Rispondiamo all’interrogativo formulato osservando quanto segue.
L’art. 1 del d.l. n. 11 dell’8 marzo 2020 aveva disposto, al comma 1 che: “A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, con le eccezioni indicate all’articolo 2, comma 2, lettera g), sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020”, aggiungendo al comma due: “ A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate”
Successivamente, l’art. 83 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in l. 24.4.2020, n. 27 (gu 29.4.2020, n. 110) ha prorogato al 15 aprile 2020 il rinvio d'ufficio delle udienze civili e penali, nonché la sospensione dei termini processuali (commi primo e secondo) prima fissato al 22 marzo, disponendo che i capi degli uffici possono adottare disposizioni che disciplinano lo svolgimento dell’attività giudiziaria sino al 30 giugno 2020.
Infine, l’art. 36, comma 1, d.l. 8 aprile 2020 n. 23, ha ulteriormente prorogato fino all’11 maggio 2020 il periodo di rinvio d’ufficio della sospensione ex lege già previsto fino al 15 aprile 2020.
Pertanto, i termini processuali sono ad oggi sospesi dal 9 marzo all’11 maggio, e dunque per 64 giorni.
È allora necessario chiedersi se, e come, queste norme alterano il fisiologico divenire delle procedure esecutive.
A questo fine, deve muoversi dalla premessa per cui i termini processuali soggiacciono, per effetto delle disposizioni emergenziali surrichiamtate, ad un regime di sospensione i cui effetti non sono dissimili, sebbene più ampi, di quelli determinati dalla l. 7 ottobre 1969, 742 (pur essendo radicalmente diversa la scaturigine delle norme) che i termini processuali sospende durante il periodo feriale.
Depone in questa direzione sia il dato letterale della norma (che al comma secondo, dopo aver previsto che “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”, ha poi specificato al successivo periodo che “si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali”) che, soprattutto, la sua ratio, meglio esplicitata nella relazione illustrativa disegno di legge di conversione del d.l. n. 11/2020, laddove si afferma che essa ha lo scopo di determinare la “sospensione di tutti i termini per il compimento di qualsiasi attività processuale, ivi inclusi gli atti di impugnazione”, nonché nella relazione illustrativa del d.l. n. 18/2020, nella quale si rappresenta la necessità di rimediare al “fiorire di dubbi interpretativi e prassi applicative sostanzialmente elusive del contenuto della previsione o comunque non adeguatamente sensibili rispetto all’evidente dato teleologico della norma, costituito dalla duplice esigenza di sospendere tutte le attività processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell’epidemia, da un lato, e di neutralizzare ogni effetto negativo che il massivo differimento delle attività processuali disposto al comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali, dall’altro”
Si tratta, in ogni caso e come è stato subito osservato dai primissimi commentatori, di “una sospensione sui generis, che, benché riferita testualmente ai soli termini processuali, comprende in concreto tutte le attività processuali tout court e quelle connesse, nel loro complesso”.
Ciò chiarito occorre a questo punto verificare se anche il termine per il versamento del saldo prezzo debba essere ricompreso nel perimetro di applicazione di questa disciplina, e dunque sospeso.
A nostro avviso la soluzione positiva si impone in primo luogo in ragione della portata ampia della norma, che non piò ritenersi limitata ai termini processuali strictu sensu intesi. Una interpretazione di questo tipo infatti, la renderebbe costituzionalmente illegittima, poiché se lo scopo è quello del contenimento della emergenza sanitaria in atto, sia i termini processuali che quelli che attengono comunque al procedimento pur non potendosi qualificare tali, pari sono, ed un trattamento differenziato non avrebbe ragion d’essere, così come non avrebbe ragion d’essere una distinzione che ponga al riparo i soli difensori e non anche ulteriori soggetti che partecipano alla procedura (ed è tale l’offerente).
Peraltro, non è neppure pacifico che il termine per il versamento del saldo prezzo non sia termine processuale. Sul tema, invero, entrambe le soluzioni prospettabili (e cioè quella che riconosce la sospensione e quella che all’opposto la esclude) sono suffragate da fondati argomenti.
A sostegno della tesi negativa milita la considerazione che i termini processuali sarebbero quelli fissati per le parti del processo, e tali non sono, secondo la giurisprudenza gli offerenti (Cass. civ., s.u., 11 aprile 2012, n. 5701; analogamente, Cass. civ., sez. III, 2 aprile 2014, n. 7708, secondo cui “colui che presenta offerte nella vendita forzata non è una delle parti del processo esecutivo, se non dal momento in cui si manifesti un contrasto – ancorché non formalizzato in opposizione agli atti esecutivi – in cui egli sia coinvolto e per il quale sia richiesto l'intervento regolatore del giudice dell'esecuzione”); ergo, la disciplina della sospensione dei termini processuali ad essi non dovrebbe applicarsi.
In senso favorevole all’estensione dell’istituto in parola al termine per il versamento del saldo interviene invece l’osservazione secondo la quale detto termine ha natura processuale perché si colloca all’interno del processo esecutivo con riferimento ad un adempimento dal quale deriva il successivo svolgersi della procedura in una direzione piuttosto che in un’altra. Detto altrimenti, si tratterebbe di uno dei termini entro il quale deve essere compiuta un’attività tipica del processo esecutivo per espropriazione forzata il che giustifica la sottoposizione dello stesso alle regole dettate dalla legge 742/1969.
La giurisprudenza di legittimità ha fatto proprie queste ultime considerazioni, osservando che “Il termine per il versamento del prezzo da parte dell’aggiudicatario non ha funzione sostanziale (o essenzialmente tale), atteso che lo stesso si inserisce nel procedimento esecutivo, ma non lo conclude, per costituire il versamento del prezzo adempimento prodromico al trasferimento del bene, da cui la natura processuale del termine di cui si tratta, in quanto inteso a scandire il compimento di atti aventi natura processuale, diretti a concludere la fase del processo esecutivo” (Cass. civ., sez. I, 13 luglio 2012, n. 12004. Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 1987, n. 420 si era invece occupata del caso, simile, relativo al termine per il deposito dell’offerta in aumento ex art. 584 c.p.c., pronunciandosi anche in tale occasione per l’applicabilità della disciplina della sospensione feriale dei termini).
Se dunque il termine per il versamento del saldo prezzo sconta, secondo la giurisprudenza appena citata, la soggiacenza al regime della sospensione durante il periodo feriale (non pare superfluo ricordare, a questo proposito, che secondo la citata Cass. n. 7708/2014, proprio partendo dall’assunto per l’aggiudicatario è parte processuale, gli ha imposto l’onere di far valere il rimedio generale dell’aliud pro alio attraverso lo strumento della opposizione agli atti esecutivi, e dunque nel termine di cui all’art. 617 c.p.c.), non v’è ragione di ritenere che ad esso non si applichi il periodo di sospensione introdotto, da ultimo, dall’art. 83, comma secondo, d.l. 17 marzo 2020, n. 18.
In definitiva, a nostro avviso il termine per il versamento del saldo prezzo doveva ritenersi prorogato ex lege di 64 giorni, ma comunque osserviamo che non mancano, opinioni di senso contrario, che partono dalla considerazione per cui il termine per il versamento del saldo del prezzo non sia termine processuale.