La risposta all’interrogativo formulato si rinviene nell’attuale formulazione dell’art. 560 c.p.c., (nel testo riscritto dall’art. 4, comma 2, d.l. 14/12/2018, n. 135, convertito dalla legge 11/2/2019, n. 12, e poi successivamente emendato dall’art. 18-quater comma 1 della l. 28 febbraio 2020, n. 8, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162).
L’art 560 c.p.c. oggi prevede che:
1. Il custode nominato ha il dovere di vigilare, affinché il debitore e il nucleo familiare conservino il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengano e tutelino la sua integrità.
2. Il debitore ed i familiari che con lui convivono, non perdono il possesso dell'immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento, salvo quanto previsto dal sesto comma.
3. Il debitore, deve consentire, in accordo con il custode, che l'immobile sia visitato da potenziali acquirenti.
4. Le modalità del diritto di visita sono contemplate e stabilite nell'ordinanza di cui all'articolo 569.
5. Il giudice ordina la liberazione dell'immobile pignorato qualora:
- sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti
- l'immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione
- quando l'immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare.
6. il giudice non può mai disporre il rilascio dell'immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento.
7. Dopo la notifica o la comunicazione del decreto di trasferimento, il custode, su istanza dell’aggiudicatario provvede all’attuazione del provvedimento di cui all’articolo 586, secondo comma, decorsi sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla predetta istanza.
Da queste norme ricaviamo, a proposito del diritto di visita, che me modalità devono essere disciplinate dal giudice dell’esecuzione nell’ordinanza di vendita, la quale costituisce lex specialis del procedimento liquidatorio.
Dunque, se le direttive stabilite dal giudice dell’esecuzione non fossero state rispettate o se comunque si ritiene, mancando tali direttive, che il diritto di visita non sia garantito, il suggerimento è quello di proporre ricorso al giudice dell’esecuzione. In linea generale, non siamo persuasi del fatto che il virtual tour possa adeguatamente soddisfare l’esigenza di una compiuta visita dell’immobile poiché non ci pare che sia il modo migliore per orientare compiutamente e consapevolmente il mercato.
A proposito dei danni all’immobile, la questione non è facilmente risolvibile.
Non tanto sul piano giuridico, rispetto alla quale le soluzioni ci sembrano piuttosto semplici, quanto sul piano concreto.
Dal punto di vista teorico, infatti, si potrebbe citare in giudizio il danneggiante, facilmente individuabile nella persona di colui che aveva materialmente la disponibilità dell'immobile.
Occorrerebbe tuttavia garantirsi contro il fatto che questi sia in grado di pagare, nel momento in cui l'aggiudicatario ottenesse una condanna di costui al risarcimento del danno.
Sempre sul piano teorico, potrebbe essere chiamato a rispondere il custode.
Ai sensi dell’art. 65 c.p.c., compito del custode è quello di conservare ed amministrare i beni sequestrati o pignorati.
Egli, inoltre, ai sensi dell’art. 67, comma secondo, c.p.c. è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.
Esiste poi il precetto di cui all’art. 2051 c.c., che disciplina il danno da cosa in custodia.
Aggiungiamo, infine, che ai sensi dell’art. 388, comma quinto, c.p., il custode che rifiuti, ometta o ritardi indebitamente il compimento di un atto del suo ufficio (e tale è certamente la esecuzione dell’ordine di liberazione, ai sensi dell’art. 560, comma quarto, c.p.c.) è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 516 euro”.
Quindi, certamente, il custode può essere chiamato a rispondere del danno arrecato alla cosa in custodia, e del danno derivante dalla ritardata esecuzione dell’ordine di liberazione.
In questo senso si è espressa la giurisprudenza. Secondo la Cassazione (sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730), infatti, "Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore. Ne deriva che, in relazione allo "ius ad rem" (pur condizionato al versamento del prezzo), che l'aggiudicatario acquista all'esito dell'"iter"esecutivo, è configurabile un obbligo di diligenza e di buona fede dei soggetti tenuti alla custodia e conservazione del bene aggiudicato, così da assicurare la corrispondenza tra quanto ha formato l'oggetto della volontà dell'aggiudicatario e quanto venduto. Pertanto, qualora l'aggiudicatario lamenti che l'immobile aggiudicato sia stato danneggiato prima del deposito del decreto di trasferimento, il giudice è tenuto a valutare la censura dell'aggiudicatario medesimo, diretta a prospettare la responsabilità del custode (nella specie, della curatela fallimentare che aveva proceduto alla vendita forzata), in base ai principi generali sull'adempimento delle obbligazioni (art. 1218 cod. civ.), per inadeguata custodia del bene posto in vendita, fino al trasferimento dello stesso" (negli stessi termini, più recentemente, Cass. 30/06/2014, n. 14765).
Detto questo, una precisazione è di assoluto rilievo.
Affinché il custode sia chiamato a rispondere è necessario che egli possa esercitare di fatto un potere di controllo sul bene, (potere che viene meno allorquando il debitore permane nella disponibilità del fabbricato). In questi casi ci sembra corretta la prevalente opinione dottrinaria, secondo la quale i danni arrecati all’immobile dal debitore che occupi il medesimo non possono ascriversi alla responsabilità del custode, in quanto non è identificabile il capo a questi una condotta esigibile, capace di evitarli. Detto altrimenti, è difficile ipotizzare quale iniziativa il custode avrebbe potuto adottare per evitare che il debitore, nel lasciare l’immobile, lo danneggi.
Questi concetti sono stati più volte espressi dalla Corte di Cassazione in tema di locazione, laddove si è affermato ad esempio che “poiché la responsabilità ex art. 2051 c.c. implica la disponibilità giuridica e materiale del bene che dà luogo all'evento lesivo, al proprietario dell'immobile locato sono riconducibili in via esclusiva i danni arrecati a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione, mentre grava sul solo conduttore la responsabilità per i danni provocati a terzi dagli accessori e dalle altre parti dell'immobile, che sono acquisiti alla sua disponibilità”. (Affermando tale principio, la S.C. ha riconosciuto la responsabilità del conduttore per i danni causati da infiltrazioni d'acqua a seguito della rottura di un tubo flessibile esterno all'impianto idrico, sostituibile senza necessità di interventi demolitori sui muri. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21788 del 27/10/2015).