Ordine di liberazione immobile: tempi

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terraneo86 pubblicato 03 agosto 2018


Gentile, Staff  di  Asta Legale


Avrei da sottoporvi alcuni quesiti, successivi a questa iniziale premessa esplicativa:


Vi è stata l'aggiudicazione di un immobile all'asta ( occupato dalla parte esecutata ) in data Luglio 2017, e in modo immediatamente successivo è stato versato l'intero saldo prezzo, + il versamento del 20% del prezzo di aggiudicazione, per le spese di procedurali.


Il Decreto di Trasferimento è stato firmato dal Giudice a Febbraio 2018, contenente l'ingiunzione al rilasco dell'immobile. Nello stesso mese il Decreto è stato trascritto all'ufficio del Registro.


Nel mese di Marzo 2018, il Giudice ha firmato l'Ordinanza di liberazione dell'immobile. Ho chiesto sia in cancelleria del Tribunale, che al Custode Giudiziario una quantificazione dei tempi necessari per entrare nell'effettivo possesso dell'immobile, e quanto tempo occorre per ricevere la liquidazione del 20% anticipato, al netto delle spese di procedura. Ma ho ricevuto risposte che non determinano scadenze, non certo incoraggianti.


Quesiti:
- L'Ordinanza di rilascio firmata dal Giudice, di norma contiene dei tempi massimi, entro i quali deve essere eseguita dal Custode Giudiziario? Cosa posso fare nel caso, non vengano rispettati?


-La somma del 20%dell'importo di aggiudicazione dell'immobile entro quanto tempo dovrebbe essere restituita, al netto delle spese?


-In una situazione come sopra descritta, l'Ordinaza di rilascio dell'immobile, può ricevere opposizione dalla parte esecutata, e nel caso, cosa potrebbe comportare ?


Attendendo il Vostro gentile riscontro,
Vi ringrazio, per il servizio che rendete.

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inexecutivis pubblicato 05 agosto 2018

Il suggerimento che ci sentiamo di offrire è quello di diffidare il custode (meglio a mezzo di raccomandata a.r., e meglio ancora se sottoscritta da un legale) ad adempiere al suo obbligo di consegna del bene libero da persone e cose.

Infatti, "Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore. Ne deriva che, in relazione allo "ius ad rem" (pur condizionato al versamento del prezzo), che l'aggiudicatario acquista all'esito dell'"iter"esecutivo, è configurabile un obbligo di diligenza e di buona fede dei soggetti tenuti alla custodia e conservazione del bene aggiudicato, così da assicurare la corrispondenza tra quanto ha formato l'oggetto della volontà dell'aggiudicatario e quanto venduto. Pertanto, qualora l'aggiudicatario lamenti che l'immobile aggiudicato sia stato danneggiato prima del deposito del decreto di trasferimento, il giudice è tenuto a valutare la censura dell'aggiudicatario medesimo, diretta a prospettare la responsabilità del custode (nella specie, della curatela fallimentare che aveva proceduto alla vendita forzata), in base ai principi generali sull'adempimento delle obbligazioni (art. 1218 cod. civ.), per inadeguata custodia del bene posto in vendita, fino al trasferimento dello stesso (Cassazione civile, sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730).

Peraltro, il comportamento del custode potrebbe anche avere una rilevanza penale.

Invero, la sua condotta potrebbe inquadrarsi, a nostro avviso, nella fattispecie penale di cui all’art. 388, comma quinto, c.p., a mente del quale Il custode di una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell'ufficio è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a cinquecentosedici euro”.

Siffatta norma corrisponde in toto al comma introdotto nel vecchio testo dell'art. 388 dall'art. 87, L. 24.11.1981, n. 689.

Si tratta, secondo avveduta dottrina di una fattispecie speciale rispetto al reato di cui all’art. 328 (a nostro avviso di tratta di un rapporto di specialità per specificazione).

La previsione conia, com’è facile intuire, un reato proprio ed esclusivo, poiché può essere commesso soltanto dal custode di una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo, la cui condotta consiste nel rifiutare, omettere o ritardare indebitamente un atto dell'ufficio. Ciascuno di questi comportamenti dunque è sufficiente a perfezionare il delitto. Vediamo di chiarirne, sinteticamente, il contenuto precettivo.

Rifiutare un atto significa esplicitare la volontà di non compierlo;

omettere un atto significa non compierlo entro il previsto termine perentorio, pure senza manifestare esplicitamente e formalmente la volontà omissiva;

ritardare l'atto significa rinviare il compimento dell'atto oltre il termine ordinatorio prescritto.

Queste condotte devono essere poste in essere “indebitamente”, vale a dire in modo contrario ai doveri di ufficio.

In giurisprudenza, conformemente all’opinione che qui intendiamo esprimere, si è pronunciata Cass. sez. I, 19.1.1998, la quale ha affermato che la mancata consegna, da parte del custode, di beni sottoposti a pignoramento è punibile ai sensi dell'art. 388, comma quinto, c.p.c., dovendosi escludere, per converso, la inquadrabilità di detta condotta nell'ambito delle previsioni di cui all'art. 328.

Si è parimenti statuito che rientra nel fuoco di questa prescrizione il comportamento del proprietario custode dei beni pignorati che non si renda reperibile il giorno dell'accesso fissato dall'ufficiale giudiziario per la sostituzione del custode dei beni pignorati e l'asporto di essi, trattandosi di un’omissione da parte del custode che si sottrae all'obbligo di mettere a disposizione del nuovo custode le cose pignorate (Cass. sez. VI, 16.3.2001; Cass. sez. VI, 22.10.1999).

