MANCATA RINNOVAZIONE TRASCRIZIONE PIGNORAMENTO DURANTE FASE DISTRIBUTIVA

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_marco_ pubblicato 29 marzo 2018

Buongiorno,
in un vostro interessante articolo (https://www.inexecutivis.it/approfondimenti/2018/02/laggiudicazione-e-il-mancato-rinnovo-della-trascrizione-del-pignoramento/), nel commentare un'ordinanza del G.E. di Palermo, si discute degli effetti della mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento immobiliare e viene citata la sentenza 4751/16 della Cassazione.
Quando la Cassazione ha enunciato il principio di diritto per cui la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento immobiliare comporta la caducazione con efficacia ex tunc della procedura esecutiva, non ha specificato alcun limite rispetto alla fase processuale in cui essa ha rilevanza.
Nel commento, affermando piena adesione all'ordinanza, viene specificato che ove il termine ventennale spiri successivamente all'emissione del decreto di trasferimento, la fase distributiva procederà regolarmente, poichè la trascrizione del pignoramento è funzionale unicamente alla liquidazione dei beni.
Nel caso di specie quando si è verificato lo spirare del termine ventennale, alcuni lotti erano già stati trasferiti tempo addietro, quindi nei termini, mentre altri erano solo stati aggiudicati restando in attesa dei relativi decreti di trasferimento. Per quel che interessa il G.E., riguardo ai lotti già trasferiti, disponeva che i relativi ricavati venissero restituiti al debitore, ovviamente nei limiti delle somme ancora a disposizione della procedura.
In ciò si rileva un contrasto con l'affermazione per cui una volta emesso il decreto di trasferimento, la successiva fase distributiva potrà procedere senza problemi.
E' vero che probabilmente tale affermazione si riferisce al semplice caso in cui l'espropriazione colpisca un unico immobile, ma il discorso non dovrebbe cambiare quando con un unico atto di pignoramento si colpiscono più immobili che vengono venduti  in lotti in tempi diversi. Relativamente ai lotti già trasferiti, l'atto di pignoramento (e la sua trascrizione) ha già svolto la funzione di liquidare gli immobili ed i ricavati dalle vendite sarebbero quindi dovuti essere assegnati ai creditori.
Si chiede quindi una delucidazione riguardo alla rilevanza della scadenza del termine ventennale dalla trascrizione del pignoramento, avvenuta successivamente all'emissione del decreto di  trasferimento e durante la fase distributiva.
Grazie

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inexecutivis pubblicato 31 marzo 2018

In effetti, con la sentenza n. 4751 dell’11 marzo 2016 la Corte di Cassazione è intervenuta sulla questione degli effetti della mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento sulla procedura esecutiva, ritenendo che essa comporti l’estinzione del giudizio.

Questo effetto, tuttavia, deve essere coordinato con la previsione di cui all’art. 632 c.p.c., a mente del quale “Se l’estinzione del processo esecutivo si verifica prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione essa rende inefficaci gli atti compiuti, se avviene dopo l’aggiudicazione o l’assegnazione la somma ricavata è consegnata al debitore” e dell’art. 187 bis disp att c.p.c., a mente del quale “in ogni caso di estinzione o chiusura anticipata del processo esecutivo avvenuta dopo l’aggiudicazione, anche provvisoria, o l’assegnazione, restano fermi nei confronti degli aggiudicatari o assegnatari, in forza dell’articolo 632, secondo comma, del codice, gli effetti di tali atti”.

Dal tenore letterale della norma si ricava il dato per cui lo spartiacque non va ricercato nella declaratoria di estinzione, che come affermato dalla giurisprudenza ha efficacia meramente ricognitiva (in questi termini Cass., sez. III, 21 novembre 2017, n. 27545), quanto piuttosto nel momento in cui la causa estintiva si è verificata, sicché l’aggiudicazione resta salva ove sia intervenuta nel ventennio di efficacia della trascrizione del pignoramento. Questa lettura, del resto, è conforme alla ratio della norma, la cui esigenza è proprio quella di salvaguardare l’acquisto dell’aggiudicatario, il quale se al momento dell’aggiudicazione il processo non poteva dirsi estinto, ha diritto di vedersi trasferito il bene.

