Terreno invenduto di srl fallita

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  • Ultimo messaggio 30 aprile 2021
fingrosso79 pubblicato 23 aprile 2021

Buongiorno,

vorrei sapere cosa succede ad un bene, nello specifico un terreno, rimasto invenduto dopo la chiusura del fallimento di una società srl.

Mi spiego meglio: l'srl di famiglia (soci mia madre e mio padre) è stata dichiarata fallita e quindi cancellata dal registro delle imprese circa 10 anni. Qualche giono fa siamo venuti a a conoscenza dell'esistenza di un terreno intestato alla società e rimasto invenduto, perchè il comune ha scritto a mio padre, in quanto amministratore dell'srl fallita, per informarlo dell'esproprio di una parte del suddetto terreno. Specifico che il Tribunale che ha curato il fallimento è quello di Lecce e che il terreno è sito nel comune di Lecce.

Vorrei sapere se, essendo il fallimento della società chiuso ormai da oltre 10 anni, ed essendo il bene rimasto invenduto è possibile che lo stesso torni nella disponibilità dei soci e quindi dei miei genitori. E se si cosa deve essere fatto?

Grazie,

Francesca

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inexecutivis pubblicato 27 aprile 2021

Il quesito formulato richiede una risposta articolata.

Ai sensi dell’art. art. 2487, allorquando si verifica una causa di scioglimento della società, occorre procedere alla nomina dei liquidatori.

Quest’organo procede, tra l’altro, alla “alla cessione dell'azienda sociale, di rami di essa, ovvero anche di singoli beni o diritti, o blocchi di essi”. La deliberazione della messa in liquidazione deve essere resa nota mediante iscrizione nel registro delle imprese, e la denominazione sociale deve essere modificata con l’aggiunta che la società è “in liquidazione”, per cui, ad esempio, la “tizio s.r.l.” diviene “tizio s.r.l. in liquidazione” (così l’art. 2487 bis c.c.).

A norma dell’art. 2495 c.c., “approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese, avvenuta la quale i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società”.

Occupandosi del caso in cui non tutte le posizioni attive e passive siano state definite, e ciononostante la società sia stata cancellata, (Cass. Sez. U, 12 marzo 2013, n. 6070), ha affermato che “qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l'obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, "pendente societate", fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo”.

Premesso dunque che, dopo l’estinzione della società, i beni sono in proprietà de soci, si pone il problema ulteriore di stabilire se, preliminarmente, sia necessario che l’acquisto in capo a costoro risulti o meno da i pubblici registri immobiliari.

In argomento non si registrano, ad oggi, unanimità di consensi, ne constano precedenti di legittimità.

Secondo alcuni poiché il fenomeno successorio sarebbe necessario ed automatico, non vi sarebbe neppure bisogno di questa trascrizione, bastando le risultanze del Registro delle imprese, che consentirebbero di superare il problema della continuità delle trascrizioni; segnatamente sarebbe sufficiente il certificato rilasciato dal Conservatore del Registro delle imprese attestante l'avvenuta cancellazione della società e la composizione della compagine sociale.

A fronte di questa opinione si registra la più rigorosa presa di posizione di coloro i quali per esigenze di certezza giuridica avvertono l'esigenza di un accertamento di portata ricognitiva, in grado di formalizzare la situazione proprietaria, anche in vista di successivi trasferimenti.

Ove si ritenga necessaria la trascrizione, si pone evidentemente l’ulteriore questione di individuare il titolo in forza del quale procedervi. In proposito, è certamente ipotizzabile la stipula di una atto ricognitivo tra i soci ovvero un provvedimento giudiziale avente analogo contenuto. Altra soluzione proposta in dottrina è quella di procedere alla trascrizione di un atto integrativo del bilancio finale di liquidazione contro la società estinta ed in favore di tutti i soci.

Così ricostruito il panorama normativo e dottrinario, ed in assenza di precedenti specifici della giurisprudenza di legittimità, riteniamo che la soluzione più garantista sia quella di procedere alla trascrizione del titolo di acquisto in capo ai soci.

Ricordiamo a questo proposito che la Corte di cassazione (Sez. III, n. 11638 del 26 maggio 2014) a proposito del pignoramento di beni ereditari in relazione ai quali mancasse la trascrizione dell’accettazione dell’eredità ha ritenuto necessaria la trascrizione, osservando che la trascrizione dell'acquisto mortis causa in capo all'esecutato assolve nell'espropriazione immobiliare alla funzione principale di tutelare l'acquisto dell'aggiudicatario, garantendone la stabilità in caso di conflitto con gli aventi causa dall'erede apparente (nel caso in cui l'esecutato sia il vero erede) o dall'erede vero (nel caso in cui l'esecutato sia erede apparente)”, osservando che “se in astratto, ciò che rileva perché il processo esecutivo si concluda con una vendita coattiva valida ed efficace è che il soggetto esecutato abbia, accettando l'eredità, acquisito la titolarità del diritto reale sul bene pignorato, sicché si potrebbe prescindere dalla trascrizione dell'accettazione; per assicurare, in concreto, la stabilità della vendita coattiva è necessario che sia rispettata la continuità delle trascrizioni”.

Ora, è ben vero che il fenomeno successorio che si verifica in occasione dello scioglimento della società non è sovrapponibile a quello determinato dalla morte del de cuius, poiché non si pone un potenziale problema di conflitti tra il vero erede e l’erede apparente, ma è pur vero che l’autonomia del sistema della pubblicità immobiliare deve consentire di avere certezza in merito agli acquisti compiuti a favore o contro un soggetto senza la necessità di andare alla ricerca di dati ulteriori rispetto o quelli risultanti dai pubblici registri.

fingrosso79 pubblicato 28 aprile 2021

La ringrazio è stato molto esaustivo!

Saprebbe per caso indicarmi un professionista che possa occuparsi dela trasferimento della proprietà ì, tenuto conto che parliamo di procedure presso il tribunale di Lecce?

 

inexecutivis pubblicato 30 aprile 2021

Purtroppo no, ci dispiace.

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