inexecutivis
pubblicato
30 novembre 2019
Rispondiamo alla domanda osservando che vi sono casi in cui l’impresa costruttrice può, nell’atto di vendita, esercitare l’opzione per l’assoggettamento della vendita al regime iva.
Se l’impresa fallisce l’opzione IVA viene esercitata dal curatore.
A norma dell’art. 10 primo comma, n. 8-bis) ed 8-ter, del d.P.R. n. 633 del 1972 l’opzione IVA deve essere esercitata dal cedente, nell’atto di cessione. Si tratta, all’evidenza, di una norma coniata con lo sguardo rivolto verso le transazioni negoziali, sebbene sia ormai risaputo che anche i trasferimenti che avvengono in sede esecutiva sotto il profilo fiscale si qualificano come “cessioni”, sicché soggiacciono al regime tributario per esse individuato dal legislatore (Che anche il trasferimento del bene compiuto nell’ambito di una procedura esecutiva sconti l’IVA è opinione pacifica in giurisprudenza, laddove si è affermato che “La vendita in sede di esecuzione forzata di un bene facente parte di un’azienda va assoggettata all’IVA (ed alla imposta fissa di registro), atteso che l’art. 2 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, definisce al primo comma come cessioni di beni soggette ad IVA gli “atti a titolo oneroso che importano il trasferimento di proprietà”, adottati nell’esercizio di impresa, senza distinzione tra la natura volontaria o coattiva del trasferimento”. Cass. civ., sez. V, 7 luglio 2006, n. 15570).
Traslando questi concetti in sede fallimentare (dove evidentemente per atto di cessione deve intendersi il decreto di trasferimento) si potrebbe ritenere che il curatore abbia la possibilità di esercitare questa facoltà fino a quel momento.
Ciò, tuttavia, inevitabilmente crea un margine di incertezza in punto di determinazione del prezzo di aggiudicazione e quindi di costo complessivo della vendita, poiché il regime impositivo cui il decreto di trasferimento soggiace non è predeterminabile ex ante in ragione delle opzioni fiscali che il curatore può scegliere anche dopo l’aggiudicazione.
Si tratta di un problema che in ambito negoziale chiaramente non si pone, poiché durante le trattative alienante ed acquirente durante le trattative concordano i termini del sinallagma, sicché l’atto di cessione consacra una intesa ovviamente già intervenuta.
La soluzione allora va ricercata imponendo al curatore di chiarire sin da subito quale sarà il regime fiscale dell’operazione. Questa soluzione consente di perseguire l’obiettivo di eliminare l’alea rappresentata dal costo delle imposte gravanti sul decreto.
In ogni caso gli importi ci sembrano congrui.