Viceversa, ove l’aggiudicazione sia avvenuta dopo lo spirare del ventennio, essa dovrà essere travolta dalla declaratoria di estinzione della procedura.

Questa soluzione, oltre che a trovare pieno riscontro nella disposizione che si è richiamata, è anche coerente con l’affidamento del terzo aggiudicatario, il quale – posto in condizione di verificare la trascrizione del pignoramento – ha sicuramente un affidamento tutelabile nel momento in cui si aggiudica un bene prima che sia decorso il termine suddetto, ma non l’ha in caso opposto.

Rimane da dire in ordine alla sorte del prezzo versato dall’aggiudicatario il cui acquisto sia rimasto salvo in applicazione dell’art. 632 c.p.c. e dell’art. 187 bis disp. att. c.p.c..

Secondo una prima opzione ricostruttiva detto ricavato dovrebbe essere restituito al debitore, in applicazione del secondo comma della disposizione codicistica di cui sopra si è detto. In questi termini si è pronunciato il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 20 dicembre 2017.

Si tratta tuttavia di una soluzione che non ci sentiamo di patrocinare. Invero, la previsione di cui all’art. 632 c.p.c.  nasce e disciplina gli effetti dell’estinzione tipica della procedura (per rinuncia, inattività delle parti e mancata comparizione delle stesse all’udienza) sicché la sua operatività nei casi di estinzione “atipica”, non può sottrarsi ad un vaglio di compatibilità.

Con riferimento all’estinzione per caducazione degli effetti del pignoramento va osservato che se essa è intervenuta dopo l’aggiudicazione, ciò vuol dire che la fase liquidatoria ha raggiunto il suo scopo, per cui non v’è ragione di escludere che la procedura possa procedere oltre con la distribuzione del ricavato. L’applicazione dell’art. 632 nella parte in cui prevede la restituzione in capo al debitore del ricavato dalla vendita si tradurrebbe in un inutile sacrificio delle ragioni creditorie, agganciandola ad un requisito (la trascrizione del pignoramento) che è funzionale alla vendita, non già alla distribuzione del ricavato.

Applicando questo ragionamento all’ipotesi in cui alla data di scadenza del ventennio solo alcuni lotti fossero già stati venduti, si dovrà ritenere che potrà procedersi alla distribuzione del ricavato di quei lotti per i quali l’aggiudicazione è rimasta integra.

_marco_ pubblicato 10 febbraio 2019

Occorre a mio avviso distinguere il caso in cui sia pignorato un unico immobile, da quello in cui siano pignorati una pluralità di immobili. Nel primo caso, emesso il decreto di trasferimento, nessuna rinnovazione sarà necessaria. Lo stesso dicasi qualora, nel secondo caso, per tutti gli immobili pignorati siano stati emanati i relativi decreti di trasferimento. Invece, qualora con un unico atto di pignoramento si colpiscano più immobili ma anche un solo cespite debba ancora essere trasferito quando spiri il termine ventennale, la procedura diventerebbe improcedibile, perdendo di efficacia ex tunc lo stesso atto di pignoramento, e quindi non si potrebbe neanche ipotizzare una distribuzione del ricavato fino ad allora realizzato. Perchè non si potrebbe dire che una procedura esecutiva è caducata nella sua interezza, ed al contempo consentire che il ricavato fino ad allora ottenuto sia distribuito tra i creditori. Questo se vogliamo restare fedeli a quanto stabilito dall'orientamento della Cassazione, a cui ha aderito il Tribunale di Palermo, e che giustamente può essere condiviso o meno.

Vorrei a tal proposito potermi agganciare ad un'altra situazione che riguarda il medesimo argomento oggetto di questa discussione.

