Spese in caso di seconda casa

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  • Ultimo messaggio 22 settembre 2019
marco.spa79@virgilio.it pubblicato 19 settembre 2019

Spett.le Astalegale, Sto per partecipare a un' asta per avere una seconda casa ma prima vorrei quantificare le spese da affrontare nel caso riuscissi ad aggiudicarmela. L' immobile in questione ha un prezzo base di 105.000 e l'esecutato è una società falllita. Invece, per quanto riguarda le spese condominiali, mi spettano solo quelle attuali e dell'anno precedente oppure devo partecipare a risanare il debito totale che la società ha nei confronti del condominio che nel2015 ammontava a 48.000€? Le penalità di mora aggiunte alle spese generali sono a carico dell' aggiudicatario? Grazie per la cortese attenzione.

inexecutivis pubblicato 22 settembre 2019

La domanda è molto generica, per cui cerchiamo di fornire una panoramica complessiva.

IMPOSTE

Per il principio di alternatività dell’IVA rispetto all’imposta di registro, osserviamo che se non si tratta di immobile soggetto ad IVA l’imposta di registro per l’acquisto della prima casa è dovuta nella misura del 2% (ai sensi dell’art. 1, parte prima della tariffa del d.lgs. 131/1986). Se invece non si tratta di prima casa l’aliquota è del 9%.

In ogni caso, l’imposta di registro non può comunque essere inferiore ad €. 1.000, a norma dell’art. 10, comma 2 D.Lgs. 14/03/2011, n. 23, e che a mente del successivo comma terzo della medesima disposizione occorre considerare €. 50,00 per l’imposta ipotecaria ed €. 50,00 per l’imposta catastale. Dette imposte (prevede la norma citata) sostituiscono l'imposta di bollo, i tributi speciali catastali e le tasse ipotecarie.

La base imponibile è data dal prezzo di aggiudicazione.

Tuttavia, ai sensi del combinato disposto dell’art. 52, comma 4, 5 e 5b del TUR e dell’art. 1, comma 497 L. 23/12/2005, n. 266, modificato prima dal comma 21 dell'art. 35, D.L. 4 luglio 2006, n. 223 e poi dal comma 309 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, la base imponibile è determinata dalla minor somma a tra prezzo di aggiudicazione e rendita catastale rivalutata (del 5%) e moltiplicata per uno dei seguenti coefficienti:

110 per la prima casa

120 per i fabbricati appartenenti ai gruppi catastali A e C (escluse categorie A/10 e C/1) non prima casa.

Se invece il trasferimento immobiliare è soggetto ad IVA, detta imposta sarà dovuta nella misura del 4% (se prima casa, altrimenti le aliquote possono essere del 10 o del 22%, a seconda del tipo di immobile), mentre l’imposta di registro sarà applicata nella misura fissa di €. 200,00 ai sensi 40, comma 1 del d.P.R. 131/1986. Anche l’imposta ipotecaria sarà dovuta nella misura fissa di €. 200,00 (nota all’art. 1 della tariffa del d.lgs 31.1.0.1990, n. 347) così come pure l’imposta catastale (art. 10 d.lgs 31.1.0.1990, n. 347).

COMPENSO PROFESSIONISTA DELEGATO

A questo punto va considerato il compenso dovuto al professionista delegato.

A tale proposito occorre premettere che l’art. 179 bis, comma secondo, disp. att. c.p.c. dispone che “Il compenso dovuto al professionista è liquidato dal giudice dell'esecuzione con specifica determinazione della parte riguardante le operazioni di vendita e le successive che sono poste a carico dell'aggiudicatario. Il provvedimento di liquidazione del compenso costituisce titolo esecutivo”.

