Possibile annullare la vendita per errore nell'ordinanza?

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  • Ultimo messaggio 14 gennaio 2019
michelagrotto pubblicato 10 gennaio 2019

Salve,

mi sono aggiudicata un lotto (un immobile) di un fallimento. Nella perizia c'era scritto che l'immobile era occupato con contratto d'affitto del 14.12.2006 (antecedente al pignoramento) rinnovato automaticamente ogni 4 anni (a meno di disdetta da dare con 6 mesi di anticipo). Nell'ordinanza (avviso di vendita), alla voce "stato di occupazione" c'era scritto: "utilizzato da terzi con contratto di locazione del quale è stata data comunicazione al conduttore del recesso". Pertanto si deduceva che il contratto sarebbe terminato il 13.12.2018. Dopo l'aggiudicazione è emerso che la raccomandata con la comunicazione del recesso NON è stata inviata nei tempi previsti (5 mesi e alcuni giorni prima anzichè sei) e quindi l'inquilino ha diritto a rimanere altri 4 anni nell'immobile. 

Questo errore nell'ordinanza (che scriveva di aver recesso il contratto quando invece non ha rispettato i tempi per farlo) può consentirmi di far annullare la vendita?  Il curatore dice di non aver commesso alcun errore e che la disdetta è stata data!

A chi devo rivolgermi?

Grazie per l'aiuto che mi darete

inexecutivis pubblicato 14 gennaio 2019

A nostro avviso, la soluzione del problema prospettato va individuata nell'art. 1489 c.c. il quale disciplina la cosiddetta "evizione limitativa" prevedendo l'ipotesi in cui, al momento della vendita, la cosa fosse gravata da diritti reali, personali di godimento o oneri reali in favore di terzi. Questo istituto, secondo l'opinione prevalente, si distingue sia della garanzia per evizione (in quanto il terzo fa valere un suo diritto minore sulla cosa senza disconoscere l'acquisto in capo il compratore) che dalla garanzia per i vizi (poiché in questo caso si è in presenza di un acquisto comunque integro dal punto di vista materiale).

Si giustifica pertanto la comune affermazione per cui l'evizione parziale si caratterizza per il suo carattere quantitativo, indicando il mancato acquisto di una parte della cosa, mentre l'istituto dell'art. 1489 c.c., ha carattere qualitativo poiché disciplina il caso dell'acquisto di un diritto non esercitabile in tutto il suo normale contenuto.

Così si esprime la giurisprudenza (cass. 24 giugno 2014, numero 14324, la quale ha affermato che "in tema di compravendita, l'evizione totale o parziale si verifica solo quando l'acquirente sia privato, in tutto o in parte, del bene alienato, mentre, nell'ipotesi in cui, inalterato il diritto nella sua estinzione quantitativa, risulti inesistente la servitù attiva che il venditore abbia dichiarato nel contratto, si determina al pari dell'ipotesi di esistenza di una servitù passiva non dichiarata, la mancanza di una qualits fundi, con conseguente applicazione dell'art. 1489 c.c. estensivamente interpretato, il quale, oltre ai rimedi sinallagmatici della risoluzione e della riduzione del prezzo consente anche il suo risarcimento del danno".

Dalla lettura della norma si evince che le limitazioni di godimento da essa prese in considerazione sono i diritti reali limitati, i diritti personali e gli oneri. Proprio alla categoria dei diritti personali devono essere certamente ascritte le locazioni. Questo convincimento risulta anche in giurisprudenza (Cass. 4 novembre 2005, n. 21384) ove si è detto che (In tema di esecuzione per espropriazione forzata, qualora l'immobile aggiudicato risulti gravato da diritti reali non apparenti nè indicati negli atti della procedura, senza che l'aggiudicatario sia a conoscenza della situazione reale, deve riconoscersi a questo il diritto a far valere non la garanzia per evizione, limitata al solo diritto di proprietà, ma quelle di cui all'art. 1489 cod. civ. secondo le regole comuni, tenuto conto che tali regole incontrano una deroga nella vendita forzata solo con riguardo alla garanzia per vizi, esclusa dall'art. 2922, primo comma, cod. civ.. Altrettanto vale con riferimento al caso in cui l'immobile espropriato sia gravato da un diritto personale (nella specie locazione), sottoposto dall'art. 1489 cod. civ. allo stesso trattamento dei diritti reali).

In conclusione, il rimedio risolutorio è utilizzabile, con l'avvertenza che secondo la più recente giurisprudenza esso deve essere esperito nel breve termine di cui all'art. 617 c.p.c., e dunque nel termine di giorni 20 decorrenti dal momento in cui il diritto personale di godimento di cui il terzo era titolare è stato conosciuto o era conoscibile utilizzando l'ordinaria diligenza (Cass. 29 gennaio 2016, n. 1669; Ordinanza n. 11729 del 11/05/2017)

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