Diversi anni fa veniva iscritta ipoteca convenzionale su un locale commerciale facente parte di un fabbricato di nuova costruzione, non ancora accatastato. Quindi nell’atto di concessione di ipoteca e nella relativa nota di trascrizione, veniva descritto l'immobile ipotecato nei suoi confini e veniva specificato che l’intero fabbricato di cui fa parte l’immobile ipotecato insiste sull’area individuata al catasto ai nn. x, y, z . In questo caso, credo si sia applicato l’art. 2826 c.c. in base al quale l’ipoteca su immobili in costruzione si iscrive indicando i riferimenti catastali dei terreni sui quali insistono. Tale norma, letta congiuntamente agli artt. 2811 e 2823, ha fatto ritenere alcuni autori che in questi casi l’ipoteca viene iscritta sul terreno e solo per accessione si estende al fabbricato. Mentre per altri l'ipoteca può essere validamente iscritta direttamente sul fabbricato in costruzione, qualora abbia raggiunto una determinata consistenza. 

Fatto sta che lo stesso creditore, qualche anno dopo (dopo la denuncia di variazione catastale dell’area) promuoveva azione esecutiva immobiliare indicando ancora una volta, nell’atto di pignoramento e nella relativa nota di trascrizione, i confini del locale pignorato e i riferimenti catastali dei terreni sul quale insiste l’intero fabbricato di cui fa parte il locale (nonostante questo avesse già acquisito i propri riferimenti al catasto fabbricati). Le particelle catastali dei terreni erano nel frattempo state soppresse o riqualificate come enti urbani, per via della variazione catastale. Il locale commerciale veniva successivamente venduto all'asta. Il decreto di trasferimento conteneva, adesso sì, unicamente il riferimento del catasto fabbricati del locale venduto.

La cosa strana è che il creditore procedeva alla rinnovazione dell’ipoteca qualche anno dopo che il decreto di trasferimento era stato emanato (e trascritto), quando si era già nella fase di distribuzione del ricavato. Dalla nota si evince che la rinnovazione veniva effettuata sui terreni, e veniva specificato che dalla rinnovazione era esclusa la part. riferita al locale commerciale, poiché oggetto di decreto di trasferimento. Tutto ciò nonostante sia pacifico che una volta emanato il decreto di trasferimento, non è più necessario (né possibile?) procedere alla rinnovazione delle trascrizioni, tanto dell’ipoteca quanto del pignoramento, per via dell’effetto purgativo del decreto stesso.

Quindi o c’è stato un errore tanto del creditore a chiedere la rinnovazione dell’ipoteca quanto del Conservatore a concederla, oppure tale ipoteca era stata effettivamente iscritta sui terreni, oltre che sul locale commerciale. Il che tuttavia sembrerebbe strano perchè c'è da dire che nell'atto di concessione di ipoteca e nella relativa nota di trascrizione non si evince chiaramente la volontà di vincolare anche i terreni, con l'ipoteca. Tuttavia solo così si spiegherebbe il motivo per cui sia stato necessario per il creditore rinnovare l’ipoteca, sebbene in scadenza in data successiva rispetto alla data del decreto di trasferimento del locale. 

 

Considerato che l’atto di pignoramento e la relativa nota di trascrizione sono stati redatti con le medesime modalità (per quanto riguarda la descrizione dell’immobile e i dati catastali dei terreni), e considerato che dopo l’emanazione del decreto di trasferimento del locale è spirato il termine ventennale anche per la trascrizione del pignoramento, il creditore non avrebbe dovuto, a questo punto, procedere anche alla rinnovazione di quest’ultima, seppur soltanto relativamente ai terreni, esattamente come aveva fatto con l’ipoteca?

inexecutivis pubblicato 14 febbraio 2019

Cerchiamo di rispondere separatamente alle questioni prospettate.

Quanto alle sorti della mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento sul prezzo ricavato dalla vendita ribadiamo le perplessità che abbiamo espresso rispetto al precedente del Tribunale di Palermo, e ribadiamo che a nostro avviso se l'aggiudicazione rimane ferma perché intervenuta prima dello spirare del termine, non v'è ragione di restituire il ricavato al debitore in rigida applicazione dell'art. 632 per le due ragioni che abbiamo detto.

