Opposizione al decreto di aggiudicazione e successivo rinvio nuova asta

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stefano1981 pubblicato 26 febbraio 2019

Buonasera, avrei un quesito da porre in merito ad una procedura concorsuale che mi vede come aggiudicatario provvisorio di un casale per il quale il 06.02 si è conclusa la procedura di vendita all’asta senza incanto presso il tribunale di Pistoia. Circostanzio i fatti, sperando di essere il più chiaro possibile. In data 31.01.19 ho presentato regolare offerta telematica per la partecipazione all’asta senza incanto relativa ad un casale nel comune di Serravalle pistoiese, versando regolare cauzione tramite bonifico bancario. Gli esecutati avrebbero trovato un accordo con le banche creditrici pochi giorni prima dell’asta (per una cifra considerevolmente inferiore al valore della mia offerta). Il giorno dell’asta risulto l’unico partecipante. I debitori presentano una richiesta di rinvio dell’asta ed il giudice, tenendo conto dell’offerta presentata valida, non potendo unilateralmente decidere l’accoglimento del rinvio mi interpella via pec (in base ad un certo articolo che adesso non ricordo) per avere il mio consenso al rinvio dandomi un tempo di X minuti per rispondere positivamente, in mancanza di risposta positiva su sarebbe proceduto all’assegnazione. Per motivi morali che non sto a spiegare (non aggiungerebbero niente alla questione) a caldo decido di rispondere positivamente alla mail ma invio la mail ad una casella di posta errata. Il giudice non ricevendo risposta provvede all’aggiudicazione Del bene in mio favore il giorno stesso. Gli esecutati presentano ricorso a questa aggiudicazione adducendo il mero vizio di forma della risposta. Il giudice a questo punto fissa un’udienza per il prossimo 21.03, udienza alla quale saremo presenti sia io che gli esecutati. Quello che mi domando e’: Può accadere in sede di udienza che il giudice accolga il ricorso accordando il rinvio pur essendo io risultato aggiudicatario a tutti gli effetti ed essendo l’accordo con i creditori siglato ad una cifra nettamente inferiore? Nel caso mi venga chiesto direttamente un mio parere sardi propenso stavolta a non concederlo (per una serie di eventi che mi hanno fatto cambiare idea rispetto al giorno dell’asta), ma può valere la mail precedentemente inviata? Potrebbe accadere che in caso di rinvio l’accordo con i creditori possa portare il conseguente annullamento dell’asta, pur avendo io presentato regolare offerta e versato già una consistente cauzione? I creditori, in presenza di un’offerta valida di importo nettamente superiore all’accordo potrebbero comunque annullarlo -l’accordo- secondo voi? (In altre parole: si acconsente al mero rinvio dell’asta ma i creditori consapevoli di un’offerta maggiore non daranno seguito all’accordo nell’attesa della nuova asta a cui ovviamente partecioarei nuovamente alle medesime condizioni economiche) Io ovviamente non vorrei essere chiamato come parte attiva del procedimento, ma mi vorrei limitare a mantenere la mia posizione di aggiudicatario senza dover esprimere nuovamente parerei in merito, ma posso essere chiamato legalmente a farlo nuovamente? Vi ringrazio per la risposta, pur consapevole che gli attori in gioco sono diversi e che nel merito di potrà essere un certo grado di soggettività..la mia domanda so non avere una risposta certa, ma era volta più che altro a capire, se possibile, che scenari si potrebbero aprire in sede di udienza. Grazie di nuovo.

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inexecutivis pubblicato 03 marzo 2019

Cerchiamo di fornire una risposta quanto più chiara ed esaustiva possibile.

L’art. 161 bis disp. att. c.p.c., introdotto dalla l. 28 dicembre 2005 n. 263, ha previsto la possibilità di rinviare la vendita purché vi sia il consenso dei creditori e degli offerenti che abbiano prestato cauzione.

