Ritenuta d'acconto al CTU e versamento da parte del delegato alla vendita

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  • Ultimo messaggio 18 gennaio 2021
Pietro Petrichiutto pubblicato 16 gennaio 2021

 

Il CTU nel corso di una procedura esecutiva riceveva, a fronte di una fattura intesta al creditore procedente, il pagamento dell’acconto relativo all’onorario di sua spettanza.

Medio tempore l’esperto del Giudice si cancellava dall’albo dei geometri, nonché da quello dei CTU del Tribunale non essendo più titolare di partita IVA.

Nell’istanza di liquidazione al G.E., il Ctu richiedeva quale saldo post vendita il compenso al netto della ritenuta d’acconto del 20% prevista a fronte dell’emissione di una ricevuta per prestazione di lavoro autonomo occasionale ex art. 2222 c.c.

Il G.E. liquidava il compenso al Ctu senza nulla specificare riguardo al pagamento degli oneri fiscali.

Attualmente in vista del progetto di distribuzione il Geometra ha inviato al delegato la precisazione del credito chiedendo il pagamento dell’80% dell’importo liquidato dal G.E. e scomputato del 20% della Ritenuta d’acconto che dovrebbe, a suo dire, essere versata dal Delegato il quale dovrà provvedere ai successivi adempimenti quali versamento della ritenuta tramite mod. F24, presentazione del mod.770, invio della Certificazione Unica e consegna della stessa all’interessato.

Riguardo alla ricevuta, il Ctu è risoluto ad intestarla al creditore procedente, nello specifico una Società di Capitali e in quanto tale sostituto d’imposta.

A mio modesto avviso, il professionista delegato alla vendita, non rientrando nel novero dei soggetti tassativamente qualificabili come sostituti d’imposta ex art. 23 del D.P.R. 600/1973 non può, nè deve versare la suddetta ritenuta d’acconto. È pur vero che altri soggetti penso ai curatori fallimentari o ai commissari liquidatori rivestono tale qualifica in forza di specifici provvedimenti di legge come da ultimo il D.L. 223/2006 convertito dalla L. 248/2006. Personalmente non sono a conoscenza di una norma che attribuisca al professionista delegato alle vendite la qualifica di sostituto d’imposta. Ritengo inoltre che la ricevuta non possa essere intestata al Tribunale, né al creditore procedente, in quanto la somma dalla quale il compenso verrà prelevato è stata ricavata dalla vendita dell’immobile subastato di proprietà del debitore esecutato. Pertanto a mio giudizio, il Ctu dovrà intestare la ricevuta per prestazione di compenso occasionale al debitore esecutato. Quest’ultimo, essendo un privato e quindi non un sostituto d’imposta, non dovrà applicare la predetta ritenuta.   

Tutto quanto sopra specificato, Vi chiedo se la ritenuta d’acconto debba essere applicata o meno e in caso positivo a chi spetti l’onere del versamento e dei conseguenti successivi adempimenti.

Vi chiedo inoltre a chi debba essere intestata la ricevuta che il Ctu dovrà emettere.

In attesa di conoscere il Vostro illustre parere al riguardo, ringrazio sentitamente.

 

inexecutivis pubblicato 18 gennaio 2021

Per rispondere al quesito occorre muovere dalla premessa per cui il compenso dovuto allo stimatore grava, sulla procedura, e dunque sul debitore esecutato ai sensi dell'art. 95 c.p.c..

Ciò premesso, secondo una prima ipotesi ricostruttiva il trattamento fiscale di questo compenso dovrebbe scontare una differente disciplina in relazione alla tipologia dei debitori esecutati, alla possibilità di reperirli ed alla loro "collaborazione", similmente a quanto previsto per il compenso del delegato a secondo quanto ritenuto dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione del 18/10/2007 n. 296.

E così, se il debitore non è sostituto d'imposta non gli potrà essere richiesto alcun adempimento, ed il professionista verserà l'imposta complessiva risultante dalla propria dichiarazione dei redditi.

Se invece il debitore esecutato riveste la qualità di sostituto d'imposta ai sensi degli artt. 23 e 25 d.P.R. 600/1973, l'Agenzia delle Entrate con la indicata risoluzione ha ritenuto che a provvedere debba essere il professionista delegato nel momento in cui preleva dal ricavato dalla vendita l'importo dovutogli, come liquidato dal giudice dell'esecuzione.

Quindi Il professionista, "in nome e per conto del debitore esecutato", dovrà operare e versare la ritenuta con il modello F24, nonché eseguire gli adempimenti conseguenti, quali il rilascio e la trasmissione telematica della Certificazione Unica e la presentazione del modello 770.

Le modalità procedimentali potrebbero essere le stesse del curatore fallimentare che opera in nome e per conto del debitore, e quindi nel modello F24 dovranno essere indicati i dati del debitore esecutato, unitamente al codice fiscale del professionista nel campo "codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare", nonché il codice "03" nel campo "codice identificativo".

Il codice tributo sarà il 1040, relativo alle ritenute sui redditi di lavoro autonomo.

Questa ricostruzione tuttavia va incontro ad una peculiare obiezione rappresentata dal dubio intorno al fatto che il delegato possa essere qualificato come sostituto d’imposta.

Invero, a norma dell’art. 23 d.P.R. n. 600/1973 solo il curatore, e non anche il professionista delegato, è sostituto d’imposta, sicchè occorrerebbe chiedersi se il silenzio serbato dal legislatore sul punto possa essere colmato in via analogica, risolvendo a monte il problema di comprendere se l’inclusione del curatore tra i sostituti d’imposta operata dall’art. 37 d.l.  04/07/2006, n. 223, convertito, con modificazioni, con l. 4/8/2006, n. 248 sia norma eccezionale o piuttosto enunciativa di un principio generale intorno alla figura del curatore. Sul punto deve registrarsi che la Corte di Cassazione, prima della modifica intervenuta nel 2006, aveva più volte escluso che in capo al curatore gravassero obblighi fiscali diversi da quelli normativamente previsti affermando che, siccome "secondo una configurazione che trova puntuale riscontro anche nel diritto impositivo vigente (cfr. art. 125 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), nei confronti del fallito permane la soggettività passiva dei tributi" (Cfr. Cass., 20 marzo 1993, n. 3321), "sul curatore, in quanto organo della procedura, possono gravare solo gli obblighi tassativamente previsti per la specifica figura"(  Cfr. Cass., 22 dicembre 1994, n. 11047).

Rimane il fatto che quel pagamento è imputabile direttamente, a nostro giudizio, in capo al debitore (ex art. 95 c.p.c.). Peraltro, sullo sfondo della posizione assunta dall’Agenzia delle entrate si pone l’esigenza di evitare che il rispetto rigoroso delle norme che disciplinano la sostituzione d’imposta (in base alle quali, come in materia di IVA, l’importo dell’imposta dovrebbe essere restituito al debitore affinché questi provveda al versamento) determini il mancato versamento dell’imposta.

Traendo le fila del discorso sin qui compiuto, preso atto del fatto che:

il professionista delegato non è sostituto d’imposta;

la norma che riconosce tale qualifica al curatore non è applicabile analogicamente al curatore;

la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate  18/10/2007 n. 296 riguarda il compenso dovuto al professionista delegato;

riteniamo che la soluzione meno inconveniente sia quella di versare l’intero importo allo stimatore, il quale successivamente provvederà a indicare il compenso nella dichiarazione annuale dei redditi.

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