1) la previsione di cui all’art. 632 c.p.c.  nasce e disciplina gli effetti dell’estinzione tipica della procedura (per rinuncia, inattività delle parti e mancata comparizione delle stesse all’udienza) sicché la sua operatività nei casi di estinzione “atipica”, non può sottrarsi ad un vaglio di compatibilità;

2) con riferimento all’estinzione per caducazione degli effetti del pignoramento va osservato che se essa è intervenuta dopo l’aggiudicazione, ciò vuol dire che la fase liquidatoria ha raggiunto il suo scopo, per cui non v’è ragione di escludere che la procedura possa procedere oltre con la distribuzione del ricavato. L’applicazione dell’art. 632 nella parte in cui prevede la restituzione in capo al debitore del ricavato dalla vendita si tradurrebbe in un inutile sacrificio delle ragioni creditorie, agganciandola ad un requisito (la trascrizione del pignoramento) che è funzionale alla vendita, non già alla distribuzione del ricavato.

Siffatto ragionamento potrà svolgersi anche nel caso di pluralità di immobili alcuni dei quali venduti, poiché rispetto a quelli aggiudicati vale quanto abbiamo appena detto.

Quanto alla seconda questione, a nostro avviso occorre muovere dalla premessa per cui probabilmente l'errore sta, a monte, nel decreto di trasferimento, il quale avrebbe dovuto contenere anche l'ordine di cancellazione della iscrizione ipotecaria relativa al terreno, poiché si tratta di iscrizione che (per accessione o in via diretta, a seconda di come si voglia intendere l'ipoteca iscritta sul terreno) spiega effetti anche sul fabbricato in corso di costruzione e successivamente trasferito.

Poiché questo non è avvenuto, l'ipoteca, era ancora formalmente iscritta, e dunque la sua rinnovazione era tecnicamente possibile nonostante l'intervenuta emissione del decreto di trasferimento sebbene essa fosse

a) inutile perché il bene era stato ormai trasferito

b) teoricamente impossibile poiché incompatibile con l'effetto purgativo della vendita forzata.

Le medesime argomentazioni valgono, evidentemente, per la rinnovazione della trascrizione del pignoramento.

Invero, a trasferimento avvenuto, la rinnovazione della trascrizione è inutile ed incompatibile con l'effetto purgativo del decreto di trasferimento, che avrebbe dovuto contenere l'ordine di cancellazione del pignoramento, che una volta cancellato non può essere più rinnovato.

_marco_ pubblicato 14 febbraio 2019

In definitiva, prescindendo dal fatto che il fabbricato sia in costruzione o già ultimato, e premesso che atto principale e nota di trascrizione siano identici: indicare che si ipoteca (o pignora) un determinato locale, e che l'intero fabbricato di cui fa parte il locale oggetto di ipoteca (o pignoramento) insiste sull'area idividuata al catasto ai nn. x, y e z, rende la formalità validamente ed efficacemente iscritta (o trascritta) anche sui terreni x, y, e z?

inexecutivis pubblicato 19 febbraio 2019

Si, l'ipoteca iscritta sul locale si estende, evidentemente, sulla quota parte del terreno su cui insiste.

_marco_ pubblicato 05 marzo 2019

Quindi secondo voi il problema riguarda il decreto di trasferimento, che avrebbe dovuto contenere l’ordine di cancellazione delle trascrizioni relative ai terreni, il che è giustissimo. Il problema è che l’ordine di cancellazione delle trascrizioni, e quindi l’effetto purgativo relativamente ai terreni, avrebbe potuto esserci solo se i terreni fossero stati precedentemente compresi nell’ordinanza di vendita, eventualmente come area di sedime. In realtà, il pignoramento è stato trattato come se avesse riguardato solo ed unicamente la bottega, e solo di questa è stata disposta la vendita, e quindi giustamente il decreto non poteva contenere l’ordine di cancellazione relativamente ai terreni. Questo solo per precisare che non si è trattato, a mio avviso, di un mero errore materiale nella compilazione del decreto, ma di un errore globale di valutazione del G.E. che ha diretto la procedura.

