responsabilità ex art. 2051 del custode giudiziario

  • 5,9K Viste
  • Ultimo messaggio 14 maggio 2018
pm88 pubblicato 12 settembre 2017

Buongiorno, vorrei porre la seguente questione:

nel caso in cui un immobile- posto sotto sequestro ed affidato ad un custode giudiziario nominato dal Tribunale (si sottolinea che l'immobile continua ad essere abitato)- abbia cagionato dei danni a terzi, il Custode può essere chiamato a rispondere ai sensi dell'art. 2051 per responsabilità delle cose in custodia ?

in attesa di un riscontro,

cordiali saluti

PMM 

Ordina per: Standard | Il più nuovo | Voti
inexecutivis pubblicato 14 settembre 2017

La risposta al quesito impone il preliminare richiamo ad alcuni dati normativi.

Ai sensi dell’art. 65 c.p.c., compito del custode è quello di conservare ed amministrare i beni sequestrati o pignorati.

Stessa disposizione si rinviene nell’art. 560, ultimo comma, c.p.c., che attribuisce al custode il compito di “amministrazione e gestione” del bene pignorato affidato alla sua custodia.

Egli, inoltre, ai sensi dell’art. 67, comma secondo, c.p.c. è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.

Quindi, certamente, il custode può essere chiamato a rispondere del danno arrecato alla cosa in custodia, se non l’ha esercitata con la diligenza del buon padre di famiglia.

Fatta questa premessa, affinché il custode sia chiamato a rispondere dei danni cagionati all’immobile è necessario che egli possa esercitare di fatto un potere di controllo sul bene, potere che viene meno allorquando il debitore permane nella disponibilità dell’immobile (a meno che, ovviamente, ciò non si verifichi per colpa del custode medesimo). In questi casi ci sembra corretta la prevalente opinione dottrinaria, secondo la quale i danni arrecati all’immobile dal debitore che occupi il medesimo non possono ascriversi alla responsabilità del custode, in quanto non è identificabile il capo a questi una condotta esigibile, capace di prevenire tali condotte. Detto altrimenti, è difficile ipotizzare quale iniziativa il custode avrebbe potuto adottare per evitare che il debitore, nel lasciare l’immobile, lo danneggi.

 

Questi concetti sono stati più volte espressi dalla Corte di Cassazione in tema di locazione, laddove si è affermato che “poiché la responsabilità ex art. 2051 c.c. implica la disponibilità giuridica e materiale del bene che dà luogo all'evento lesivo, al proprietario dell'immobile locato sono riconducibili in via esclusiva i danni arrecati a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione, mentre grava sul solo conduttore la responsabilità per i danni provocati a terzi dagli accessori e dalle altre parti dell'immobile, che sono acquisiti alla sua disponibilità”. (Affermando tale principio, la S.C. ha riconosciuto la responsabilità del conduttore per i danni causati da infiltrazioni d'acqua a seguito della rottura di un tubo flessibile esterno all'impianto idrico, sostituibile senza necessità di interventi demolitori sui muri. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21788 del 27/10/2015).

paganao6 pubblicato 11 maggio 2018

Con tutto il rispetto, visto che ho letto questa stessa tesi sotto altre domande poste in questo forum, vorrei dire che mi sembra si sia andati leggermente fuori strada.

L'art. 2051 c.c. non rileva nel caso di specie (tratta di responsabilità per danni provocati a terzi dalla cosa detenuta in custodia). La fonte di responsabilità, in casi analoghi a quelli oggetto del parere, è unicamente l'art. 67 c.p.c..

Anche questo è fonte di responsabilità extracontrattuale, ma non già nei rapporti tra cosa in custodia e terzo danneggiato, ma tra custode e proprietario della res. Ed è extracontrattuale perchè l'interesse protetto non è quello del contraente che si avvale della prestazione del custode, ma l'interesse pubblico alla custodia della cosa pignorata o sequestrata (infatti, è ovvio, il custode giudiziario è un ausiliario del giudice, non della parte processuale titolare di diritto reale sulla res).

inexecutivis pubblicato 14 maggio 2018

In realtà non ci sembra affatto di essere andati fuori strada, e per vero il concetto da noi espresso non è sostanzialmente diverso rispetto a quello da lei esplicitato.

Come avrà notato, anche noi abbiamo affermato, a proposito del custode, che “Egli, inoltre, ai sensi dell’art. 67, comma secondo, c.p.c. è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.

Quindi, certamente, il custode può essere chiamato a rispondere del danno arrecato alla cosa in custodia, se non l’ha esercitata con la diligenza del buon padre di famiglia.

Ciò che abbiamo aggiunto, confortati sul punto dalla prevalente dottrina e dalla pressoché unanime giurisprudenza, è che la responsabilità del custode per danni alla cosa postula, a prescindere da come la si voglia incastonare “che egli possa esercitare di fatto un potere di controllo sul bene, potere che viene meno allorquando il debitore permane nella disponibilità dell’immobile (a meno che, ovviamente, ciò non si verifichi per colpa del custode medesimo). In questi casi ci sembra corretta la prevalente opinione dottrinaria, secondo la quale i danni arrecati all’immobile dal debitore che occupi il medesimo non possono ascriversi alla responsabilità del custode, in quanto non è identificabile il capo a questi una condotta esigibile, capace di prevenire tali condotte. Detto altrimenti, è difficile ipotizzare quale iniziativa il custode avrebbe potuto adottare per evitare che il debitore, nel lasciare l’immobile, lo danneggi”.

Aggiungiamo infine che, l’affermazione della natura extracontrattuale della responsabilità del custode ai sensi dell’art. 67 c.p.c. non è affatto pacifica in dottrina, poiché mentre taluni qualificano la responsabilità coniata da questa norma come di tipo aquiliano, altra dottrina dottrina ritiene che si tratterebbe di una responsabilità contrattuale, con tutte le conseguenze che questo determina in punto di prescrizione, riparto dell’onere della prova, ecc., essendosi ulteriormente specificato, da altri, che si dovrebbe parlare di responsabilità contrattuale da contatto sociale qualificato, la quale implicherebbe l’assunzione dei c.d. doveri di protezione, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.,  che deriverebbero direttamente dagli obblighi e dai divieti imposti al custode dalla legge o dal Giudice.

Anche in giurisprudenza sono state affacciate entrambe le prospettazioni. Secondo un primo orientamento (Cass. 17/02/1995, n. 1730) si sarebbe in presenza di una responsabilità contrattuale: in particolare, con riguardo alla responsabilità del curatore fallimentare (custode ex lege dei beni del fallito) nei confronti dell’aggiudicatario si è richiamato espressamente il principio generale in tema di inadempimento delle obbligazioni posto dall’art. 1218 c.c.

Altra giurisprudenza ha sostenuto in passato la tesi della natura extracontrattuale della responsabilità del custode verso le parti del processo, affermando – con riferimento al custode di cose sequestrate in sede penale ai sensi dell'art. 344 c.p.p. abrogato e degli artt. 65, 66 e 67 c.p.c., ma sancendo un principio estendibile al custode dell’immobile pignorato – che opera esclusivamente per conto del giudice al cui controllo è sottoposto come suo ausiliario (così Cass. 24/05/1997, n. 4635).

Close