Quanto alla misura, essa è disciplinata dal Decreto ministeriale 15 ottobre 2015, n. 227, il quale (art. 2) pone a carico dell’aggiudicatario, la quota parte (50%) del compenso dovuto al professionista delegato per la fase del trasferimento della proprietà del bene, il cui importo varia in relazione al prezzo di aggiudicazione, e cioè:

-       quando il prezzo di aggiudicazione è pari o inferiore a euro 100.000, il costo del compenso a carico dell’aggiudicatario è pari ad €. 550,00;

-       quando il prezzo di aggiudicazione o il valore di assegnazione è superiore a euro 100.000 e pari o inferiore a euro 500.000 il costo del compenso a carico dell’aggiudicatario è pari ad  €. 825,00;

-       quando il prezzo di aggiudicazione o il valore di assegnazione è superiore a euro 500.000 il costo del compenso a carico dell’aggiudicatario è pari ad €. 1.100,00

A questi importi vanno aggiunti il contributo previdenziale (4%) e l’IVA (ove il regime fiscale del delegato preveda il versamento dell’IVA).

Occorre infine tenere presente che l’art. 2 comma due del medesimo decreto prevede che “Quando le attività di cui al comma 1, numeri 1), 2) e 3) riguardano più lotti, in presenza di giusti motivi il compenso determinato secondo i criteri ivi previsti può essere liquidato per ciascun lotto”.

Il successivo comma tre prevede che il giudice può aumentare o ridurre l’ammontare del compenso liquidato in misura non superiore al 60%, tenuto conto della complessità delle attività svolte.

Infine, il successivo comma 7 stabilisce che “in presenza di giustificati motivi il compenso a carico dell’aggiudicatario o dell’assegnatario può essere determinato in misura diversa da quella prevista per il periodo precedente”.

COSTI DI CANCELLAZIONI FORMALITà PREGIUDIZIEVOLI

A proposito dei costi di cancellazione delle ipoteche osserviamo che a nostro avviso, se nulla si dice nell’ordinanza di vendita esse gravano sulla procedura. Se invece fossero a carico dell’aggiudicatario, osserviamo quanto segue.

In primo luogo va operata una distinzione:

- la cancellazione delle ipoteche volontarie è esente dall'imposta ipotecaria e dall'imposta di bollo, ai sensi dell'art. 15 d.P.R.  n. 29.9.1973, n.601, se l'ipoteca è stata iscritta a garanzia di un finanziamento a medio e lungo termine erogato da un istituto di credito, (per cui sconta solo la tassa ipotecaria di €. 35,00);

- a proposito delle altre ipoteche, la cancellazione è soggetta, oltre alla tassa ipotecaria (€. 35,00) ed all’imposta di bollo (€. 59,00), all’imposta ipotecaria nella misura dello 0,50% (ai sensi degli artt.12, 13 della tariffa del d.lgs 31.10.1990, n. 347), con un minimo di €. 200,00 (art. 18 d.lgs 31.10.1990, n. 347).

Cambia tuttavia a nostro avviso la base imponibile:

- se l'immobile sul quale si cancella l'ipoteca non è l'unico bene sul quale quella ipoteca è stata iscritta, si tratterà di una restrizione, e dunque in questo caso la base imponibile sarà costituita dalla minor somma tra l'importo del credito ed il prezzo dell'aggiudicazione, ai sensi dell'art. 3, comma 3, d.P.R. 347/1990, il quale dispone che "L'imposta dovuta sull'annotazione per restrizione di ipoteca è commisurata al minor valore tra quello del credito garantito e quello degli immobili o parti di immobili liberati determinato secondo le disposizioni relative all'imposta di registro";

- se invece l'immobile sul quale cancellare l'ipoteca è l'unico, la base imponibile sarà calcolata sull'importo del credito, poiché si tratterà di una cancellazione totale.

Osserviamo tuttavia che in senso diverso (e più favorevole all’aggiudicatario) si è espressa, con riferimento a quest’ultimo caso, l’agenzia delle Entrate con la circolare del 4.3.2015, n. 8.

In particolare, l’Agenzia delle entrate è stata chiamata a pronunciarsi sul trattamento tributario delle domande di annotazione nei registri immobiliari, presentate a seguito dell'ordine di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie, emesso dal giudice in sede di trasferimento del bene espropriato nel caso in cui il bene trasferito sia l'unico bene oggetto dell'ipoteca.

