procedura esecutiva contro società fallita - spese campione fallimentare prenotate a debito

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  • Ultimo messaggio 23 gennaio 2021
duogy pubblicato 21 gennaio 2021

Buongiorno. Seguo una procedura esecutiva promossa in forza di mutuo fondiario ai danni di società fallita. Il Curatore mi ha presentato la nota di precisazione del credito indicandomi le spese prenotate a debito del campione fallimentare per circa € 1000,00. Io avrei riconosciuto tali spese in prededuzione. Il legale del creditore fondiario contesta tale scelta, sostenendo che non essendo spese effettivamente sborsate dal fallimento non andrebbero riconosciute in prededuzione. A quanto mi consta l'art. 91 della l.f. è stato abrogato, però dovrebbe trovare applicazione l'art.146 del TU 115/2002 in materia di spese di giustizia (..Le spese prenotate a debito o anticipate sono recuperate, appena vi sono disponibilità liquide, sulle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo...). E' corretto applicare l'art. 146 del citato TU? Grazie infinite.

inexecutivis pubblicato 23 gennaio 2021

Il tema si pone spesso nella prassi giudiziaria, e vede soventi contrapposti il curatore fallimentare e il creditore fondiario.

Secondo una prima opinione, il Giudice dell’esecuzione non ha alcun potere di riconoscere al fallimento intervenuto le spese prededucibili ex art. 111, comma primo n. 1), l. fall.. (oggi art. 221, comma primo, let. a) del codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza). Ciò in ragione del fatto che la composizione delle contrapposte ragioni di credito dei diversi creditori non può avvenire nell’esecuzione forzata per credito fondiario, potendo essere regolata esclusivamente in ambito fallimentare, unico contesto in cui può essere applicato il principio della par condicio tra tutti i creditori della massa, né il giudice dell’esecuzione ha il potere di accertare i crediti nei confronti della massa o di formare una ripartizione che competa agli organi della procedura concorsuale.

Infine, rileva il dato per cui a norma del quarto comma dell’art. 41 TUB con il provvedimento con cui ordina la vendita o l’assegnazione, il giudice dell’esecuzione dispone che l’aggiudicatario o l’assegnatario, che non intendano avvalersi della facoltà di subentrare nel contratto di finanziamento prevista dal quinto comma del medesimo art. 41, versino direttamente alla banca la parte del prezzo corrispondente al complessivo credito della stessa, con la conseguenza che il versamento diretto in favore del creditore fondiario si risolve nella presa d’atto di un pagamento già avvenuto.

A giudizio di una meno rigorosa (ma forse più convincente) impostazione, invece, se il credito prededucibile è stato già definitivamente accertato in sede concorsuale, di esso potrà tenere conto anche il Giudice dell’esecuzione individuale.

Il presupposto di questa affermazione è quello per cui, se quello del creditore fondiario è un privilegio di carattere meramente processuale, e se dunque l’attribuzione è provvisoria, è inutile attribuirgli (provvisoriamente) quella porzione di ricavato dalla vendita che certamente non gli spetterà in sede di riparto fallimentare, e cioè quella porzione di ricavato che copre le spese prededucibili.

Del resto, è questa medesima premessa che supporta il convincimento per cui al creditore fondiario non potrà essere riconosciuta quella porzione di credito che non gode del privilegio ipotecario.

Va precisato, tuttavia, che affinché questa decurtazione possa operare è necessario che il credito prededucibile sia stato definitivamente accertato secondo quanto prescritto dall’art. 111-bis l.fall. (oggi art. 222 del codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza), e dunque:

se si tratta di crediti contestati occorrerà che il loro importo sia stato definitivamente stabilito in sede fallimentare ed inserito in un piano di riparto approvato dal Giudice dell’esecuzione, secondo quanto prescritto dal primo comma dell’art. 111-bis;

se invece si tratta di crediti non contestati per collocazione e per ammontare (ed è questa la categoria nella cui perimetro possono essere ascritti i crediti per IMU e TASI) occorrerà acquisire in sede esecutiva il provvedimento con cui, in seno alla procedura fallimentare, ne è stato autorizzato il pagamento dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato.