Quanto ai tempi di restituzione del fondo spese, osserviamo che se già ricevuto il decreto di trasferimento vuol dire che tutte le spese ad esso relative e gravanti sull’aggiudicatario sono state versate, sicché il professionista delegato è in grado di eseguire assai agevolmente il calcolo di quanto le deve essere restituito.

L’unico margine di incertezza potrebbe essere determinato dalla quota parte di compenso del professionista delegato che deve essere posta a carico dell’aggiudicatario ai sensi dell’art. 2 D.M. Giustizia 15 ottobre 2015, n. 227, il quale appunto prevede che siano posti a carico dell’aggiudicatario la metà del compenso relativo alla fase di trasferimento della proprietà e delle le relative spese generali, nonché le spese effettivamente sostenute per l'esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale.

Orbene, poiché il compenso spettante al professionista delegato viene liquidato dal Giudice ai sensi dell’art. 179 bis, comma 2 c.p.c., (il quale così recita: “Il compenso dovuto al professionista è liquidato dal giudice dell'esecuzione con specifica determinazione della parte riguardante le operazioni di vendita e le successive che sono poste a carico dell'aggiudicatario. Il provvedimento di liquidazione del compenso costituisce titolo esecutivo”) in linea teorica (ma solo in linea teorica) fino a quando il decreto di liquidazione non verrà emesso il professionista delegato non è in grado di conoscere qual'è l’importo a lui dovuto dall’aggiudicatario.

Infine, a proposito della possibile opposizione all'ordine di rilascio, la domanda ci sembra troppo generica per ipotizzare una risposta.

terraneo86 pubblicato 06 agosto 2018



Vi ringrazio,  per la Vostra risposta.

inexecutivis pubblicato 07 agosto 2018

grazie a lei

corpaolazzi pubblicato 20 agosto 2018

Gentile Staff di Asta Legale,

il quesito che intendo sottoporvi è molto semplice: può, su richiesta dell'esecutato, essere prorogata la data di scadenza per il rilascio dell'immobile fissata dal giudice nel relativo decreto? Se sì, per quali motivazioni e per quanto tempo?

inexecutivis pubblicato 24 agosto 2018

Per rispondere all'interrogativo occorre stabilire se la richiesta dell'esecutato è precedente o successiva all'aggiudicazione.

La ragione di questo distinguo risiede nel terzo comma dell'art. 560 c.p.c., a mente del quale il Giudice ordina la liberazione dell'immobile:

1) quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso;

2) quando revoca l’autorizzazione, se concessa in precedenza;

3) al più tardi quando procede all'aggiudicazione o all'assegnazione dell'immobile.

Da questa norma è allora chiaro che ad aggiudicazione intervenuto l'immobile deve essere liberato ed eventuali per esse consegnato all'acquirente nel momento in cui, versato il saldo prezzo, sarà emesso il decreto di trasferimento.

Nessuna proroga potrà essere allora concessa in questi casi, a meno che, vi siano condizioni tali per cui è comunque certo che alla data di adozione del decreto di trasferimento il bene sarà stato in ogni caso liberato. Si pensi ad esempio al caso del debitore che ha già cominciato il trasloco e chiede qualche giorno in più per completarlo.

Diverso è il caso in cui non sia ancora intervenuta l'aggiudicazione. Qui, infatti, potrebbero esservi casi in cui una richiesta di proroga potrebbe essere accolta perché funzionale alla migliore tutela degli interessi della procedura. Si pensi, per fare un esempio in questa direzione, agli immobili che, se liberati, potrebbero essere oggetto di occupazione abusiva e danneggiamento da parte di terzi. In questi casi probabilmente, posticipare la liberazione dell'immobile è utile a fini conservativi.

In ogni caso, ripetiamo, la liberazione può essere posticipata (prima dell'aggiudicazione) non semplicemente verificando che il posticipo non è di ostacolo alla procedura, ma valutando che esso sia utile alla stessa.

In questa direzione si esprime la giurisprudenza, secondo la quale è rimessa al potere discrezionale del giudice dell'esecuzione la decisione circa l'emissione dell'ordine di liberazione dell'immobile pignorato prima dell'aggiudicazione e circa i tempi della sua esecuzione a cura del custode, nonché, per contro, circa il rilascio al debitore dell'autorizzazione a continuare ad abitare l'immobile e circa eventuali condizioni cui subordinare tale autorizzazione” (cass. civ., sez. III, 3 aprile 2015, n. 6836), la quale ha aggiunto che a seguito della riforma del 2005 “il legislatore … ha imposto al giudice dell'esecuzione una valutazione di portata più ampia rispetto a quella necessaria in precedenza per il rilascio dell'autorizzazione. Mentre quest'ultima riguardava essenzialmente la situazione abitativa del debitore e della sua famiglia, a seguito della modifica normativa il giudice dell'esecuzione deve valutare, in via prioritaria, se liberare l'immobile, a meno che non ritenga di autorizzare il debitore a permanervi (e fatta salva comunque l'obbligatorietà dell'ordine di liberazione al momento dell'aggiudicazione).

Quindi, e per riepilogare:

se il bene non è stato ancora aggiudicato la proroga è possibile se utile alla procedura;

se il bene è stato aggiudicato la proroga va tendenzialmente esclusa.

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