Il quesito formulato impone il preliminare richiamo di alcuni dati normativi di fondo.
Ai sensi dell’art. 65 c.p.c., compito del custode è quello di conservare ed amministrare i beni sequestrati o pignorati.
Stessa disposizione si rinviene nell’art. 560, ultimo comma, c.p.c., che attribuisce al custode il compito di “amministrazione e gestione” del bene pignorato affidato alla sua custodia.
Egli, inoltre, ai sensi dell’art. 67, comma secondo, c.p.c. è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.
Quindi, certamente, il custode può essere chiamato a rispondere del danno arrecato alla cosa in custodia, se non l’ha esercitata con la diligenza del buon padre di famiglia.
Fatta questa premessa, affinché il custode sia chiamato a rispondere dei danni cagionati all’immobile è necessario che egli possa esercitare di fatto un potere di controllo sul bene, potere che viene meno allorquando il debitore permane nella disponibilità dell’immobile (a meno che, ovviamente, ciò non si verifichi per colpa del custode medesimo). In questi casi ci sembra corretta la prevalente opinione dottrinaria, secondo la quale i danni arrecati all’immobile dal debitore che occupi il medesimo non possono ascriversi alla responsabilità del custode, in quanto non è identificabile il capo a questi una condotta esigibile, capace di evitarli. Detto altrimenti, è difficile ipotizzare quale iniziativa il custode avrebbe potuto adottare per evitare che il debitore, nel lasciare l’immobile, lo danneggi.
Questi concetti sono stati più volte espressi dalla Corte di Cassazione in tema di locazione, laddove si è affermato ad esempio che “poiché la responsabilità ex art. 2051 c.c. implica la disponibilità giuridica e materiale del bene che dà luogo all'evento lesivo, al proprietario dell'immobile locato sono riconducibili in via esclusiva i danni arrecati a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione, mentre grava sul solo conduttore la responsabilità per i danni provocati a terzi dagli accessori e dalle altre parti dell'immobile, che sono acquisiti alla sua disponibilità”. (Affermando tale principio, la S.C. ha riconosciuto la responsabilità del conduttore per i danni causati da infiltrazioni d'acqua a seguito della rottura di un tubo flessibile esterno all'impianto idrico, sostituibile senza necessità di interventi demolitori sui muri. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21788 del 27/10/2015).
Venendo al suo caso osserviamo quanto segue.
La responsabilità del custode non può essere desunta dal ritardo con il quale ha eseguito l’ordine di liberazione. Non è detto che il debitore ove fosse stato costretto a lasciare prima l’appartamento si sarebbe astenuto dal compimento degli atti vandalici che ha posto in essere.
Va poi considerato che, essendo stato emesso anche il decreto di trasferimento, il rilascio avrebbe potuto essere conseguito anche attraverso la messa in esecuzione del decreto medesimo, che appunto ai sensi dell’art. 586 c.p.c. costituisce titolo per il rilascio.
Peraltro il fatto che (come ci pare di capire) il bene fosse coperto da copertura assicurativa è indice del fatto che il custode si sia anche attivato per tutelare la procedura (ed anche l’aggiudicatario) contro il rischio di danni imputabili a terzi.
La circostanza che non abbia provveduto ad un aumento della massimale va a nostro avviso approfondito, non potendo essere considerato, di per sé solo, indice di responsabilità.
Insomma, siamo in una zona di confine, che rende a nostro avviso assai incerto l’esito di un eventuale giudizio risarcitorio promosso nei confronti del custode.