A nosro avviso si può certamente rinunciare, ma secondo noi non è necessario farlo, poichè l'applicazione della disciplina del prezzo valore pone di per sè al riparo da accertamenti.
Ai sensi del combinato disposto dell’art. 52, comma 4, 5 e 5 bis del TUR e dell’art. 1, comma 497 L. 23/12/2005, n. 266, modificato prima dal comma 21 dell'art. 35, D.L. 4 luglio 2006, n. 223 e poi dal comma 309 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze (con esclusione delle categoria a/10 e C/1), la base imponibile è determinata dalla minor somma a tra prezzo di aggiudicazione e rendita catastale rivalutata (del 5%) e moltiplicata per 120 (110 se prima casa).
La ratio della norma è quella di adeguare i corrispettivi delle vendite (e quindi della base imponibile) ai valori del mercato evitando che i contribuenti indichino corrispettivi irrisori per evitare operazioni accertative. A questa conclusione conduce il ragionamento svolto dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 145/E del 9.6.2009, la quale ha affermato che, la finalità della norma “consiste, tra l’altro, nel far emergere i reali corrispettivi delle contrattazioni immobiliari”.
Il primo requisito soggettivo è che la cessione avvenga nei confronti di persone fisiche. È inoltre necessario che tale acquisto non venga compiuto nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali.
Tale disciplina, originariamente prevista per le “cessioni” è stata riconosciuta espressamente applicabile alle vendite esecutive dalla Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 6 del 23 gennaio 2014 ha dichiarato costituzionalmente illegittima la norma del (articolo 1, comma 497, legge 266/2005) nella parte in cui non prevedeva la sua applicazione agli acquisti effettuati in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico incanto.
Secondo l’Agenzia delle Entrate (circ. 6.2.2007 n. 6), la disciplina del pezzo valore interessa i trasferimenti:
– di immobili ad uso abitativo (gruppo catastale A, eccetto gli A/10) e/o relative pertinenze (es. C/6, C/2);
– posti in essere in favore di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di un’impresa, ovvero di un’arte o professione, bensì come privati;
– per cui l’acquirente (o in generale l’avente causa), sussistendone le condizioni, abbia richiesto al notaio di applicare le imposte sul valore catastale, avvalendosi del c.d. “prezzo-valore” (art. 1 co. 497 della L. 266/2005).
L’applicazione della disciplina del prezzo valore non opera automaticamente. Essa infatti si applica (ai sensi dell’art. 1, comma 497, 266/2005) su richiesta della parte acquirente resa al notaio “all'atto della cessione”.
Traslando questa previsione nell’ambito delle vendite esecutive, laddove l’atto di cessione (ossia l’atto che determina il trasferimento della proprietà) è costituito dal decreto di trasferimento, si deve giungere alla conclusione per cui fino a quando non sia stato emesso il decreto di trasferimento l’opzione per l’applicazione della disciplina del prezzo valore è sempre possibile.
Sarebbe quindi da escludere che, pronunciato il decreto di trasferimento e prima della liquidazione dell’imposta di registro, l’acquirente possa produrre una dichiarazione integrativa nella quale richiede l’applicazione del regime fiscale in parola.
In questi termini si è espressa l’Agenzia delle Entrate con la citata risoluzione n. 145/E del 9.6.2009, la quale ha affermato che, “in ragione della formulazione letterale della norma e della finalità da essa perseguita, che consiste, tra l’altro, nel far emergere i reali corrispettivi delle contrattazioni immobiliari, si deve escludere che la dichiarazione di cui all’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, possa essere contenuta in un atto integrativo successivo al negozio traslativo. Tale soluzione risponde anche alla necessità di garantire la certezza nei rapporti giuridici e di tutelare il reciproco affidamento tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria. La scelta compiuta all’atto del trasferimento di volersi avvalere della disciplina del prezzo-valore, produce, infatti, conseguenze immediate in ordine all’attività di controllo degli Uffici, inibendo i poteri di rettifica (articolo 52, comma 5-bis, TUR). Non è ipotizzabile, ad esempio, che l’attività di accertamento sul valore avviata dall’Ufficio, possa essere inibita dall’acquirente attraverso la presentazione di un atto integrativo diretto a chiedere l’applicazione del meccanismo del prezzo-valore”.
È vero che il caso dal quale nasce la risoluzione appena citata riguardava un trasferimento negoziale e non coattivo.
