LIBERAZIONE IMMOBILE dopo ATTO di TRASFERIMENTO

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  • Ultimo messaggio 11 aprile 2020
romina.87 pubblicato 07 aprile 2020

Salve,

il 6 febbraio 2020 sono diventata proprietaria di un immobile (prima casa) aggiudicato il 14 giugno 2019, a Milano.

Per l'immobile era già stato emesso l'ordine di liberazione a giugno 2018. Dalla perizia risultava libero ma ad uso dei proprietari (una coppia di anziani). I custode (SIVAG) mi aveva confermato che giuridicamente è libero ma che, finché l'atto di trasferimento non sarà firmato, li avrebbero lasciati in casa. A voce mi hanno tranquillizzato che dopo l'atto di trasferimento sarebbero usciti...

Nel frattempo invece, nella casa si è trasferita anche la famiglia del figlio dei propretari (con 2 minori)... 

Gli esecutati avevano una scadenza (l'ennesima) di liberazione il 12 febbraio (successiva quindi all'atto di trasferimento) che NON è stata rispettata. Il custode mi ha risposto che non hanno potuto fare una liberazione forzata perché non hanno avuto la disponibilità di carabinieri/servizi sociali.

Quindi hanno concesso un'ulteriore termine, al 10 marzo.

Il 10 marzo, gli esecutati hanno chiesto qualche altro giorno per fare il trasloco. Sucessivamente c'è stato il decreto di sospensione delle liberazioni e la SIVAG ha chiuso. Dicono che hanno sentito gli esecutati per verificare se si sono mossi liberamente ma che questi sostengono di non potersi muovere per via del decreto e che non si muoverano finché non avranno finito i lavori di ristrutturazione della nuova casa che (presumibilmente) hanno già acquistato.

Quello che vorrei chiedervi, gentilmente è:

- Il custode ha degli obblighi sui tempi di liberazione dell'immobile? Considerando che l'ordinanza di liberazione è stata emessa a giugno 2018, che il saldo prezzo è avvenuto il 20 novembre 2019 e che l'atto di traferimento è stato comunicato il 6 febbraio, non avrebbero dovuto essere più efficaci nella liberazione? 

- Il custode è stato inadempiente nel momento in cui ha permesso che una famiglia con minori (il figlio degli esecutati) si stabilisse in una casa già aggiudicata, rendendo quindi palesemente più difficile la liberazione?

- Il decreto di sospensione delle liberazioni emesso dal Tribunale di Milano per l'emergenza sospende le stesse fino al 30 maggio. A buon senso, questo decreto non dovrebbe essere applicato alla lettera solo sugli immobili ancora non saldati/trasferiti? Applicandolo alla lettera, il custode sta mettendo gli acquirenti come me in difficoltà economica (considerando che sto pagando oltre al mutuo e condominio anche un affitto!).

- Io vorrei chiedere un risarcimento per le spese che sto affrontando anche in questi mesi di emergenza Coronavirus (mutuo e almeno i consumi per riscaldamento). Non potevo infatti preventivare una doppa spesa (affitto + mutuo) per tutti questi mesi... su chi potrei rivalermi? sul custode o sull'esecutato, che palesamente si sta approfittando della situazione...

Grazie mille!

Romina 

inexecutivis pubblicato 11 aprile 2020

 Com’è noto, al momento del deposito in cancelleria del decreto di trasferimento si produce l’effetto traslativo (Cass. 16.4.2003, n. 6272; 20.5.2015, n.10251).

Quindi, da quel momento l’aggiudicatario consegue il diritto alla consegna del bene in applicazione delle regole generali sulla compravendita.

Così si esprime anche la giurisprudenza, secondo la quale Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore (Cassazione civile, sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730; Cass. 30/06/2014, n. 14765).

Del resto, lo stesso vale anche nelle vendite ordinarie, laddove si è detto che Nella vendita ad effetti reali, un volta concluso il contratto, l'acquirente consegue immediatamente, e senza necessità di materiale consegna, non solo la proprietà ma anche il possesso giuridico ("sine corpore") della "res vendita", con l'obbligo del venditore di trasferirgli il possesso materiale ("corpus"), che si realizza con la consegna e che, quanto al tempo della sua attuazione, ben può essere regolato dall'accordo dell'autonomia delle parti”. (Cass. n. 569 del 11/01/2008).

Sulla scorta di queste premesse è teoricamente possibile ipotizzare una responsabilità del custode da ritardata consegna.

Quanto alla incidenza della emergenza epidemiologica in atto, osserviamo quanto segue.

È fatto notorio che il Paese sta attraversando un momento storico di assoluta gravità, che ha recentemente inciso in modo assai penetrante sull’ordinario svolgimento dell’attività giurisdizionale.