In particolare, si chiedeva all’Agenzia delle Entrate se in tale ipotesi, l'imposta ipotecaria da applicare per l'annotazione nei registri immobiliari dovesse essere commisurata all'ammontare del credito garantito, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del Testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (TUIC), ovvero al minor valore tra quello del credito garantito e quello dell'immobile liberato, determinato secondo le disposizioni relative all'imposta di registro, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo.

Nel rispondere al quesito l’Agenzia, muovendo dal presupposto per cui l’ordine di cancellazione emesso dal Giudice dell'esecuzione in seno al decreto di trasferimento e riferito al bene ovvero ai beni espropriati si atteggia perlomeno sotto un profilo formale - quale ordine di liberazione di tali beni dalle formalità pregiudizievoli gravanti, secondo lo schema della c.d. "cancellazione parziale", sicché è proprio la struttura intrinseca della peculiare forma di liberazione dalle ipoteche (o dal pignoramento) costituita dall'emissione del decreto di trasferimento, che qualifica la conseguente annotazione come "restrizione di beni".

La conseguenza di questo ragionamento sul piano tributario è che ai fini dell’imposta ipotecaria dovuta per la cancellazione dell’ipoteca occorra fare riferimento all'articolo 3, comma 3, del TUIC, il quale prevede che l'imposta ipotecaria dovuta sull'annotazione per restrizione di ipoteca è commisurata al minor valore tra quello del credito garantito e quello degli immobili o parti di immobili liberati, per la determinazione del quale la norma fa espresso rinvio alle disposizioni relative all'imposta di registro, e dunque all’art. 44 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR), ai sensi del quale "Per la vendita di beni mobili e immobili fatta in sede di espropriazione forzata ovvero all'asta pubblica e per i contratti stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto la base imponibile è costituita dal prezzo di aggiudicazione".

Infine, l’Agenzia ha precisato che ai fini della determinazione della base imponibile non trova applicazione la disciplina del “prezzo valore” di cui all’art. 1, comma 497, della l. 23 dicembre 2005, n. 266.

Invece, i costi di cancellazione del pignoramento sono:

€.200 per l’imposta ipotecaria (art. 14 della tariffa allegata al d.lgs. 31.10.1990, n. 347);

€. 59 per l’imposta di bollo (art. 3, punto 2 bis della tariffa allegata la d.P.R. 642/1972);

€. 35 per la tassa ipotecaria (ai sensi della tabella allegata al d.lgs 31.10.1990, n. 347).

A proposito degli oneri condominiali osserviamo quanto segue.

Ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. "chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso ed a quello precedente".

Per anno in corso si intende non l’anno solare (per intenderci, I° gennaio – 31 dicembre), bensì all’annualità. Così la giurisprudenza, la quale ha osservato che “In tema di ripartizione delle spese condominiali, l’espressione “anno in corso”, di cui al previgente art. 63, comma 2, disp. att. c.c. – ora, in seguito all’approvazione della l. n. 220 del 2012, art. 63, comma 4, disp. att. c.c. - va intesa, alla luce del principio della "dimensione annuale della gestione condominiale", con riferimento al periodo annuale costituito dall’esercizio della gestione condominiale, il quale può anche non coincidere con l’anno solare”. (Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 7395 del 22/03/2017. Nella stessa direzione si era espresso, in precedenza, Trib. Bolzano, 10-06-1999, secondo il quale “Il comma 2 dell'art. 63 disp. att. c.c. si riferisce all'anno di gestione e non all'anno solare nel circoscrivere al biennio anteriore all'acquisto dell'appartamento in condominio l'obbligo solidale dell'acquirente - condomino subentrante - di far fronte al pagamento dei contributi non versati dal precedente condomino”).

Dunque al fine di individuare le spese condominiali insolute occorre avere riguardo al biennio considerato dalla norma.

Diverso, invece, è il criterio da utilizzare al fine di verificare se una certa spesa rientri o meno nel biennio considerato, dovendosi distinguere, a questo proposito, tra spese di manutenzione straordinaria, da un lato, e spese di gestione, manutenzione ordinaria e necessarie alla conservazione delle parti comuni, dall’altra.

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