Le medesime direttrici interpretative devono orientare anche il riconoscimento, in sede esecutiva, della quota parte del compenso dovuto al curatore: la sua decurtazione dalla somma da riconoscere al creditore fondiario sarà possibile solo in presenza del decreto di liquidazione adottato dal Tribunale e di un provvedimento del Giudice delegato che indichi in quale misura quel compenso deve gravare sul ricavato dalla vendita del bene garantito da ipoteca.

Si ricorda, infatti, che la ratio del versamento diretto è quella di accorciare i tempi entro i quali la banca recupera il suo credito, ma non di più, per cui sarebbe eccentrica rispetto al fine del legislatore una attribuzione tout court del prezzo versato dall’aggiudicatario, poiché in questo modo gli si riconoscerebbe anche un surplus che certamente l’istituto di credito dovrà restituire.

Sull’argomento deve registrarsi l’intervento di Cass., sez. III, 28 settembre 2018, n. 23482, che è stata chiamata ad occuparsi di una procedura esecutiva per credito fondiario, proseguita dunque nonostante il fallimento del debitore, in cui il curatore aveva chiesto, invano, che in sede di distribuzione del ricavato, nel determinare la somma da attribuire al creditore fondiario, fossero scorporate, con versamento in favore della curatela, di crediti prededucibili riconosciuti in sede fallimentare (si trattava del credito per ICI e degli oneri condominiali relativi all’immobile, nonché del compenso spettante alla curatela fallimentare).

Come detto, la richiesta era stata rigettata sia dal giudice dell’esecuzione che dal tribunale all’esito della celebrazione del giudizio di merito, essenzialmente in ragione del fatto che ai sensi dell’art. 41, comma 4, TUB il creditore fondiario ha diritto a ricevere tutto il ricavato dalla vendita, per la porzione corrispondente al suo credito complessivo, e che la prededuzione riconosciuta in ambito concorsuale non gode di alcun privilegio in sede di esecuzione individuale.

Orbene, nel decidere il ricorso proposto dalla curatela, la Corte ha affermato che nell’ambito di un’azione esecutiva iniziata o proseguita dal creditore fondiario, ai sensi dell’art. 41 del d.lgs. n. 385/1993, nei confronti del debitore fallito, il curatore che intenda ottenere la graduazione di crediti di massa maturati in sede fallimentare a preferenza di quello fondiario, e quindi l’attribuzione delle relative somme con decurtazione dell’importo attribuito all’istituto procedente, dovrà costituirsi nel processo esecutivo e documentare l’avvenuta emissione da parte degli organi della procedura fallimentare di formali provvedimenti (idonei a divenire stabili ai sensi dell’art. 26 l.fall., oggi art. 124 del codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza) che (direttamente o quanto meno indirettamente, ma inequivocabilmente) dispongano la suddetta graduazione.

Ciò in quanto il giudice dell’esecuzione deve effettuare la distribuzione provvisoria delle somme ricavate dalla vendita sulla base dei provvedimenti (anche non definitivi) emessi in sede fallimentare ai fini dell’accertamento, della determinazione e della graduazione di detto credito fondiario. La distribuzione così operata dal giudice dell’esecuzione ha comunque carattere provvisorio e può stabilizzarsi solo all’esito degli accertamenti definitivi operati in sede fallimentare, legittimando in tal caso il curatore ad ottenere la restituzione delle somme eventualmente riscosse in eccedenza.

Dunque, in definitiva, non si tratta tanto di verificare se è applicabile o meno l'art. 146 TUSG, ma di verificare se il gd ha pronunciao o meno il provvedimento che consenta al curatore di richiedere la prededuzione.

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