Perizia, non rileva abusi

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gianluc85 pubblicato 25 giugno 2019

Gentile,    Staff di Asta Legale

Avrei da porre alla Vostra attenzione i seguenti quesiti:

in seguito ad una perizia errata, che non riporta la presenza di un abuso poi riscontrato nel bene pignorato, aggiudicato, e successivo Decreto di trasferimento. E' possibile che venga richiesto dalla parte esecutata artefice dell'abuso, l'annullameno del Decreto di trasferimento a distanza di alcuni mesi dalla trascrizione al pubblico registro.  Specifico, che il DT risponde allo stato di fatto dell'immobile. Ritengo sia abbastanza possibile una rivalza nei confronti del perito estimatore che in modo colposo o doloso non ha riportato la difformità dello stato di fatto dell'immobile, a quanto riportato nella concessione edilizia approvata, quindi un vizio ( abuso) in danno al nuovo proprietario, che dovrà affrontare delle spese impreviste, non menzionate in alcun modo nella perizia di stima. Da quando decorre il termine per una eventuale rivalza, dal deposito della perizia in cancelleria, o dal momento in cui vi è la consapevolezza da parte del nuovo proprietario ? Ma, quali potrebbero essere le possibili ripercussioni sulla stessa procedura, considerando che ha quanto mi risulta non vi sono state in precedenza opposizioni.  E' possibile accedere agli atti della procedura esecutiva da parte del nuovo proprietario al fine di esaminare direttamente la questione ?

Vi ringrazio,

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inexecutivis pubblicato 05 luglio 2019

La domanda è abbastanza articolata, e tale deve necessariamente essere anche la risposta.

A norma dell’art. 173-bis disp. att. c.p.c., nell’elaborato peritale l’esperto stimatore è tenuto a riportare (tra l’altro):

- “La verifica della regolarità edilizia e urbanistica del bene nonché l’esistenza della dichiarazione di agibilità dello stesso previa acquisizione o aggiornamento del certificato di destinazione urbanistica previsto dalla vigente normativa”;

- “In caso di opere abusive, il controllo della possibilità di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e gli eventuali costi della stessa; altrimenti, la verifica sull’eventuale presentazione di istanze di condono, indicando il soggetto istante e la normativa in forza della quale l’istanza sia stata presentata, lo stato del procedimento, i costi per il conseguimento del titolo in sanatoria e le eventuali oblazioni già corrisposte o da corrispondere; in ogni altro caso, la verifica, ai fini della istanza di condono che l’aggiudicatario possa eventualmente presentare, che gli immobili pignorati si trovino nelle condizioni previste dall’art. 40, comma 6, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ovvero dall’art. 46, comma 5 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, specificando il costo per il conseguimento del titolo in sanatoria”;

Una perizia completa evita possibili future contestazioni e incentiva all'acquisto, poiché un paniere informativo ampio soddisfa la fondamentale esigenza di qualunque potenziale offerente di conoscere nel modo più dettagliato possibile ciò che si accinge ad acquistare. Emblematica, sul punto, Cass. 2 aprile 2014, n. 7708, secondo la quale “il bando di vendita – e, prima di esso, l’ordinanza del giudice che pone in vendita il bene, a sua volta fondata sulla descrizione datane nel pignoramento prima e nella relazione dell’esperto poi – corrisponde a quella che, nella vendita volontaria, sarebbe una proposta contrattuale di compravendita.

Ciò premesso, andrebbe verificato in primo luogo se l’abuso riscontrato è sanabile o meno.

Si ricorda, infatti, che a differenza di quanto avviene in occasione dei trasferimenti negoziali, i quali in forza dell’art. 46 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), sono nulli se hanno ad oggetto immobili abusivi non sanati, il trasferimento in sede esecutiva non soggiace a questa nullità tanto che il citato art. 46 prevede che l’aggiudicatario, qualora l’immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare la relativa domanda entro il termine di centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dall’autorità giudiziaria.

Se si trattasse di immobile non sanabile, potrebbe prospettarsi una ipotesi di aliud pro alio, che secondo la giurisprudenza va ravvisato anche quando, successivamente al trasferimento, la cosa oggetto della vendita forzata risulti del tutto inidonea, nella considerazione economico-sociale, ad assolvere la funzione propria della cosa, quale risultante dagli atti del procedimento; così individuandosi il tratto distintivo dell'aliud pro alio, sub specie di mancanza delle particolari qualità della cosa necessaria ad assolvere la sua funzione economico-sociale rispetto al vizio redibitorio (che rientra, invece, nell'area dell'art. 2722 cod. civ.) in una situazione di radicale e definitiva compromissione della destinazione della cosa all'uso che, preso in considerazione nell'ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l'offerta dell'aggiudicatario” (così si è espressa Cass. Sez. III, 29 gennaio 2016, n. 1669 in una fattispecie in cui la situazione di inagibilità dell'immobile era temporanea).

In presenza di una ipotesi di aliud pro alio la giurisprudenza ritiene esperibile il rimedio della risoluzione, in applicazione delle regole generali sulla compravendita.

Discussi sono invece i limiti temporali entro i quali il rimedio può essere fatto valere.

In passato si contendevano il campo due tesi dottrinarie. La prima riteneva l’aggiudicatario un acquirente tout court, e dunque, titolare degli stessi rimedi processuali generalmente riconosciuti in caso di vendita di aliud pro alio; la seconda invece argomentava nel senso che, poiché la vendita si inserisce nell’ambito di un iter processuale con regole sue proprie, ad essa soggiace, con la conseguenza che l’aliud pro alio deve essere fatto valere nei limiti dell’opposizione agli atti esecutivi.

Anche in giurisprudenza si riscontrava un certo contrasto.

