Occupazione sine titulo

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  • Ultimo messaggio 03 marzo 2019
alumnus pubblicato 27 febbraio 2019

Buongiorno,

a fine 2018 ho partecipato ad un'asta fallimentare (non asta giudiziaria - essecuzione immobiliare) e sono risultato aggiudicatario del bene immobile. Poche settimane dopo il notaio ha redatto l'atto di trasferimento. Nell'atto di trasferimento è stato segnalata l'occupazione dell'immobile da parte del fallito ma non la data entro la quale questo debba rilasciare l'immobile.

Ad oggi, dopo 60 giorni dall'atto di trasferimento del notaio, l'immobile è ancora occupato e l'avvocato che sta seguendo la procedura ha detto di non poter procedere con l'atto di precetto per il rilascio di beni immobili perchè prima bisogna dimostrare che il fallito non abbia titolo per occupare l'immobile e quindi bisogna prima avviare un procedimento per "certificare" l'occupazione sine titulo e solo dopo procedere con l'atto di precetto.

Mi confermate che questa sia la strada giusta da seguire oppure si può procedere direttamente con l'atto di precetto?

Qualora bisognasse procedere con il procedimento per "certificare" l'occupazione sine titulo quali sono le tempistiche? E' possibile velocizzare le tempistiche con l'assunzione che il fallito (occupante l'immobile) può arrecare danni all'immobile e quindi c'è l'urgenza di intervenire il prima possibile?

Grazie!

inexecutivis pubblicato 03 marzo 2019

A nostro avviso le indicazioni fornite dal curatore non sono condivisibili.

Osserviamo, in primo luogo, che è compito precipuo del curatore quello di consegnare il bene all’aggiudicatario, poiché anche nelle vendite fallimentari trova applicazione la previsione di cui all’art. 1477 c.c.

In giurisprudenza sul punto si è condivisibilmente osservato che Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore (Cassazione civile, sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730; Cass. 30/06/2014, n. 14765).

Il problema che allora si pone è se anche in ambito fallimentare il Giudice delegato possa emettere l’ordine di liberazione dell’immobile (previsto e disciplinato dall’art. 560, commi terzo e quarto, c.p.c.).

La giurisprudenza di merito (senso, Tribunale, Reggio Emilia, sez. fallimentare, sentenza 26/10/2013) lo ammette quando la vendita si svolge secondo le prescrizioni del codice di procedura civile (cioè ai sensi dell’art. 107, comma secondo, l.fall.).

Più recentemente (Trib. Mantova, 13 ottobre 2016) si è aggiunto che anche quando la vendita si sia svolta mediante procedure competitive (cioè ai sensi dell’art. 107, comma primo. L.fall.) questa possibilità deve ammettersi. A questo proposito si è osservato che sebbene sia il curatore che sceglie, con il programma di liquidazione, le modalità di vendita dei beni, optando - ai sensi del comma 1 o del comma 2 dell'art. 107 l.fall. - per le procedure competitive ovvero per la liquidazione in base alle norme del codice di procedura civile, la scelta per l’una o l’altra modalità non incide sulla natura delle vendite medesime, trattandosi comunque di vendite coattive, attuate contro la volontà del fallito, con la conseguenza che nell’uno e nell’altro caso deve ritenersi ammissibile la possibilità di adottare l’ordine di liberazione.

Sulla scorta dei dati ermeneutici sin qui richiamati il suggerimento che ci sentiamo di offrire è quello di diffidare formalmente il curatore a consegnarle il bene, libero da persone e cose.

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