Invero il decreto legge 8 marzo 2020, n. 11 pubblicato in pari data sulla sulla G.U. n. 60 aveva previsto, all’art. 1 comma primo, che “A decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto [e dunque dal 9 marzo] e sino al 22 marzo 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, con le eccezioni indicate all’articolo 2, comma 2, lettera g), sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020”, aggiungendo al successivo comma 2 che fino al 22 marzo 2020 “sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate”.

A 9 giorni di distanza, l’acuirsi dell’emergenza sanitaria ha determinato l’emanazione del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19” (pubblicato sulla G.U. Serie Generale n. 70 del 17 marzo 2020), che con l’art. 83 ha (sostanzialmente) prorogato al 15 aprile 2020 il rinvio d'ufficio delle udienze civili e penali, nonché la sospensione dei termini processuali (commi primo e secondo) prima fissata al 22 marzo dal d.l n. 11/2020 citato, disponendo che i capi degli uffici potranno adottare disposizioni che prevedano, tra l’altro, il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020.

Infine, questo termine è stato prorogato all’11 maggio con l’art. 36 del d.l. 8 aprile 2020, n. 23

Pertanto, i termini processuali sono ad oggi sospesi dal 9 marzo al 15 aprile, e dunque per 64 giorni.

A questa sospensione fanno eccezione, secondo quanto previsto dal comma terzo del citato art. 83, una serie di procedimenti, tra cui “tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti. In quest’ultimo caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal capo dell’ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile.

Parimenti, l’art. 103 comma sesto prescrive che “L’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020”.

È allora necessario chiedersi se, e come, queste norme alterano il fisiologico divenire delle procedure esecutive.

A nostro giudizio deve muoversi dalla premessa per cui i termini processuali soggiacciono, per effetto delle disposizioni emergenziali surrichiamtate, ad un regime di sospensione i cui effetti non sono dissimili, sebbene più ampi, di quelli determinati dalla l. 7 ottobre 1969, 742 (pur essendo radicalmente diversa la scaturigine delle norme) che i termini processuali sospende durante il periodo feriale.

Depone in questa direzione sia il dato letterale della norma (che al comma secondo, dopo aver previsto che “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”, ha poi specificato al successivo periodo che “si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali”) che, soprattutto, la sua ratio, meglio esplicitata nella relazione illustrativa disegno di legge di conversione del d.l. n. 11/2020, laddove si afferma che essa ha lo scopo di determinare la “sospensione di tutti i termini per il compimento di qualsiasi attività processuale, ivi inclusi gli atti di impugnazione”, nonché nella relazione illustrativa del d.l. n. 18/2020, nella quale si rappresenta la necessità di rimediare al “fiorire di dubbi interpretativi e prassi applicative sostanzialmente elusive del contenuto della previsione o comunque non adeguatamente sensibili rispetto all’evidente dato teleologico della norma, costituito dalla duplice esigenza di sospendere tutte le attività processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell’epidemia, da un lato, e di neutralizzare ogni effetto negativo che il massivo differimento delle attività processuali disposto al comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali, dall’altro

Si tratta, in ogni caso e come è stato subito osservato dai primissimi commentatori, di “una sospensione sui generis, che, benché riferita testualmente ai soli termini processuali, comprende in concreto tutte le attività processuali tout court e quelle connesse, nel loro complesso”.

Viene da chiedersi, infine, se la sospensione delle esecuzioni per rilascio prevista dal citato art. 103, comma 6, d.l. n. 18 del 2020 riguardi anche l’attuazione degli ordini di liberazione.

Secondo una prima opinione la sospensione non riguarda l’attuazione degli ordini di liberazione, poiché la sospensione riguarda le “esecuzioni” per rilascio, laddove invece l’ordine di liberazione viene “attuato” (così la riforma dell’art. 560 ad opera del d.l. 59/2016) dal custode sotto la direzione del giudice dell’esecuzione immobiliare, non dando luogo ad una autonoma procedura esecutiva. Quindi, si dice, poiché il citato art. 103 comma 6 costituisce disposizione eccezionale contenuta in una normativa speciale, come tale, è insuscettibile di applicazione analogica pena la violazione dell’art. 14 delle preleggi. Essa dunque non dovrebbe riguardare la “attuazione” dell’ordine di liberazione.

Tuttavia, come abbiamo detto, ai sensi del comma 2 dell’art. 83 “sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti”, con la conseguenza per c ui si potrebbe ritenere che anche l’attuazione dell’ordine di liberazione rimane congelata e rinviata a dopo il 30 giugno.

Ed allora, in conclusione, ove il custode non volesse procedere oltre il consiglio che si può offrire è quello di chiedere al Presidente del Tribunale, con apposita istanza, che venga dichiarata l’urgenza, consentendo così la prosecuzione delle attività di liberazione.

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