Revoca decreto di trasferimento gia emesso

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  • Ultimo messaggio 25 gennaio 2019
antonioesposito pubblicato 20 gennaio 2019

 

Grazie per la collaborazione.Salve a tutti vi scrivo in quanto vorrei chiedere un ulteriore parere sulla mia vicenda.

Nel dicembre 2016 mi aggiudico un’asta giudiziaria senza incanto(terzo incanto di vendita)per un immobile in Roma, che da pubblicità era occupata dal titolare con diritto di abitazione. Per tale motivo il G.E. decurtava dal prezzo originario il 30% ed andava in asta per ben tre volte.

L’occupante è l’ex coniuge del debitore che avrebbe diritto di abitazione.

nel maggio 2016 una sentenza di cassazione stabiliva che se l’atto di trascrizione di separazione é ante pignoramento e post ipoteca, allora il titolo dell’ex coniuge non è opponibile alla procedura.

Il 2 nov. cambia G.E. ed il 4 nov. Il creditore procedente fa istanza al G.E. Affinché la casa sia da vendere in stato libero e non occupato. Il G.E. non valuta l’istanza e nel dicembre viene aggiudicata.

nel mese di gennaio l’occupante propone opposizione al G.E. Per non lasciare l’immobile chiedendo al G.E. di revocare l’aggiudicazione ai sensi dell’art.586 in quanto il prezzo dell’aggiudicazione non era giusto.

il G.E accoglie in parte l’opposizione quindi esegue lo sfratto esecutivo nei confronti dell’occupante e revoca nei confronti del sottoscritto l’aggiudicazione ai sensi 586.

viene proposto opposizione agli atti esecuti ai sensi art. 617 ( viene evidenziato l’aspetto di applicabilità dell’art.586 in relazione alla legge antimafia come recentemente affermato dalla corte di cassazione con sentenza del 2017)

il ricorso viene rigettato, in quanto il G.E. appellandosi ad una sentenza di cassazione del 2003 ha potere assoluto e può attingere elementi indiziari o atti notori da qualsiasi persona, ed appellandosi soprattutto su una dichiarazione di un sostituto del mio avv. (domanda del giudice : la casa come la vuole in stato libero o occupato? Risposta avv.:libera, invece la mia risposta sarebbe stata come emerge nelle memorie tra l’altro nello stato di fatto e di diritto in cui si trova.) rigetta il ricorso.

viene proposto reclamo al collegio ma viene ritenuto inammissibile, e successivamente ricorso contro il G.E. al presidente della sezione immobiliare, che dall’aprile 2018 si riserva su un ritardo di notifica.

Il 9.11.18 viene proposto ricorso cautelare in corso di causa, ad oggi senza risposta.

L’immobile viene messo nuovamente in asta e nel dicembre 2018 viene aggiudicata ad un terzo.

nel gennaio 2019 viene fissato udienza con precisazione alle conclusioni in data ottobre 2019.

Alla luce di quanto esposto ho delle domande da fare,

il G.E. può revocare l’aggiudicazione anche senza i presupposti della legge antimafia?

Il ricorso di cautelare in corso di causa in quanto tempo deve essere fissato?

dopo il decreto di trasferimento ho possibilità di produrre ricorso in cassazione per far cassare il provvedimento e di conseguenza anche il decreto di trasferimento?

Allo stato della procedura cosa posso fare per far valere i miei diritti?

vorrei concludere dicendo che per me è stata la mia prima volta partecipare ad un’asta giudiziaria,(senza agenzia ma semplicemente con un app)in questo modo lo stato allontana solo le persone che vogliono comprarsi una casa dove dovrebbero essere tutelati proprio dallo stato.

grazie per la collaborazione

 

 

inexecutivis pubblicato 25 gennaio 2019

 Stando al contenuto della domanda, a nostro avviso l'operato del giudice è corretto.

A mente dell'art. 586 c.p.c. il Giudice può non procedere all’aggiudicazione “quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto”.

Questa norma pone, evidentemente, l’interrogativo di comprendere quale si il prezzo giusto, in relazione al quale il Giudice può non aggiudicare quando l’offerta presentata sia “notevolmente” inferiore a quello.

In questa direzione è significativo che il testo dell’attuale art. 586 risulti dalle modifiche apportate dall'art. 19-bis della legge 203 del 1991(recante "provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa"), dal che si ricava il precipitato per cui esso, sebbene formalmente modellato sulla previsione di cui all'art. 108 della legge fall., persegue lo scopo di contrastare tutte le possibili interferenze illegittime nel procedimento di determinazione del prezzo delle vendite forzate immobiliari.

Ed allora, il “prezzo giusto” è quello che in sede di vendita esecutiva si sarebbe conseguito in condizioni di non interferenza di fattori devianti, con l’ulteriore conseguenza che la vendita può essere sospesa quando il prezzo di aggiudicazione sia notevolmente inferiore a quello.

