sopraggiunto fallimento del debitore ad asta in corso

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  • Ultimo messaggio 06 maggio 2019
matteo76 pubblicato 29 aprile 2019

Buongiorno. Cerco di spiegarmi al meglio non essendo un professionista. Creditore che pignora un immobile. Siamo nel 2013. Il giudice dell'esecuzione mette all'asta l'immobile. Il bene va all'asta per più volte. A distanza di 40 giorni dal termine dell'asta Il debitore viene dichiarato fallito. Siamo oramai nel 2019. Mancano ormai solo una decina di giorni al termine dell'esperimento per cui io vorrei presentare offerta valida con deposito cauzionale, ed il delegato alla vendita mi riferisce di essere stato contattato in via informale dal curatore fallimentare, il quale vorrebbe annullare l'asta e gestire la vendita, ricominciando da capo tutta la procedura temo, fin dal primo esperimento a valore di perizia. Dal portale delle vendite pubbliche l'asta risulta regolarmente in corso. È possibile annullarla mancando solo una decina di giorni? Il sopravvenuto fallimento del debitore espone ad una possibile revocatoria? In caso di revocatoria sarebbero risarciti i danni? Ringrazio anticipatamente. Matteo.

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inexecutivis pubblicato 01 maggio 2019

Ai sensi dell’art. 51 l.fall. (oggi art. 150 del codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza), salvo diversa disposizione di legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento (oggi, "dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale") nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti sorti durante il fallimento può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.

Il divieto è funzionale alla tutela degli interessi della massa dei creditori concorsuali, nel senso che esso consente l’attrazione di tutti i beni appartenenti al fallito alla massa fallimentare, la liquidazione dell’attivo ai sensi degli artt. 104 ss. l.fall., (oggi artt. 211 e ss del codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza) e dunque la ripartizione del ricavato nel rispetto della par condicio creditorum.

Il “precipitato” processuale dell’art. 51 (oggi art. 150 del codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza) si rinviene nell’art. 107, comma 6, l.fall. (oggi art. 216, comma 10 del codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza), ai sensi del quale se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi, ed in tal caso si applicano le disposizioni del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il Giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione.

La norma attribuisce al curatore un vero e proprio potere di scelta tra la prosecuzione della vendita in sede esecutiva individuale ovvero la richiesta al Giudice dell’esecuzione di dichiarare l’improcedibilità della stessa, fatti salvi, ovviamente, i casi di cui all’art. 51 l.fall..

Non è chiaro in dottrina, e non esistono specifici precedenti di legittimità sul punto, se l’arresto della procedura sia conseguenza automatica della dichiarazione di fallimento o richieda l’esercizio di una scelta da parte del curatore (prima delle modifiche dell’art. 107 intervenute nel 2005 la giurisprudenza era decisamente orientata a ritenere che il subentro del curatore operasse di diritto. Così Cass. civ., sez. VI, ord. 2 dicembre 2010, n. 24442, secondo cui “nell’ipotesi in cui, prima della dichiarazione di fallimento, sia stata iniziata da un creditore l’espropriazione di uno o più immobili del fallito, a norma dell’art. 107 legge fall., il curatore si sostituisce al creditore istante, e tale sostituzione opera di diritto, senza che sia necessario un intervento da parte del curatore o un provvedimento di sostituzione da parte del giudice dell’esecuzione; ove il curatore ritenga di attuare altre forme di esecuzione, la procedura individuale, non proseguita, per sua scelta, dal curatore, né proseguibile, ai sensi dell’art. 51 legge fall., dal creditore istante, diventa improcedibile, ma tale improcedibilità non determina la caducazione degli effetti sostanziali del pignoramento (tra cui quello, stabilito dall’art. 2916 cod. civ., in base al quale nella distribuzione della somma ricavata dall’esecuzione non si tiene conto delle ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento), purché però, nel frattempo, non sia sopravvenuta una causa di inefficacia del pignoramento stesso, la quale, benché non dichiarata dal giudice dell’esecuzione all’epoca della dichiarazione di fallimento, opera “ex tunc” ed automaticamente.

Quale che sia la scelta che si intende seguire, riteniamo comunque che se il curatore opta per la improseguibilità dopo l’intervenuta aggiudicazione troverà applicazione l’art. 187bis disp. att. c.p.c.. Il G.E. emetterà il decreto di trasferimento ed il ricavato della vendita sarà rimesso alla procedura fallimentare.

In definitiva, se si aggiudicherà il bene, la nostro giudizio la sua aggiudicazione rimarrà salva.

matteo76 pubblicato 02 maggio 2019

Grazie mille per la risposta.

Temo però che l'asta verrà annullata in quanto il curatore fallimentare giusto martedì u.s. ha chiesto al giudice con urgenza di pronunciarsi in merito.

Tuttavia ho notato che tra i creditori vi è un istituto bancario con credito fondiario. Ho sollecitato tale istituto ad opporsi all'annullamento dell'asta a norma dell'art.41 testo unico.

Spero l'istituto provveda in tal senso.

inexecutivis pubblicato 06 maggio 2019

Se il creditore fondiario intenderà pro seguire la procedura, dandovi impulso, è evidente che essa non potrà essere dichiarata improseguibile.

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