inexecutivis
pubblicato
01 maggio 2018
Rispondiamo alla domanda formulata osservando in primo luogo che è compito precipuo del curatore quello di consegnare il bene all’aggiudicatario, poiché anche nelle vendite fallimentari trova applicazione la previsione di cui all’art. 1477 c.c.
In giurisprudenza sul punto si è condivisibilmente osservato che Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore (Cassazione civile, sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730; Cass. 30/06/2014, n. 14765).
Il problema che allora si pone è se anche in ambito fallimentare il Giudice delegato possa emettere l’ordine di liberazione dell’immobile (previsto e disciplinato dall’art. 560, commi terzo e quarto, c.p.c.).
La giurisprudenza di merito (senso, Tribunale, Reggio Emilia, sez. fallimentare, sentenza 26/10/2013) lo ammette quando la vendita si svolge secondo le prescrizioni del codice di procedura civile (cioè ai sensi dell’art. 107, comma secondo, l.fall.).
Più recentemente (Trib. Mantova, 13 ottobre 2016) si è aggiunto che anche quando la vendita si sia svolta mediante procedure competitive (cioè ai sensi dell’art. 107, comma primo. L.fall.) questa possibilità deve ammettersi. A questo proposito si è osservato che sebbene sia il curatore che sceglie, con il programma di liquidazione, le modalità di vendita dei beni, optando - ai sensi del comma 1 o del comma 2 dell'art. 107 l.fall. - per le procedure competitive ovvero per la liquidazione in base alle norme del codice di procedura civile, la scelta per l’una o l’altra modalità non incide sulla natura delle vendite medesime, trattandosi comunque di vendite coattive, attuate contro la volontà del fallito, con la conseguenza che nell’uno e nell’altro caso deve ritenersi ammissibile la possibilità di adottare l’ordine di liberazione.
Sulla scorta dei dati ermeneutici sin qui richiamati il suggerimento che ci sentiamo di offrire è quello di diffidare formalmente il curatore a consegnarle il bene, libero da persone e cose.