Liberazione immobile

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  • Ultimo messaggio 24 settembre 2017
lino0208 pubblicato 22 settembre 2017

Scusate, ma prima di porre i quesiti devo fare la seguente premessa:

1) Il 19/12/16 ho partecipato ad un’asta e mi è stato assegnato l’immobile;

2) il 30/03/17 ho pagato il saldo;

3) il 15/04/17 è stato emesso il decreto di trasferimento contenente l’invito a lasciare l’immobile (occupato da una emittente televisiva privata senza contratto di locazione valido);

4) il custode, che in un primo momento affermava che per la liberazione dell’immobile dovevo obbligatoriamente rivolgermi ad un avvocato (grazie a Voi, gli dissi che era compito del custode eseguire la liberazione dell’immobile) effettua finalmente, a fine luglio 2017, le notifiche per la liberazione dell’immobile assegnando all’emittente televisiva 30 giorni di tempo (preciso che, il custode diceva che dovevo rivolgermi obbligatoriamente ad un avvocato poiché ho scoperto che, al suo primo accesso presso l’immobile, aveva avuto un assaggio del modo di fare dell’occupante e che vi esporrò in seguito);

5) il 30/08/17 l’emittente televisiva non ha lasciato l’immobile;

6) il 13/09/17 viene fissato l’accesso con la forza pubblica;

7) il giorno stabilito per l’accesso con i carabinieri (13/09/17) il custode mi riferisce (anche se la cosa mi lascia perplesso) che il giudice ha concesso (sembrerebbe su richiesta dell’emittente televisiva in quanto avrebbe invocato la violazione per “interruzione di pubblico servizio”) una proroga per la liberazione dell’immobile fino al 29/09/17;

8) il 13/09/17 e nei giorni seguenti l’emittente televisiva, in un suo programma giornaliero (dove dall’inizio di agosto il conduttore ed amministratore dell’emittente televisiva ne sta dicendo di tutti i colori), invita i cittadini a recarsi il 29/09 presso l’immobile per assistere allo “spettacolo”… e che sicuramente sarà preso da malore e dovranno portarlo all’ospedale….. 

Tanto premesso vi chiedo:

1) il giudice può decidere di concedere ulteriori proroghe, considerato che il conduttore ed amministratore dell’emittente televisiva in queste trasmissioni sta dichiarando che non lascerà l’immobile e che se verrà eseguita la liberazione forzata denuncerà TUTTI (compreso i carabinieri) per “interruzione di pubblico servizio”?

2) Vorrei conferma, se è vero che posso fare una denuncia penale per violazione di domicilio considerato che l’emittente televisiva (anche in presenza della proroga data dal giudice) non ha lasciato libero l’immobile già dal 30/08. 

3) Se sono proprietario dell’immobile, dalla data di emissione del decreto di trasferimento, l’emittente televisiva non dovrebbe pagarmi una sorta di indennità di occupazione considerato che non sta versando neanche le quote condominiali e la situazione non sembra risolversi per il momento? (preciso, che l’emittente non paga né “fitto” né quote condominiali già da circa due anni prima dell’emissione del decreto di trasferimento. In altri termini, conviene all’emittente televisiva non trovare una nuova sede poiché, sembrerebbe, giocare a suo favore l’“interruzione di pubblico servizio”).

4) So che sono dati pubblici, ma può un’emittente televisiva diffondere (PUBBLICIZZARE) a soggetti senza alcun interesse legittimo, dettagli come il prezzo pagato, la non stipula di un contratto di mutuo, nome e cognome dell’acquirente ecc … ? 

5) Partendo dalle date sopra indicate volevo capire meglio l’iter che si sarebbe dovuto seguire (indicando, gentilmente, la competenza e le date approssimative) per il rilascio dell’immobile. In altri termini, se all’atto di emissione del decreto di trasferimento l’immobile doveva essere libero, significa che la procedura di liberazione dell’immobile è stata iniziata con notevole ritardo.

Le mie domande non sono fatte per risolvere il problema ma per capire com’è la situazione reale.

