Al fine di rispondere alla domanda posta riteniamo che debbano essere considerati gli artt. 509 c.p.c., l’art. 587 e l’art. 177 disp att c.p.c..
L’art. 509 prevede che l’aggiudicatario decaduto può essere condannato, con decreto del
G.E., al risarcimento del danno (così testualmente l’art. 509 c.p.c.) provocato dal suo inadempimento.
È chiaro che la mera decadenza non basta cagionare un danno alla procedura esecutiva, poiché con la riapertura del procedimento di vendita potrebbe giungersi ad una nuova aggiudicazione per un prezzo pari o superiore a quello non versato dall’inadempiente.
Presupposto della condanna è dunque il conseguimento di un ricavato che, unito alla cauzione confiscata, sia inferiore al prezzo della precedente aggiudicazione.
Solo così l’aggiudicatario inadempiente potrà essere condannato al pagamento di una somma pari alla differenza tra il prezzo da lui offerto e la somma tra il nuovo prezzo di aggiudicazione e la cauzione confiscata. (art. 587 cpv. c.p.c.).
La necessità di considerare anche la cauzione confiscata ci pare vada mantenuta ferma nonostante il fatto che l’art. 177 disp. att. c.p.c. non ne tenga conto, stabilendo che la condanna dell’inadempiente abbia ad oggetto il “pagamento della differenza tra il prezzo da lui offerto e quello minore per il quale è avvenuta la vendita”, poiché si tratta comunque di una posta attiva incassata dalla procedura in conseguenza dell’inadempimento.
Il decreto di condanna “costituisce titolo esecutivo a favore dei creditori ai quali nella distribuzione della somma ricavata è stato assegnato il credito da esso portato” (così l’art. 177 cpv. disp. att. c.p.c.).
In dottrina è stato osservato che si tratta di un titolo esecutivo emesso in incertam personam che, per necessita di essere integrato con il piano di riparto.
Trattandosi di titolo esecutivo emesso nei confronti di un soggetto diverso dal debitore esecutato, va escluso, a nostro avviso, che alla riscossione delle somme provveda la procedura esecutiva tenuto altresì conto dei ritardi che essa arrecherebbe alla chiusura della stessa.
Con il decreto, dunque, il creditore diviene creditore dell’aggiudicatario inadempiente, ma questo non determina, a nostro avviso, una estinzione del debito del debitore esecutato, poiché si tratta di una cessione pro solvendo, conformemente alla previsione di cui all’art. 2928 c.c., secondo la quale “il diritto dell’assegnatario verso il debitore che ha subito l’espropriazione non si estingue
che con la riscossione del credito assegnato”.
Taluna dottrina ha ritenuto che se tutti i creditori sono stati soddisfatti in sede di riparto, il credito deve essere assegnato al debitore come residuo di liquidazione.
Questa tesi pone qualche dubbio perché l’art. 177 attribuisce efficacia di titolo esecutivo al decreto solo a favore dei creditori insoddisfatti.
Così ricostruita la disciplina della condanna, riteniamo che in linea di massima il decreto potrà non essere emesso solo ove i creditori vi consentano.
Certamente, comunque, dovrà procedersi ad una puntuale analisi del caso di specie.