A nostro avviso, nel suo caso specifico, le spese di liberazione del bene non possono essere poste a carico della procedura.
Com’è noto, ai sensi del novellato terzo comma dell’art. 560 c.p.c., Il giudice dell'esecuzione dispone, con provvedimento impugnabile per opposizione ai sensi dell’art. 617, la liberazione dell'immobile pignorato senza oneri per l’aggiudicatario o l’assegnatario o l’acquirente, quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, ovvero quando revoca l’autorizzazione, se concessa in precedenza, ovvero quando provvede all'aggiudicazione o all'assegnazione dell'immobile.
Aggiunge poi il comma quarto che Il provvedimento è attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare.
Questa norma recepisce la prassi, adottata in molti tribunali, di considerare la liberazione dell’immobile funzionale agli interessi della procedura (poiché un immobile che si offre in vendita come libero è più appetibile, e dunque consente un ricavo più alto), ed ha determinato il definitivo superamento del contrario indirizzo a mente del quale poiché la liberazione dell’immobile veniva eseguita (ai sensi del quarto comma dell’art. 560 c.p.c.) “nell’interesse dell’aggiudicatario”, le relative spese dovevano essere sopportate da costui.
Tuttavia, da essa ci sembra sia possibile ricavare il precipitato per cui le spese che possono gravare sulla procedura sono quelle sostenute dal custode per l’esecuzione dell’ordine di liberazione, e tali non sono le spese che abbia sostenuto in proprio l’aggiudicatario (che verosimilmente ha agito ai sensi degli art. 605 e ss c.p.c. mettendo in esecuzione il decreto di trasferimento, che ai sensi dell’art. 589, ultimo comma, c.p.c. costituisce titolo esecutivo per il rilascio).
Si tenga presente, inoltre, che la liberazione dell’immobile attiene comunque alla custodia dello stesso, sebbene di essa costituisca, per così dire, il momento finale, e gli atti ad essa relativi devono costituire oggetto di autorizzazione da parte del Giudice (anche se molto si discute in ordine alla possibilità che atti di amministrazione “minimi” possano essere compiuti dal custode autonomamente).
Il comma quinto dell’art. 560 dispone infatti che “Il custode provvede in ogni caso, previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione, all'amministrazione e alla gestione dell'immobile pignorato ed esercita le azioni previste dalla legge e occorrenti per conseguirne la disponibilità”. Egli, inoltre, ai sensi dell’art. 593 c.p.c., deve rendere trimestralmente il conto della gestione.
In definitiva, se l’aggiudicatario avesse voluto ottenere la disponibilità dell’immobile con oneri a carico della procedura avrebbe dovuto chiedere al Giudice dell’esecuzione l’emissione e l’esecuzione (a cura del custode) dell’ordine di liberazione.
Si tenga inoltre presente, che anche nell’esecuzione per rilascio il creditore non può chiedere sic et sempliciter al debitore il rimborso delle spese sostenute, poiché esse devono essere oggetto di specificazione da parte dell’ufficiale giudiziario, e di liquidazione ad opera del Giudice a norma dell’art. 611 c.p.c.
L’unica cosa che l’aggiudicatario potrà fare, se è in possesso del predetto decreto di liquidazione (che costituisce titolo esecutivo in forza della citata disposizione), sarà quella di intervenire nell’esecuzione.
Diversamente, delle spese che egli ha sostenuto, non potrà che chiedere il rimborso all’occupante.
Quanto alla seconda domanda, concordiamo con le sue osservazioni. Il credito dell’aggiudicatario è un credito di rivalsa che egli ha nei confronti del debitore, credito che sorgerà nel momento in cui avrà pagato. Peraltro, non si tratta affatto di spese sostenute nell’interesse della procedura, per cui non si comprende per quale ragione dovrebbero gravare sula medesima.
Vale tuttavia anche qui quanto detto per le spese di liberazione: se l’aggiudicatario si munisce di titolo esecutivo nei confronti del debitore potrà spiegare intervento.