Vi Ringrazio anticipatamente.
Rispondiamo alla domanda osservando che a nostro avviso non esiste più alcuna possibilità che il debitore esecutato possa validamente opporsi al decreto di trasferimento, tanto più che lo stesso ha ricevuto, come indicato nella domanda, la notifica del verbale di aggiudicazione. Peraltro, nell'espropriazione forzata immobiliare non è prescritta la comunicazione alle parti del decreto di trasferimento del bene espropriato, dovendo esso sottostare agli adempimenti formali suoi propri ( Cass. sez. 3, 4/10/2005 n. 19968).
Aggiungiamo inoltre che Aggiungiamo che la mera deduzione della mancata notifica di un atto processuale quale motivo di opposizione non ne giustifica di per sé l’accoglimento, se non si indica l’interesse sostanziale che quella mancata notificazione ha leso (sul punto, Cass. 3.2.2012, n. 1609, secondo cui “Nell'opposizione agli atti esecutivi, le ragioni per le quali la lesione del contraddittorio abbia comportato l'ingiustizia dell'atto dell'esecuzione contestato, causata dall'impossibilità di difendersi a tutela di un proprio diritto, devono essere poste a fondamento dell'impugnazione e vanno, pertanto, tempestivamente dedotte in sede di opposizione”; analogamente n. 14774 del 30/06/2014, secondo cui “In tema di espropriazione immobiliare, il giudice, pur avendo constatato un'illegittimità della procedura, non deve accogliere l'opposizione se non venga dimostrato che dalla stessa sia derivata la lesione dell'interesse del debitore a conseguire dalla vendita il maggior prezzo possibile per aver impedito ulteriori e più convenienti offerte di acquisto”).
Quanto alla liberazione dell’immobile pignorato ed alla sua consegna all’aggiudicatario, osserviamo che si tratta di un preciso onere del custode.
Ai sensi dell’art. l’art. 560, commi terzo e quarto c.p.c., “Il giudice dell'esecuzione dispone, con provvedimento impugnabile per opposizione ai sensi dell’art. 617, la liberazione dell'immobile pignorato senza oneri per l’aggiudicatario o l’assegnatario o l’acquirente, quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, ovvero quando revoca l’autorizzazione, se concessa in precedenza, ovvero quando provvede all'aggiudicazione o all'assegnazione dell'immobile. Per il terzo che vanta la titolarità di un diritto di godimento di un bene opponibile alla procedura il termine per l’opposizione decorre dal giorno in cui si è perfezionata nei confronti del terzo la notificazione del provvedimento15.
Il provvedimento è attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti, anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario se questi non lo esentano. Per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'articolo 68”.
Come si vede da questa norma, il Giudice dell’esecuzione ordina la liberazione dell’immobile quando:
non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare l’immobile;
revoca detta autorizzazione;
provvede all’aggiudicazione.
Lo scopo della norma è quello di garantire all’aggiudicatario l’acquisto di un bene libero, posto che una delle strade attraverso cui si può ottenere il risultato tendenziale di assimilare la vendita giudiziaria alla vendita negoziale è quella di garantire all’acquirente l’immediata disponibilità del bene a seguito dell’emissione del decreto di trasferimenti, posto che tradizionalmente uno dei fattori che maggiormente disincentiva il mercato dall’avvicinarsi alle vendite giudiziarie è rappresentato dall’incertezza e dalla paura dei tempi e dei costi necessari a conseguire il possesso materiale del bene.
Dal testo della norma, si ricava in primo luogo che non esiste un diritto del debitore di continuare ad occupare l’immobile. Invero, i presupposti fattuali necessari affinché egli possa ottenere siffatta autorizzazione sono:
a) che la richiesta provenga dal debitore;
b) che la detenzione dell’immobile da parte del debitore preesista al pignoramento;
c) che l’immobile sia dal debitore a per abitarvi.
In altri termini, può ottenere detta autorizzazione soltanto il debitore che prima del pignoramento già occupava l’immobile come propria abitazione.
Ciò detto, mentre l’adozione dell’ordine di liberazione è obbligatoria nel momento in cui l’immobile viene aggiudicato, essa è facoltativa in un momento precedente.
In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione, la quale ha osservato che “è rimessa al potere discrezionale del giudice dell'esecuzione la decisione circa l'emissione dell'ordine di liberazione dell'immobile pignorato prima dell'aggiudicazione e circa i tempi della sua esecuzione a cura del custode, nonché, per contro, circa il rilascio al debitore dell'autorizzazione a continuare ad abitare l'immobile e circa eventuali condizioni cui subordinare tale autorizzazione” (cass. civ., sez. III, 3 aprile 2015, n. 6836).
Peraltro, a seguito della modifica dell’art. 560 c.p.c. ad opera della riforma del 2005, il rapporto tra ordine di liberazione e autorizzazione ad abitare l’immobile si pone in termini di regola-eccezione, in ragione del fatto che, come sopra si è detto, la liberazione dell’immobile meglio soddisfa l’esigenza della procedura ad una veloce e fruttuosa vendita del cespite pignorato.
Così la citata giurisprudenza, la quale ha osservato che mentre prima della riforma appariva preminente l'interesse del debitore a continuare ad abitare l'immobile, con attribuzione al giudice dell'esecuzione del potere di rimuovere l'ostacolo, costituito dal sopravvenuto pignoramento, mediante il rilascio dell'autorizzazione, con la modifica dell’art. 560 c.p.c. “il legislatore … ha imposto al giudice dell'esecuzione una valutazione di portata più ampia rispetto a quella necessaria in precedenza per il rilascio dell'autorizzazione. Mentre quest'ultima riguardava essenzialmente la situazione abitativa del debitore e della sua famiglia, a seguito della modifica normativa il giudice dell'esecuzione deve valutare, in via prioritaria, se liberare l'immobile, a meno che non ritenga di autorizzare il debitore a permanervi (e fatta salva comunque l'obbligatorietà dell'ordine di liberazione al momento dell'aggiudicazione).
Siffatta valutazione presuppone l'esercizio di un potere discrezionale da parte del giudice dell'esecuzione, che è espressione dei suoi compiti di gestione del processo ed è funzionale alla realizzazione dello scopo del processo, che è quello della soddisfazione dei crediti del procedente e degli intervenuti mediante la vendita del bene pignorato. L'esercizio di tale potere comporta il contemperamento dell'interesse del debitore a continuare ad abitare l'immobile con le ulteriori esigenze del processo, onde garantire l'effettività dell'azione giurisdizionale esecutiva, perseguita dall'innovazione legislativa dell'ordine di liberazione obbligatorio”.
Anche le “Buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari – linee guida” (delibera del Consiglio Superiore della Magistratura dell’11/10/2017), hanno sposato questa filosofia di fondo, affermando che “può sicuramente sortire effetti benefici l’anticipazione (dell’emissione e anche dell’attuazione) dell’ordine di liberazione, posto che un bene libero è certamente più appetibile sul mercato. È dunque buona prassi che il giudice dell’esecuzione emetta detto ordine di liberazione contestualmente all’ordinanza di delega” e, inoltre, “il provvedimento di antieconomicità, ex art. 164-bis disp. att. c.p.c., non potrebbe ritenersi correttamente emesso senza aver prima tentato di alienare il bene in assenza di occupanti ancorché sine titulo”.