Cerchiamo di rispondere separatamente alle domande proposte dagli utenti francesco822 e vito.b.
A proposito della questione prospettata da francesco822 rileviamo quanto segue.
In ordine alla sorte dei beni mobili presenti nell’immobile non siamo in grado di fornire una risposta precisa, in quanto non sappiamo se nel procedimento di liberazione dell’immobile siano state rispettate, o meno, le prescrizioni di cui all’art. 560, comma quarto, oppure 608 c.p.c.
Le norme che abbiamo appena citato, infatti, descrivono le formalità che occorre osservare allorquando, nell’immobile da liberare, siano presenti beni mobili.
Esse hanno un differente perimetro di applicazione, in quanto la prima si svolge quando la liberazione dell’immobile avviene attraverso la messa in esecuzione dell’ordine di liberazione adottato dal Giudice, mentre la seconda opera quando alla liberazione si giunge attraverso una ordinaria esecuzione per rilascio compiuta ex artt. 605 e ss c.p.c..
Avvertiamo che il rilascio degli immobili pignorati dovrebbe avvenire, salvo casi marginali, attraverso la procedura di cui agli artt. 560, comma quarto, c.p.c., mentre le ipotesi di ricorso all’ordinario procedimento esecutivo per rilascio è del tutto marginale.
Fermandoci alla prima norma, allora, dobbiamo osservare che essa così dispone: “Quando nell’immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, ovvero documenti inerenti lo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale, il custode intima alla parte tenuta al rilascio ovvero al soggetto al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine, non inferiore a trenta giorni, salvi i casi d’urgenza. Dell’intimazione si dà atto a verbale ovvero, se il soggetto intimato non è presente, mediante atto notificato dal custode. Qualora l’asporto non sia eseguito entro il termine assegnato, i beni o documenti sono considerati abbandonati e il custode, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione”.
Se l’immobile è stato consegnato come libero, riteniamo che la procedura che abbiamo illustrato sia già stata esperita, o che comunque sia stato acquisito il disinteresse del proprietario dei beni mobili all’asporto degli stessi; ciò in quanto, prima di tale momento, l’immobile (proprio perché esistono ancora beni mobili presenti al suo interno) non può qualificarsi "libero".
Ad ogni modo, per mero scrupolo (ma, ribadiamo, solo per mero scrupolo) le suggeriamo di inoltrare al debitore una raccomandata nella quale lo si “invita a ritirare gli oggetti depositati presso l’immobile nel termine perentorio di giorni 30, decorsi i quali gli oggetti medesimi si riterranno abbandonati”.
Con riferimento alle opere abusive presenti, osserviamo che ai sensi dell’art. 46, comma quinto, dpr 380/2001 (meglio noto come Testo Unico dell’edilizia), “L'aggiudicatario, qualora l'immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria”.
Dunque, come si vede, la norma consente la sanatoria degli abusi edilizi a condizione che essi (ed il suo caso ci pare rientrare in questa condizione) siano suscettibili di sanatoria (a questo fine le opere abusive devono essere conformi agli strumenti urbanistici vigenti nel momento in cui l’abuso è stato realizzato e nel momento in cui la sanatoria viene richiesta).
Fatta questa premessa, a nostro avviso l’abuso è sanabile attraverso la richiesta di un doppio permesso: di sanatoria e modifica.