Nuovo art 560 cpc

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  • Ultimo messaggio 22 luglio 2019
kambal pubblicato 18 luglio 2019

Spett.Le Astalegale,

viste le recenti modidiche apportate all'art. 560 del codice di rito, vi pongo i seguenti quesiti:

1. poichè il G.E, salvo i casi privisti dalla norma succitata, non emette più, sin da quando dispone la vendita, l'ordine di liberazione in quanto il debitore continua a mantenere il possesso dell'immobile fino al decreto di trasferimento, il custode quale prcedura deve seguire per far liberare l'immobile dopo il deposito del decreto? forse deve procedere in forma degli art. 605 e 608 cpc? quindi redigere il precetto in virtù del decreto munito ti titolo esecutivo, notificarlo e dopo notificare preavviso di rilascio e intervenire con Ufficiale Giudiziario?

2. nel caso il cui il custode sia un Dottore Commercialista o un Notaio, possono questi fare il precetto e procedere come indicato al punto 1 con Ufficilae Giudiziario? oppure il giudice deve nominare un avvacato? (una volta ho letto che essendo il precetto un atto stragiudiziale può essere redatto anche dai custodi commercialisti).

3. come si deve comportare il custode se il debitore non libera l'immobile staggito dai beni (mobili, documenti) che non sono oggetto di pignoramento? se interviene l'Ufficiale Giudiziario è quest'ultimo che dispone lo smaltimento o la vendita.

Nell'attesa di leggervi, porgo cordiali saluti e vi ringrazio anticipatamente.

 

inexecutivis pubblicato 22 luglio 2019

Il quesito è di sicuro interesse poiché è figlio del silenzio servato dal novellato art. 560 c.p.c. (nel testo riscritto dall’art. 4, comma 2, d.l. 14/12/2018, n. 135, convertito dalla legge 11/2/2019, n. 12, pubblicata sulla Gazz. Uff. n. 36 del 12/2/2019) sulle modalità di attuazione (o di esecuzione) dell’ordine di liberazione.

Cerchiamo di andare con ordine.

Per quanto rileva ai fini che qui interessano, il nuovo terzo comma dell’art. 560 c.p.c. prevede che Il debitore ed i familiari che con lui convivono, non perdono il possesso dell'immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento, salvo quanto previsto dal sesto comma.

Il sesto comma aggiunge che “il giudice ordina … la liberazione dell'immobile … qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, quando l'immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore …, quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico, ovvero quando l'immobile non è abitato dal debitore….

Infine, l’ultimo comma dell’art. 560 prevede che “… quando l'immobile pignorato è abitato dal debitore … il giudice non può mai disporre il rilascio dell'immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento…

Dunque, in prima battuta va precisato che il debitore non perde il possesso dell’immobile quando lo abita con il proprio nucleo familiare.

Detto ciò, quanto alle modalità di attuazione dell’ordine di liberazione, osserviamo che prima della modifica operata dal d.l. 59/2016 l’art. 560 c.p.c. considerava l’ordine di liberazione “titolo esecutivo”. Questo voleva dire che la sua esecuzione passava attraverso le maglie di una procedura esecuti va da svolgersi (sotto la direzione di un giudice diverso da quello dell’esecuzione immobiliare) ex artt. 605 e ss c.p.c.

Questo implicava:

l’apposizione della formula esecutiva;

la notifica del titolo esecutivo del precetto;

la notifica del preavviso di rilascio a cura dell’ufficiale giudiziario;

la nomina di un legale che assistesse la procedura.

Come anticipato, il d.l. 59/2016 aveva riscritto completamente l’art. 560 commi terzo e quarto eliminando la previsione per cui l’ordine di liberazione costituiva titolo esecutivo, e prevedendo che l’ordine di liberazione fosse “attuato” (e dunque non già eseguito) sotto la direzione del giudice dell’esecuzione immobiliare (e dunque non da un giudice diverso) a cura del custode.

Ora, rispetto all’ultima modifica del 560, che tace sul punto, assegnare all’ordine di liberazione natura di titolo esecutivo non sembra possibile.

In primo luogo perché il legislatore dopo aver eliminato la natura di titolo esecutivo dell’ordine di liberazione non ha provveduto a reintrodurla, come pure avrebbe potuto.

Mancherebbe poi, se si volesse riconoscere la portato da titolo esecutivo dell’ordine di liberazione, il soggetto creditore.

Inoltre, vige in materia di titoli esecutivi, per lo meno di formazione giudiziale, il principio di tipicità.

Infine, il riconoscimento della natura di titolo esecutivo, e la conseguente applicazione del procedimento di cui agli artt. 605 e ss c.p.c. urterebbe contro i canoni della ragionevole durata del processo esecutivo, posto che ne dilaterebbe i tempi.

Ed allora, più appagante appare la soluzione per cui l’attuazione dell’ordine di liberazione è attività che non esula dal perimetro dell’espropriazione immobiliare e, di conseguenza, lo stesso giudice dell’esecuzione, avvalendosi dei suoi poteri di direzione (art. 484 c.p.c.), deve autonomamente dettare le modalità di attuazione del provvedimento, designando gli ausiliari deputati al «compimento di atti che egli non è in grado di compiere da sé solo» (art. 68, comma 1, c.p.c.) e richiedendo «l’assistenza della forza pubblica» (art. 68, comma 3, c.p.c.), alla quale «può prescrivere tutto ciò che è necessario per il sicuro e ordinato compimento degli atti ai quali procede» (art. 14 r.d. 30/1/1941, n. 12).

In sostanza, si tratterebbe di un provvedimento self-executive la cui attuazione è demandata allo stesso giudice che ha emanato il provvedimento, al pari di quanto stabilito, per i provvedimenti cautelari, dall’art. 669-duodecies c.p.c..

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