La consegna dell’immobile costituisce uno specifico obbligo del custode. In giurisprudenza (Cass., sez. I, 17 febbraio 1995, n. 1730) è stato in proposito affermato che “Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore”.
Il contenuto di questo obbligo si sostanzia nello svolgimento delle attività necessarie per procurare all’aggiudicatario la materiale disponibilità del bene.
Tale attività consiste normalmente nella consegna delle chiavi di accesso. Quanto al luogo, in assenza di accordo la consegna deve avvenire presso l’immobile, ai sensi dell’art. 1182, comma secondo, c.p.c.
Connesso, ma parzialmente distinto, al tema della consegna del bene, è quello relativo alla sua liberazione.
Qui il tema è sostanzialmente quello relativo alla possibilità che anche in sede fallimentare possa essere adottato l’ordine di liberazione di cui all’art. 560, comma terzo, c.p.c.
La giurisprudenza di merito (in questo senso, Tribunale, Reggio Emilia, sez. fallimentare, sentenza 26/10/2013) lo ammette quando la vendita si svolge secondo le prescrizioni del codice di procedura civile.
Più recentemente (Trib. Mantova, 13 ottobre 2016) si è aggiunto che anche quando la vendita si sia svolta mediante procedure competitive questa possibilità deve ritenersi praticabile. A questo proposito si è osservato che sebbene sia il curatore che sceglie, con il programma di liquidazione, le modalità di vendita dei beni, optando - ai sensi del comma 1 o del comma 2 dell'art. 107 l.fall. - per le procedure competitive ovvero per la liquidazione in base alle norme del codice di procedura civile, la scelta per l’una o l’altra modalità non incide sulla natura delle vendite medesime, trattandosi comunque di vendite coattive, attuate cioè contro la volontà del fallito, con la conseguenza che nell’uno e nell’altro caso deve ritenersi ammissibile la possibilità di adottare l’ordine di liberazione.
Detto questo, il consiglio che ci sentiamo di offrire è quello di diffidare formalmente il curatore alla consegna del bene, avvertendolo che in difetto sarà informato il Giudice del suo inadempimento.