A questo punto sembra corretto affermare che mentre si procedeva alla distribuzione del ricavato, vi era un pignoramento che ancora risultava formalmente trascritto sui terreni in parola. Tale trascrizione, non doveva quindi essere necessariamente rinnovata, prima che spirasse il ventennio, per evitare la caducazione della procedura esecutiva?

inexecutivis pubblicato 08 marzo 2019

Ribadiamo la risposta negativa che abbiamo già formulato. intervenuta la vendita, non è necessario rinnovare alcuna trascrizione del pignoramento poichè questo ha raggiunto il suo scopo.

_marco_ pubblicato 31 marzo 2019

Sul rilievo che l'inefficacia relativa delle alienazioni di beni sottoposti a pignoramento ex art. 2913 presuppongono la corretta trascrizione dello stesso, trascrizione che nel caso in esame potrebbe ritenersi invalida per i motivi ampiamente illustrati: sarebbe opponibile all'aggiudicatario, da parte del legatario, il trasferimento a titolo particolare della bottega avvenuto medio tempore in base a testamento pubblico (recante i corretti dati catastali della bottega)?

inexecutivis pubblicato 01 aprile 2019

Riteniamo di no.

È infatti consolidato in giurisprudenza il principio per cui “In materia di esecuzione forzata, i beni trasferiti a conclusione di un'espropriazione immobiliare sono quelli di cui alle indicazioni del decreto di trasferimento emesso ex art. 586 c.p.c., cui vanno aggiunti quei beni ai quali gli effetti del pignoramento si estendono automaticamente, ai sensi dell'art. 2912 c.c., come accessori, pertinenze, frutti, miglioramenti ed addizioni, e quei beni che, pur non espressamente menzionati nel predetto decreto, siano uniti fisicamente alla cosa principale, sì da costituirne parte integrante, come le accessioni propriamente dette; sicché, il trasferimento di un terreno all'esito di procedura esecutiva comporta, in difetto di espressa previsione contraria, il trasferimento del fabbricato insistente su di esso, ancorché abusivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva rigettato la domanda di convalida di sfratto, risoluzione del contratto di locazione, rilascio dell'immobile e pagamento dei canoni, proposta dall'esecutato nei confronti dell'avente causa dell'aggiudicatario del terreno in forza di procedura esecutiva, in quanto l'acquisto del terreno aveva comportato, per accessione, anche il trasferimento del capannone abusivo non sanabile su di esso costruito, non rilevando l'omessa menzione dell'immobile tanto nel bando di vendita quanto nel decreto di trasferimento del terreno. Cass. Sez. III, Ordinanza 28/06/2018, n. 17041).

Ancora, meno recentemente, si è detto che “In materia di esecuzione forzata, i motivi di invalidazione della vendita forzata a causa del mancato rispetto di norme del processo di espropriazione devono essere fatti valere come opposizione agli atti esecutivi nell'ambito di quel processo; in mancanza, non possono essere utilizzati per sostenere un'opposizione all'esecuzione per rilascio intrapresa sulla base del titolo esecutivo formatosi a conclusione dell'espropriazione, giacché solo i vizi che determinano una nullità non sanabile possono esser azionati in ogni tempo, mentre tutti gli altri vizi di nullità di un provvedimento giurisdizionale vanno fatti valere secondo lo specifico mezzo di impugnazione previsto dalla legge, come si desume dal disposto dell'art. 161 c.p.c.. Pertanto, qualora nell'ordinanza di vendita di un terreno non si faccia menzione di una costruzione abusiva insistente su di esso, è ammissibile la proposizione, nei termini di legge, di un'opposizione agli atti esecutivi, ma non, in prosieguo, la contestazione del diritto dell'aggiudicatario a procedere ad esecuzione forzata, atteso che il pignoramento di un terreno successivamente contemplato nel decreto di trasferimento si estende, in difetto di espressa previsione contraria, al fabbricato che insiste sul terreno medesimo”(Cass. Sez. III, 26/04/2004 n. 7922).

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