In siffatti termini si è espressa la giurisprudenza, osservando che “La norma di cui all'art. 586 cod. proc. civ. (come novellata dall'art. 19-bis della legge 203 del 1991), secondo cui il giudice dell'esecuzione "può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto", è formalmente modellata su quella di cui all'art. 108 della legge fall., ma persegue lo scopo di contrastare tutte le possibili interferenze illegittime nel procedimento di determinazione del prezzo delle vendite forzate immobiliari, attesane la collocazione nel più generale contesto della citata legge n. 203 del 1991, ("provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa"). Ne consegue che l'individuazione della nozione di "giusto prezzo" presuppone una ineludibile comparazione tra dati costituiti dal prezzo concretamente realizzato con l'aggiudicazione e da quello che invece, in condizioni di non interferenza di fattori devianti, sarebbe stato conseguito nella procedura di vendita così come concretamente adottata e normativamente disciplinata (senza che, peraltro, possa costituire utile o vincolante parametro il prezzo di mercato), così che, per disporsi la sospensione, la differenza tra le due entità dovrà evidenziarsi in termini di "notevole inferiorità", secondo criteri da adattarsi di volta in volta al caso concreto nel quadro di quell'esigenza di contrasto delle illegalità perseguita dalla norma”. (Cass. Sez. 3, 23.2.2010, n. 4344 del 23/02/2010), e che “Il potere di sospendere la vendita, attribuito dall'art. 586 c.p.c. (nel testo novellato dall'art. 19 bis della legge n. 203 del 1991) al giudice dell'esecuzione dopo l'aggiudicazione perché il prezzo offerto è notevolmente inferiore a quello giusto, può essere esercitato allorquando: a) si verifichino fatti nuovi successivi all'aggiudicazione; b) emerga che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa; c) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia stato frutto di dolo scoperto dopo l'aggiudicazione; d) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all'aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili dalle altre parti prima di essa, purché costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l'esercizio del potere del giudice dell'esecuzione. (Sez. 3, Sentenza n. 18451 del 21/09/2015).

Nel caso di specie l'illegittimo fattore deviante è stato rappresentato dal fatto che l'occupante ha pretestuosamente addotto la esistenza di un titolo opponibile alla procedura che limita fortemente l'appetibilità del bene sul mercato (id est il diritto di abitazione del coniuge separato), sicché, pertanto, bene ha fatto a revocare l'aggiudicazione medio termine intervenuta. Questo fatto, a nostro avviso, benché privo di rilevanza penale, costituisce un elemento fortemente perturbatore della vendita, capace di incidere notevolmente sulla formazione di un giusto prezzo.

Quanto alla possibilità di ottenere la caducazione del nuovo decreto di trasferimento osserviamo quanto segue.

ai sensi dell’art. 2929 c.c., La nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. Gli altri creditori non sono in nessun caso tenuti a restituire quanto hanno ricevuto per effetto dell'esecuzione”.

Questa disposizione viene interpretata in modo tendenzialmente rigoroso dalla giurisprudenza.

Sul punto le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 28 novembre 2012, n. 21110 hanno affermato che questa è una norma di chiusura del sistema volta a far sì che, una volta intervenuta la vendita, possano essere opposte all'aggiudicatario di buona fede solo le nullità che abbiano eventualmente colpito direttamente la vendita stessa, aggiungendo poi, al di fuori della fase della vendita,Il sopravvenuto accertamento dell'inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l'esercizio dell'azione esecutiva non fa venir meno l'acquisto dell'immobile pignorato, che sia stato compiuto dal terzo nel corso della procedura espropriativa in conformità alle regole che disciplinano lo svolgimento di tale procedura, salvo che sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente. In tal caso, tuttavia, resta salvo il diritto dell'esecutato di far proprio il ricavato della vendita e di agire per il risarcimento dell'eventuale danno nei confronti di chi, agendo senza la normale prudenza, abbia dato corso al procedimento esecutivo in difetto di un titolo idoneo”, osservando che “sembra francamente eccessivo pretendere da lui ( l'aggiudicatario) una diligenza tale da imporgli di indagare sulla sussistenza e validità del titolo esecutivo per il quale si sta procedendo, volta che non sia stata disposta dal giudice la sospensione dell'esecuzione richiesta dall'esecutato o che, magari, nessuna contestazione sia stata neppure ancora sollevata in proposito al momento della vendita”.

In questi termini, anche Cass. Sez. 3, 27/08/2014 n. 18312, secondo la quale “In materia di vendita forzata, l'acquisto compiuto dall'aggiudicatario rimane fermo anche in presenza di nullità del procedimento esecutivo precedenti la vendita, ma fatte valere successivamente dal debitore esecutato o dal terzo che assuma di essere stato pregiudicato dall'esecuzione, salvo il caso di collusione fra aggiudicatario e creditore, che presuppone non la semplice mancanza di diligenza dell'acquirente nell'eseguire i controlli precedenti l'acquisto ma la consapevolezza della nullità e l'esistenza di un accordo in danno all'esecutato intervenuto fra acquirente e creditore”.

A proposito di questa massima va detto che sebbene essa sembri lasciare aperta la strada alla possibilità che l'opponente possa giovarsi degli effetti a lui favorevoli di un eventuale accoglimento dell'opposizione, anche nei confronti dell'aggiudicatario, va detto che ove si legga per esteso la sentenza (la quale richiama espressamente il precedente del 2012 sopra citato) la corte è chiara nel senso di ritenere che l'unica ipotesi di caducazione del decreto di trasferimento è quella della collusione tra aggiudicatario e creditore.

Riteniamo, pertanto, che intervenuto un nuovo decreto di trasferimento, le nullità che hanno preceduto la vendita non potranno travolgerlo. E che di nullità precedente alla vendita lo ricaviamo dall'osservazione per cui l'atto eventualmente viziato è quello con cui è stata revocata la precedente aggiudicazione, che è provvedimento che appartiene ad una fase precedente alla (nuova) fase della vendita, e che si è chiusa con l'adozione della nuova ordinanza di vendita.

Quanto ai tempi del ricorso cautelare, essi variano molto in base al carico del singolo magistrato, con la precisazione che si tratta, normalmente, di carichi assolutamente enormi ed umanamente ingestibili, tanto da collocarsi al primo posto in Europa.

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