LIBERAZIONE IMMOBILE OCCUPATO

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  • Ultimo messaggio 15 aprile 2022
Tbardolini pubblicato 14 aprile 2022

 Buongiorno,

mi sono aggiudicato a fine gennaio 2022 un immobile di una vecchia procedura (2014), saldato i primi di marzo ( entro i 40 giorni previsti) e decreto di trasferimento firmato molto velocemente dal giudice in meno di una settimana dal verbale di saldo prezzo.

essendo una vecchia procedura a suo tempo l'immobile era stato già liberato dall'esecutato, salvo poi con la nuova riforma tornato ad essere occupato dallo stesso.

L'avviso di vendita riporta che l'immobile è in corso di liberazione e che la liberazione è a cura del custode giudiziario.

Appena finita la gara e chiuso il verbale il delegato mi comunica che sarebbe più agevole per tutti trovare un accordo bonario con l'esecutato. Sentito l'esecutato, che chiede cifre da estorsione, comunico al delegato che non c'è speranza di un accordo e di procedere. Lui mi ha risposto che si sarebbe avvalso del suo solito studio legale. (lui è commercialista)

Post aggiudicazione il delegato (che è anche custode) mi comunica che ha rinnovato le formaltà per la liberazione e comunicate al debitore. Io ho comunque chiesto più volte se dovessi fare qualche istanza o qualche formalità ai fini della liberazione sempre con risposta negativa da parte del delegato.

Il decreto di trasferimento contiene solo l'ingiunzione di liberazione a mio favore. Forse perchè essendo una vecchia procedura è già stato emesso tempo fa? o semplicemente il delegato non me l'ha inviato? o non è proprio stato emesso?

Ad oggi (piu di 30 gg dal decreto di trasferimento firmato dal giudice) il curatore mi comunica che è stata fissata la data del 9 giugno per la liberazione, ma mi ha comunicato anche che l'esecutato potrebbe utilizzare vari stratagemmi per rimandarla.

il curatore fin da subito ha molto insistito perchè io trovassi un accordo con l'esecutato, anche dopo avergli comunicato che non c'è modo, e mi "minaccia" dicendo che se l'esecutato trova una qualsiasi scusa farebbe slittare la liberazione, e con l'estate di mezzo la cosa andrebbe per le lunghe.                                                               Io ho risposto che se con me l'esecutato non vuole trovare un accordo pacifico, chiamarlo per dire "questa adesso è casa mia e tu non puoi stare qui" serve a poco. e sempre il curatore mi invita anche a procedere con un mio legale perchè, a suo dire, i suoi doveri vanno esaurendosi adesso che a breve verrà fatto il piano di riparto e la procedura si chiuderà. 

Dopo questa lunga premessa chiedo:

E' lecito il comportamento del delegato?

Le tempistiche di liberazione non dovrebbero essere da 60 a 120 giorni?

Chi stabilisce se far intervenire le forze dell'ordine per la liberazione forzata?

La procedura non dovrebbe estinguersi solo a consegna delle chiavi e firma del verbale di consegna?

 

Vi ringrazio molto

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robertomartignone pubblicato 14 aprile 2022

Il delegato non può fare altro , obiettivamente dovrà fare la solita trafila fino ad arrivare alla forza pubblica . La teoria è una cosa , la pratica un ' altra , probabile che se l ' esecutato non " collabora " se ne riparla da settembre ...

inexecutivis pubblicato 15 aprile 2022

E' evidente che il custode intende liberarsi dall'onere di procedere alla liberazione cosa cui è tenuto in froza dell'art. 560 cpc, anche se il suggerimento che le ha fornito, e cioè quello di trovare una intesa con l'occupante, è cndivisibile, poiche quando ciò accade i tempi si accorciano.

Tanto detto, se l'occupante non libera spontaneamente l'immobile, il custode può essere assistito dalla forza pubblica, come espressamente previsto dall'art. 560 cpc.

In questi termini si esprimono in generale gli artt. gli artt. 68 c.p.c. e 14 Ord. Giudiziario. Anch’essi consentono al Giudice di avvalersi della forza pubblica per il compimento di attività inerenti ai processi e, segnatamente, ai processi di esecuzione forzata.

L’assistenza della forza pubblica in fase esecutiva costituisce collaborazione all’esecuzione forzata ed è strumentale rispetto al provvedimento giurisdizionale (in proposito, Corte Cost. 24.7.1998, n. 321).

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha precisato sul punto che “l’autorità amministrativa richiesta di concorrere con la forza pubblica all’esecuzione del comando contenuto nel titolo esecutivo ha il dovere di prestare i mezzi per l’attuazione in concreto dello stesso onde realizzare il fine ultimo della funzione sovrana della giurisdizione … L’apprestamento di tali mezzi da parte della pubblica amministrazione è, pertanto, assolutamente doveroso” (Cass., 26.2.2004, n. 3873).

Solo l’assoluta impossibilità (ma non è certamente questo il caso che la riguarda) di prestare assistenza può giustificare un temporaneo diniego da parte dell’ Autorità a fronte di una legittima richiesta da parte del Giudice o dei suoi ausiliari, poiché sussiste “un diritto soggettivo ad ottenere dall’amministrazione le attività necessarie all’esecuzione forzata del provvedimento, comprese quelle relative all’uso della forza pubblica, le quali integrano comportamenti dovuti (sempre che non ricorra un’impossibilità determinata da forza maggiore) e non discrezionali” (Cass., Sez. Un., 18.3.1988, n. 2478).

Conseguentemente, “il rifiuto di assistenza della forza pubblica all’esecuzione dei provvedimenti del giudice … sempre che non dipenda da accertata indisponibilità di forza … costituisce un comportamento illecito” (Cass., Sez. Un., 1.8.1962, n. 2299).

Del resto, se, come affermato dalla giurisprudenza sopra richiamata, la ratio della previsione normativa è quella di garantire, in sede di vendita senza incanto, la presenza di un soggetto professionale qualificato in ragione del fatto dei particolari connotati che tipizzano l’offerta di acquisto nella vendita senza incanto (primo fra tutti quello della irrevocabilità) è evidente che questa presenza si impone anche in sede di gara tra gli offerenti.

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