In realtà il bene colpito da un sequestro penale è un bene vendibile, poiché il sequestro non è un provvedimento ablatorio e quindi la proprietà rimane in capo a colui il quale lo ha subito (cioè l’esecutato).
Esso, è semplicemente preordinato alla confisca, con la conseguenza per cui se ad esempio il procedimento penale si chiude con una sentenza di assoluzione esso perde di qualunque efficacia e quindi quindi non vi saranno problemi per l’acquirente.
Peraltro, se avessimo una norma che impedisse la vendita di beni sottoposti a sequestro penale, un esecutato particolarmente "avveduto" potrebbe anche valutare di simularsi colpevole di un reato che prevede il sequestro penale, e tentare di bloccare così l’esecuzione.
Piuttosto il problema si pone sul piano della valutazione di opportunità che deve compiere:
il creditore, il quale deve decidere se anticipare i costi ed i tempi di una procedura la quale ha ad oggetto il bene che, essendo colpito da un sequestro preventivo, certamente potrebbe creare una certa diffidenza nei potenziali acquirenti, con il rischio di una chiusura anticipata della procedura a norma dell’art. 164 bis disp. att. c.p.c.;
il potenziale offerente, il quale al cospetto di un sequestro penale se vuole ciononostante formulare una offerta di acquisto deve: da un lato capire di che tipo di sequestro si tratta e cioè vedere se si tratta di un sequestro dal quale può scaturire una confisca opponibile alla procedura o meno; dall’altro interrogarsi sui possibili esiti del procedimento penale in seno al quale il sequestro è stato pronunciato (verificando, ad esempio, se al momento della vendita (che potrebbe essere disposta anche ad anni di distanza dal sequestro) è già stata pronunciata una sentenza penale di primo o di secondo grado.
Comprendiamo che si tratta di questioni di peculiare complessità, non alla portata di tutti, ma il tema dei rapporti tra sequestri e pignoramento è uno dei più dibattuti dell’ultimo decennio, poiché esso costituisce terreno di scontro tra esigenze di politica criminale (intesa come di politica di lotta al crimine) e tutela giurisdizionale del credito.
Questo scontro ha prodotto norme che, di volta in volta, sono state ispirate all’una o all’altra esigenza, senza prevedere disposizioni di coordinamento (solo recentemente introdotte) tanto è vero che solo recentissimamente la giurisprudenza della Corte di Cassazione, dopo un faticoso percorso ricostruttivo che ha visto plurime pronunce tentare di operare una sintesi, è riuscita, speriamo, a fare chiarezza.