Vi chiedo infine, ringraziandovi anticipatamente, di darmi un consiglio soprattutto al difuori delle domande fatte su quello che posso fare o a chi rivolgermi (escludendo l’avvocato che ho già e che mi sa dovrò cambiare). Grazie.

 

 

inexecutivis pubblicato 24 settembre 2017

Cerchiamo di andare con ordine.

La denuncia per interruzione di pubblico servizio (reato previsto dall’art. 340 c.p.) ci sembra francamente del tutto fuori luogo. Argomentando in questi termini, si dovrebbe configurare un reato di violazione di domicilio ogni qualvolta la forza pubblica esegue uno sfratto.

Allo stesso modo, non ci pare sussistano i presupposti per configurare, in capo all’occupante, il reato di violazione di domicilio.

Invero, “Ai fini della configurazione del delitto di violazione di domicilio, per "abitazione" si intende il luogo adibito ad uso domestico di una o più persone; non è tale - difettando del requisito dell'attualità dell'uso domestico - l'appartamento non ancora abitato dal proprietario, tanto più se esso contiene mobili ed effetti personali di pertinenza del soggetto imputato”. (Cass. pen., sez. 6, n. 31982 del 29/07/2003).

Manca, in sostanza, la possibilità di individuare, nel caso di specie una abitazione o altro luogo di privata dimora, tali essendo l’oggetto del reato di violazione di domicilio, previsto dall’art. 614 c.p.

Certamente, la condotta dell’occupante che rifiuta il rilascio commette un fatto illecito, come tale fonte di responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c.

Come da lei osservato, i dati cui ha fatto riferimento sono pubblici e quindi la loro diffusione non è vietata.

Infine, quanto al prosieguo della procedura, il consiglio che ci sentiamo di offrirle è quello di insistere, al prossimo accesso (cui le consigliamo di essere presente pre il tramite di un difensore) affinché l’ordine di liberazione sia eseguito anche mediante l’uso della forza, se le circostanze lo richiedono.

A questo proposito ricordiamo che il novellato art. 560, comma quarto, c.p.c. stabilisce che “per l’attuazione dell’ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica”. In questi termini si esprimono in generale gli artt. gli artt. 68 c.p.c. e 14 Ord. Giudiziario. Anch’essi consentono al Giudice di avvalersi della forza pubblica per il compimento di attività inerenti ai processi e, segnatamente, ai processi di esecuzione forzata.

L’assistenza della forza pubblica in fase esecutiva costituisce collaborazione all’esecuzione forzata ed è strumentale rispetto al provvedimento giurisdizionale (in proposito, Corte Cost. 24.7.1998, n. 321).

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha precisato sul punto che “l’autorità amministrativa richiesta di concorrere con la forza pubblica all’esecuzione del comando contenuto nel titolo esecutivo ha il dovere di prestare i mezzi per l’attuazione in concreto dello stesso onde realizzare il fine ultimo della funzione sovrana della giurisdizione … L’apprestamento di tali mezzi da parte della pubblica amministrazione è, pertanto, assolutamente doveroso” (Cass., 26.2.2004, n. 3873).

Solo l’assoluta impossibilità (ma non è certamente questo il caso che la riguarda) di prestare assistenza può giustificare un temporaneo diniego da parte dell’ Autorità a fronte di una legittima richiesta da parte del Giudice o dei suoi ausiliari, poiché sussiste “un diritto soggettivo ad ottenere dall’amministrazione le attività necessarie all’esecuzione forzata del provvedimento, comprese quelle relative all’uso della forza pubblica, le quali integrano comportamenti dovuti (sempre che non ricorra un’impossibilità determinata da forza maggiore) e non discrezionali” (Cass., Sez. Un., 18.3.1988, n. 2478).

 

Conseguentemente, “il rifiuto di assistenza della forza pubblica all’esecuzione dei provvedimenti del giudice … sempre che non dipenda da accertata indisponibilità di forza … costituisce un comportamento illecito” (Cass., Sez. Un., 1.8.1962, n. 2299).

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