S.O.S. PROCEDURA DIVISIONALE

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  • Ultimo messaggio 25 giugno 2017
immobilpippo pubblicato 14 giugno 2017

Sono lieto di fare parte di questo forum e spero che qualcuno sia in grado di darmi qualche ragguaglio.

Ho partecipato ad un asta immobiliare relativa ad una procedura divisionale, in sostanza due persone comproprietarie di un immobile non mettendosi d'accordo sulle sorti di un immobile si sono rivolte al giudice che ne ha disposto la vendita all'incanto.

Lo stato di occupazione dell'immobile come da perizia di stima risulta:"

attualmente l'alloggio in oggetto è occupato da un affittuatario. In data xx.xx.2000 è stato registrato all'Agenzia delle Entrate un contratto di locazione....tale contratto aveva durata a partire dall'xx.xx.2000 fino al xx.xx.2004 e si intende tacitamente rinnovato per i successivi anni quattro.

La misura del canone pattuito ammonatava ad un totale annuo di lire 6 milioni ......Da quanto desunto con l'interrogazione effettuata presso l'Anagrafe Tributaria non risulta che il contratto sia stato prorogato dopo la prima scadenza".

In sostanza dopo la prima scadenza sembra che il locatario sia rimasto nell'alloggio pagando il canone in "nero".

Avevo chiesto ad un paio di legali di mia conoscenza, che mi avevano detto che tale titolo non è opponibile alla procedura e che la liberazione dell'immobile sarebbe stata automatica.

Sicchè ho partecipato e mi sono aggiudicato l'immobile.

Dopo l'aggiudicazione avevo preso contatti con l'IVG che mi ribadivano che il titolo dell'occupante non era opponibile alla procedura e che avevano richiesto per il tramite del professionista delegato l'ordine di liberazione al giudice, come previsto dalle nuove norme avrebbero proceduto alla liberazione dell'immobile senza ufficiali giudiziari e senza spese per me.

In sede di saldo prezzo il professionista delegato mi informava che il giudice non firmerà l'ordine di liberazione perchè trattandosi di una proccedura divisionale non fa parte delle sue prerogative e che spetterà a me far valere le mie ragioni dopo la firma del decreto di trasferimento. Durante tale valutazioni mi rappresentava che non è detto che io abbia titolo ad eseguire a questo punto una sorta di sfratto, perchè sebbene la proroga del contratto non sia stata registrata, si intende comunque tacitamente rinnovata e dovrò aspettare la naturale scadenza, che secondo i miei calcoli dovrebbe avvenire nel 2020 (4+4+4+4...e così via). 

Allora quello che non riesco a capire, mentre mi accingo inesorabilmente a rivolgermi ad un legale:

-trattandosi di procedura divisionale è vero che il giudice non può disporre la liberazione dell'immobile?

- nel caso spetti a me far valere le mie ragioni posso provvedere a liberarlo con un legale di mia fiducia? oppure diventerò proprietario di un immobile occupato da un inquilino che secondo un contratto non più formalmente prorogato dal 2000 mi darà 3.000 euro all'anno di affitto? malgrado nel frattempo stante il tempo trascorso ritengo ne paghi molti di più perchè a tale cifra in quella zona non si affita più neanche un monolocale essendo intervenuto il passaggio dalla lire all'euro, ma avendolo sempre pagato in "nero" probabilmente non potrò dimostrarlo e dovrò sottostare a queste condizioni senza poter fare nulla?

 

 

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inexecutivis pubblicato 17 giugno 2017

Cerchiamo di rispondere separatamente alle due domande formulate.

Ordine di liberazione.

La possibilità che sia emesso l’ordine di liberazione in seno ad una procedura di scioglimento della comunione è assai controversa.

La tesi favorevole riposa sulle seguenti considerazioni:

- il comproprietario che non ha chiesto la divisione subisce la vendita dell'intero sia in un ordinario giudizio di divisione (avendo il comproprietario esercitato il diritto potestativo di chiedere lo scioglimento della comunione) sia in sede esecutiva;

- in entrambi i casi il comproprietario ha diritto alla vendita del bene al prezzo più alto possibile;

- la liberazione dell'immobile è funzionale (anche) al contenimento dei tempi del processo, che notoriamente non sono nella disponibilità delle parti;

Se tutto questo è vero, tra giudizio di divisione endoesecutivo ed ordinario giudizio di scioglimento della comunione, non esiste, a questi fini, differenza.

L’opposta opinione, che ci sembra preferibile, osserva che non essendovi stato pignoramento, i comproprietari non sono divenuti custodi del bene (cosa che invece accade con il pignoramento ai sensi del primo comma dell’art. 559), rimanendo nel pieno esercizio dei loro diritti sulla cosa, sicché l’ordine di liberazione è inammissibile.

Quanto al contratto di locazione, riteniamo che la questione della sua opponibilità debba essere risolta alla luce della previsione dell’art. 1599 c.c., a mente del quale il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente, se ha data certa anteriore all'alienazione della cosa.

 

In questo caso, la locazione sarà opponibile nei limiti della sua durata. Se alla data di acquisto il contratto si era prorogato, esso vincolerà l’acquirente fino alla nuova scadenza.

immobilpippo pubblicato 17 giugno 2017

La ringrazio per la pronta e professionale risposta al quesito.

Avrei bisogno di chiederle solo un ulteriore precisazione, quindi la mancata registrazione della proroga del contratto di locazione a  nulla rileva in questo caso?nonostante siano passati 13 anni dalla scadenza? ho letto qua e là (ma forse non c'entra nulla) che l'opponibilità dei contratti non registrati non può superare il novennio dall'inizio della locazione (certo qui il contratto era registrato e non la proroga)?

inexecutivis pubblicato 20 giugno 2017

A nostro avviso il fatto che la proroga del contratto non sia stata registrata è irrilevante ai fini della validità dello stessa. Infatti, l’art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004, a mente del quale “I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”, non riferendosi espressamente alla registrazione del contratto, non può applicarsi anche alle proroghe dello stesso.

Quanto alla durata della proroga, dalle informazioni contenute nella domanda ci sembra di capire che si tratti di un contratto stipulato ai sensi del primo comma dell’art. 2 della l. 9.12.1998, n. 431.

Questa norma prevede che i contratti abbiano una “durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni”…. Alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.

 

Dunque, come ipotizzato nella domanda, il contratto scadrà nel 2020.

immobilpippo pubblicato 20 giugno 2017

Ne prendo atto la ringrazio della sua professionalità, ho un ultimo quesito. Il fatto che il contraTTO SCADEVA NEL 2016 e già nel 2015 si era aperta la procedura di divisione e in particolare era stata emessa due mesi prima della scadenza del contratto l'ordinanza del giudice che disponeva la vendita dell'immobile a nulla rileva sul diritto dei proprietari di poter tacitamente prorogare il contratto.

inexecutivis pubblicato 22 giugno 2017

Riteniamo di no, in quanto la divisione giudiziale non nasce da pignoramento, e dunque i comproprietari non divengono meri "custodi" del bene.

immobilpippo pubblicato 22 giugno 2017

ringrazio vivamente della pronta risposta vi terrò cmq informati dello sviluppo dei fatti in questione

inexecutivis pubblicato 25 giugno 2017

Grazie a lei

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