Nella sentenza n. 4378 del 20 marzo 2012 (Pres. Filadoro, Est. Barreca), si è affermato, in continuità con precedenti arresti della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. III, 13 maggio 2003, n. 7294; Sez. II, 3 ottobre 1991, n. 10320) che mentre i soggetti del processo esecutivo, diversi dall’aggiudicatario, possono fare valere la diversità del bene venduto rispetto a quello staggìto soltanto con una (tempestiva) opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento di aggiudicazione e gli atti successivi e conseguenti, l’acquirente aggiudicatario ha a disposizione gli stessi strumenti di tutela azionabili in caso di vendita volontaria.

In consapevole contrasto con questa pronuncia si è invece posta la sentenza n. 7708 del 2 aprile 2014, (Pres. Russo, Est. De Stefano), secondo cui l’aggiudicatario di un bene pignorato ha l’onere di far valere l’ipotesi di aliud pro alio (che si configura ove la cosa appartenga a un genere del tutto diverso da quello indicato nell’ordinanza, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere la sua naturale funzione economico-sociale, oppure risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all’uso che, preso in considerazione nell’ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto) con il solo rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi e quest’ultima deve essere esperita comunque - nel limite temporale massimo dell’esaurimento della fase satisfattiva dell’espropriazione forzata, costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione - entro il termine perentorio di venti giorni dalla legale conoscenza dell’atto viziato, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo una diligenza ordinaria.

Quest’ultimo indirizzo è stato poi confermato, seppur meglio precisato, dalla sentenza 29 gennaio 2016, n. 1669, e dalla Ordinanza n. 11729 del 11/05/2017, le quali hanno affermato che il termine di cui all’art. 617 c.p.c. “decorre dalla conoscenza del vizio o delle difformità integranti la diversità del bene aggiudicato rispetto a quello offerto, occorrendo, conseguentemente, anche fornire la prova della tempestività della relativa opposizione all’interno del processo esecutivo”.

Infine, ricordiamo che l’aggiudicatario è parte processuale (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 17861 del 31/08/2011; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 24550 del 18/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 47 del 05/01/1996) e dunque ha accesso agli atti del fascicolo.

gianluc85 pubblicato 15 luglio 2019

Vi ringrazio per la risposta,

e vorrei sottoporre alla Vostra attenzione una ulteriore domanda.
Essendo il perito estimatore ausiliario del Giudice, ed interno alla procedura stessa alla quale non e possibile produrre opposizioni, se non nei termini da Voi esaustivamente comunicati. Se l'errore contenuto nella perizia, che non riporta la presenza di un abuso, dovesse assumere  livelli importanti riguardo gli oneri che l'aggiudicatario e nuovo proprietario si deve assumere in modo imprevisto, per riportare l'immobile acquistato nella procedura ad una piena integrità e regolarità urbanistica. In quale veste appare la responsabilità del perito, nei confronti dell'aggiudicatario, nel caso di una eventuale rivalza.


Vi ringrazio anticipatamente per una Vostra risposta, alla mia domanda.

inexecutivis pubblicato 19 luglio 2019

ggiace alle regole generali in tema di responsabilità civile, e dunque all’art. 2043 c.c., che impone l'obbligo del risarcimento del danno a colui che compie un fatto illecito con dolo o colpa.

Quella dello stimatore, è una obbligazione di mezzi, e dunque la diligenza dovuta è quella di cui all’art. 1176, comma secondo, c.p.c.; se poi nello svolgimento dell’incarico egli è stato chiamato a svolgere di prestazioni di particolare difficoltà, la sua diligenza dovrà essere valutata secondo i criteri di cui all’art. 2236 c.c.. In questi termini si è pronunciata Cass. 2.2.2010, n. 2359, con riferimento al caso in cui lo stimatore aveva erroneamente determinato la superficie di un immobile pignorato.

Più in generale, secondo la giurisprudenza “L'esperto nominato dal giudice per la stima del bene pignorato è equiparabile, una volta assunto l'incarico, al consulente tecnico d'ufficio, sicché è soggetto al medesimo regime di responsabilità ex art. 64 c.p.c., senza che rilevi il carattere facoltativo della sua nomina da parte del giudice e l'inerenza dell'attività svolta ad una fase solo prodromica alla procedura esecutiva. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di condanna dell'ausiliare, che aveva proceduto a stima viziata, per difetto, nel computo della superficie dell'immobile, al risarcimento dei danni in favore di coloro cui era stata revocata, in conseguenza di tale errore, l'aggiudicazione in sede esecutiva)”. (Cass., 18.9.2015, n. 18313).

Nello stesso solco si è collocata, per altro recentemente, Cass., 23.6.2016, n. 13010, la quale ha affermato che “Il perito di stima nominato dal giudice dell'esecuzione risponde nei confronti dell'aggiudicatario, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per il danno da questi patito in virtù dell'erronea valutazione dell'immobile staggito, solo ove ne sia accertato il comportamento doloso o colposo nello svolgimento dell'incarico, tale da determinare una significativa alterazione della situazione reale del bene destinato alla vendita, idonea ad incidere causalmente nella determinazione del consenso dell'acquirente. (Nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità del perito in relazione ai costi sostenuti dall'aggiudicatario per la regolarizzazione urbanistica dell'immobile acquistato, maggiori rispetto a quelli indicati in perizia, evidenziando come gli stessi fossero ricollegabili ad una disattenzione dell'acquirente, che non aveva considerato la mancanza, pur rappresentata dall'ausiliario nel proprio elaborato, di alcuni documenti importanti ai fini della valutazione di tali oneri)”.

gianluc85 pubblicato 27 luglio 2019

Grazie molte,  per le Vostre risposte.

inexecutivis pubblicato 27 luglio 2019

Grazie a lei

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