Lo scopo della norma è quello di scongiurare la prassi di depositare strumentali richieste di rinvio delle vendite presentate a ridosso del giorno della vendita, senza impedire comunque la possibilità che vengano stipulati accordi tra i soggetti che, a diverso titolo, sono coinvolti nel procedimento al fine di pervenire ad una definizione consensuale della procedura.

L’ambito di applicazione di questa previsione deve essere individuato coordinandola con quanto previsto dal primo comma dell’art. 624 bis c.p.c., a mente del quale l’istanza di sospensione (concordata) “può essere proposta fino a venti giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto”, per la vendita senza incanto, e nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia avuto esito, “fino a quindici giorni prima dell’incanto”. Se ne deve ricavare, allora, che in pendenza del temine per il deposito di offerte di acquisto:

fino a venti giorni prima della vendita la procedura potrà essere sospesa ex art. 624 bis c.p.c.;

dopo il ventesimo giorno la procedura potrà essere rinviata ex art. 161 disp. att. c.p.c., ma se sono state presentate offerte di acquisto, è necessario il consenso degli offerenti.

Fatta questa premessa, osserviamo che a nostro avviso il giudice dovrebbe concedere il rinvio della vendita, prendendo atto del fatto che i presupposti normativi per disporlo si sono verificati, indipendentemente dal fatto che per eventi accidentali essi non siano stati tempestivamente conosciuti. Si tratterebbe, inoltre, di una decisione non contestabile dell'offerente, poiché del tutto conforme alle determinazioni volitive che egli stesso aveva assunto.

Quanto agli effetti del rinvio, essi non incidono sulla offerta medesima. Il rinvio, infatti, determina solo un differimento della data di aggiudicazione, con l'avvertenza che se prima di quel momento il creditore procedente e quelli intervenuti presenteranno una dichiarazione di rinuncia ai sensi dell'art. 629 c.p.c., la procedura si estinguerà, con conseguente restituzione della cauzione all'offerente.

Se ciò non dovesse accadere, spirato il termine del rinvio, la procedura riprenderà il suo corso.

stefano1981 pubblicato 03 marzo 2019

Vi ringrazio innanzitutto per la cortese e puntuale risposta, molto chiara e precisa.

Avrei solo un’ulteriore domanda in riferimento all’eventuale decisione di rinvio: La pec con cui mi veniva chiesto dal responsabile della procedura l’assenzo al rinvio conteneva genericamente la sola domanda, senza alcun riferimento normativo (“...acconsente al rinvio dell’asta?” E niente più) Per di più, avendo un tempo di soli 30 minuti per rispondere (anzi meno, perché la pec l’ho aperta a pochi minuti dalla scadere del termine), mi era impossibile contattare un tecnico o un legale per avere un parere circa le eventuali conseguenze dell’azione. Quello che ho potuto intendere era un mero rinvio del giorno dell’asta (a cui non mi sarei opposto, visto che non avevo certo urgenza di entrarne in possesso), non una possibile sua cancellazione in presenza di successivo accordo fra creditori e debitori, altrimenti non avrei acconsentito. Pensate che questo possa in qualche modo essere considerato?

Vi ringrazio nuovamente per la disponibilità.

Saluti,

inexecutivis pubblicato 04 marzo 2019

Riteniamo di no.

La possibilità che all'esito del rinvio la procedura si estingua per effetto della rinuncia dei creditori in forza della previsione dei cui all'art. 629 cpc è una eventualità prevista dal codice, e quindi come tale si ha per conosciuta. Ne deriva che, prestato il consenso al rinvio, l'offerente accetta implicitamente di esporsi a questa eventualità.

stefano1981 pubblicato 04 marzo 2019

Vi ringrazio nuovamente per questa seconda risposta.

Un eventuale ripensamento al consenso prestato via mail e’ dunque da escludere con certezza?

inexecutivis pubblicato 07 marzo 2019

Esatto, non crediamo vi siano margini.

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