inexecutivis
pubblicato
22 ottobre 2019
Rispondiamo alla sua domanda osservando che le vendite fallimentari sono disciplinate dall’art. 107 l.fall., il quale contiene una disciplina solo in parte sovrapponibile con quella esecutiva.
In primo luogo la norma prevede genericamente che le vendite debbano svolgersi mediante “procedure competitive”, senza prescrivere l’obbligo di osservare le disposizioni di cui al codice di procedura civile.
Si tratta di una novità introdotta nel sistema fallimentare dal d.lgs n. 5/2006 il quale ha “deformalizzato” le vendite fallimentari, liberandole dall’obbligo di osservanza delle norme del codice di procedura civile (obbligo che prima della riforma costituiva un paradigma delle vendite fallimentari), imponendo comunque che siano osservati tre parametri di fondo:
l’adozione di procedure competitive;
il valore di stima come base di partenza della vendita;
la garanzia di massima informazione e partecipazione degli interessati per il tramite di adeguate forme di pubblicità.
La procedura competitiva è quella nella quale l’aggiudicatario viene selezionato attraverso una “competizione”, appunto, tra gli offerenti, competizione che taluna dottrina ritiene doversi svolgere attraverso una vera e propria “gara”, tendente al conseguimento del più alto prezzo possibile.
Il programma di liquidazione, tuttavia, può prevedere che “le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate… secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili”.
Ciò detto, e venendo al caso di specie, riteniamo che la spiegazione dell’anomalia che anche secondo noi sussiste potrebbe spiegarsi con il fatto che si è al cospetto di una procedura competitiva, nella quale l’istituto dell’offerta minima non trova applicazione, con la conseguenza che l’offerente ha ritenuto di dover formulare una offerta di acquisto per un importo di gran lunga inferiore al prezzo base.