Questo fa venir meno una delle motivazioni che detta risoluzione ha indicato a giustificazione del proprio diniego, in quanto nei trasferimenti coattivi il prezzo è fissato dall’autorità giudiziaria, e dunque non sono possibili attività accertative dell’ufficio volte alla rettifica del corrispettivo.
È tuttavia doveroso osservare che comunque il dato normativo contiene uno sbarramento rappresentato dalla produzione dell’effetto traslativo.
La disciplina del prezzo valore non si applica ai trasferimenti immobiliari che abbiano ad oggetto
terreni, tranne che costituiscano pertinenza di un fabbricato ad uso abitativo. In tale ipotesi si potrà ricorrere a siffatto criterio di determinazione della base imponibile qualora il terreno sia ceduto contestualmente alla casa di abitazione. La precisazione si deve alla risoluzione n. 149/E dell’11 aprile 2008 dell’Agenzia delle Entrate, la quale si è pronunciata in risposta ad una istanza di interpello in cui si chiedevano lumi relativi alla stipula di un atto riguardante la cessione di un compendio costituito da fabbricati e terreni.
Problema peculiare è quello relativo alla possibilità che la disciplina in parola operi anche con riferimento al trasferimento di fabbricati privi di rendita.
Sul unto utili chiarimenti sono venuti dalla Corte di Cassazione (sentenza 12 febbraio 2019, n. 4055; negli stessi termini (sentenza 18 febbraio 2020, n. 4072), la quale ha precisato che l'art.12, comma d.l. 14/03/1988, n. 70, riconosce la possibilità di avvalersi del regime di valutazione secondo il valore catastale anche per gli immobili privi di rendita e per gli immobili con rendita catastale non definitivamente attribuita ma solo proposta con la procedura di cui al d.m. 19 aprile 1994, n. 701 (procedura DOCFA) alla "condizione che il contribuente dichiari nell'atto di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo".
Nell'ambito di tale procedura, l'ufficio dell'Agenzia delle Entrate liquida le imposte (registro, ipotecaria, catastale) sul prezzo o sul valore indicato in atto e attende che l'ufficio provinciale dell'Agenzia del Territorio attribuisca la rendita all'immobile. Qualora a quest'ultima corrisponda un valore catastale superiore a quello indicato in atto, viene emesso un avviso di liquidazione volto al recupero della maggiore imposta dovuta.
Il contribuente interessato ad avvalersi della disciplina del prezzo valore in relazione al trasferimento di immobili sprovvisti di rendita, ovvero dotati di rendita proposta deve innanzitutto dichiarare, nell'atto (e quindi deve comunicare al professionista delegato in vista della predisposizione del decreto di trasferimento) di volersi avvalere delle disposizioni di cui all'art. 12 del D.L. n. 70/1988, convertito nella L. n. 154/1988.
A questo punto, se oggetto di trasferimento è un immobile sprovvisto di rendita, l'art. 12 del D.L. n. 70/1988, prescrive che:
• il contribuente interessato deve presentare all'Ufficio provinciale dell'Agenzia del Territorio, in allegato all'istanza di voltura catastale di cui all'art. 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, la richiesta di attribuzione della rendita catastale;
• l'ufficio provinciale dell'Agenzia del Territorio è tenuto a rilasciare ricevuta dell'avvenuta presentazione dell'istanza di attribuzione della rendita catastale, in duplice esemplare;
• il contribuente interessato o il professionista che da questi abbia ricevuto mandato deve poi presentare la ricevuta al competente ufficio dell'Agenzia delle Entrate
• l'ufficio dell'Agenzia delle Entrate restituisce un esemplare della ricevuta, attestandone la relativa presentazione;
• entro dieci mesi dalla data di presentazione dell'istanza di voltura, l'ufficio provinciale dell'Agenzia del Territorio deve inviare all'ufficio dell'Agenzia delle Entrate presso il quale ha avuto luogo la registrazione un certificato catastale attestante l'avvenuta attribuzione della rendita;
Se invece si tratta di rendita proposta, vengono meno gli adempimenti posti in capo al contribuente ed agli uffici dell'Amministrazione finanziaria volti a conseguirne l'attribuzione e la sua comunicazione all'ufficio dell'Agenzia delle Entrate, sicché l'applicazione della procedura è subordinata alla sola condizione che il contribuente interessato dichiari nell'atto di volersi avvalere delle disposizioni dell'art. 12 del D.L. n. 70/1988.