sospensione dell'esecuzione forzata in pendenza di opposizione tempestivamente proposta, l'eventuale esito vittorioso della stessa non può prescindere dalla restituzione del ricavato delle vendite al debitore esecutato, anche qualora il procedimento esecutivo sia nel frattempo giunto a conclusione. Resta da capire se, nel caso in esame (si richiamano le considerazioni già esposte nel primo post) in sede di opposizione all'esecuzione sia possibile che il G.E., dichiarando l'invalidità del primo pignoramento, visto che la mancanza di ius postulandi del successore del secondo creditore pignorante è rilevabile d'ufficio, possa statuire (su eventuale sollecitazione della parte) che perdendo di efficacia il primo pignoramento la procedura (ferme restando le aggiudicazioni) è nulla nella sua interezza perchè non vi è un altro pignoramento "autosufficiente", cioè sorretto da valida istanza di vendita, a cui potersi ancorare.

P.S. ho erroneamente contrassegnato come "argomento risolto" ma sarebbe ancora gradita la vostra opinione alla luce di quanto è stato precisato. Grazie.

inexecutivis pubblicato 07 giugno 2018

Ribadiamo il convincimento già espresso, sulla scorta delle medesime argomentazioni.

Premesso infatti che, come abbiamo detto, il Giudice dell’opposizione non potrebbe scandagliare una vicenda del tutto eccentrica rispetto all’oggetto del giudizio, e che è cessata la materia del contendere (intesa come res litigiosa oggetto della controversia, da non confondersi con i risvolti, indiretti ed eventuali, che né potrebbero conseguire e che non sono stati oggetto di domanda) poiché la procedura esecutiva si è conclusa, osserviamo che anche la previgente formulazione dell’art. 182 c.p.c. consentiva di sanare, con efficacia retroattiva, il difetto dello ius postulandi, laddove prevedeva che comunque il Giudice poteva concedere un termine per la regolarizzazione, salvo che fosse maturata una decadenza, con la precisazione che le decadenza di cui alla citata disposizione erano, secondo la Cassazione, solo quelle di carattere esclusivamente sostanziale previste per l’esercizio del diritto e dell’azione e non anche quelle che si esauriscono nell’ambito del processo, poiché  diversamente opinando l’art. 182 c.p.c. sarebbe risultato inapplicabile ogni volta che le parti fossero incorse in decadenze processuali già al momento del deposito dell’atto introduttivo (Cass. 20193/2005).

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