Rispondiamo alla domanda osservando come a mente dell'art. 511 c.p.c. il creditore di un creditore avente diritto alla distribuzione può chiedere di essere a lui sostituito.
Si ritiene generalmente che la domanda di sostituzione può essere promossa fino a quando il Giudice non abbia approvato il piano di riparto, e che affinché l'istituto possa operare è necessario che il creditore del creditore sia munito di titolo esecutivo.
Quindi, se l'Agenzia delle Entrate è munita di un valido titolo esecutivo emesso nei confronti di un creditore potrà utilizzare lo strumento di cui abbiamo appena detto e concorrere alla distribuzione del ricavato in luogo del suo debitore.
Fatta questa premessa osserviamo tuttavia che in linea generale (e salvo che per il singolo tributo non sia previsto diversamente) le obbligazioni tributarie che riguardano l'immobile restato, anche dopo il pignoramento, in capo al debitore esecutato, il quale pertanto è tenuto al loro pagamento fino a quando non venga depositato in cancelleria il decreto di trasferimento, atto con il quale si determina, secondo Cass. 16.4.2003, n. 6272 (ed anche secondo la prevalente dottrina), il trasferimento della proprietà del bene in capo all'aggiudicatario.
Questo in ragione del fatto che il pignoramento non priva il debitore della proprietà del bene, determinando esclusivamente un vincolo preordinato al futuro trasferimento dello stesso all'aggiudicatario, dal quale consegue l'inopponibilità alla procedura degli atti dispositivi compiuti sul bene dopo il pignoramento medesimo (o dopo l'iscrizione ipotecaria, nei casi in cui il creditore pignorante fosse garantito da ipoteca iscritta sul bene).
In ogni caso, il problema non riguarda la procedura in quanto tale, poiché comunque l'Agenzia delle Entrate deve preventivamente munirsi di titolo esecutivo, sia che intenda sostituirsi al creditore obbligato nei suoi confronti (per un debito tributario il cui soggetto obbligato sia l'occupante) sia che intenda agire per un credito tributario maturato nei confronti del debitore esecutato.
Infine, quanto alla possibilità che l'importo della indennità di occupazione vada sostanzialmente scomputato dalla somma da riconoscersi in sede di distribuzione al creditore che ha occupato l'immobile, riteniamo che in linea di principio essa vada esclusa.
La giurisprudenza ha infatti affermato che "In tema di compensazione dei crediti, se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale o in altro già pendente, l'esistenza del controcredito opposto in compensazione, il giudice non può pronunciare la compensazione, neppure quella giudiziale, perché quest'ultima, ex art. 1243, comma 2, c.c., presuppone l'accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo. In tale ipotesi, resta pertanto esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, ed è parimenti preclusa l'invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall'art. 295 c.p.c. o dall'art. 337, comma 2, c.p.c, in considerazione della prevalenza della disciplina speciale dell'art. 1243 c.c.." (Cass, Sez. U -, Sentenza n. 23225 del 15/11/2016).
Peraltro osserviamo che nel caso prospettato nella domanda probabilmente a rigore non può parlarsi neppure di compensazione, poiché in realtà il controcredito nei confronti del creditore non è vantato dal debitore esecutato bensì dalla procedura esecutiva.
Fatte queste premesse, osserviamo che il piano di riparto dovrà comunque prevedere che al creditore moroso nel pagamento dell'indennità di occupazione sia assegnata una somma dalla quale venga detratto l'importo da lui dovuto alla procedura. Potrebbe infatti accadere che il creditore nulla eccepisca sul punto, con la conseguenza che il piano sarà regolarmente approvato in quei termini. È tuttavia evidente che se sorgeranno contestazioni dovrà procedersi alla risoluzione della relativa controversia ai sensi dell'art. 512 c.p.c.