Impugnazione della vendita all'asta

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  • Ultimo messaggio 22 settembre 2019
carlo pubblicato 14 settembre 2019

Buongiorno,

sono interessato all'acquisto di un appartamento che andrà all'asta tra poche settimane. 

Nella sua perizia, il CTU commette un errore di sovrastima della consistenza dell'immobile (superficie) e di conseguenza del valore complessivo, quest'ultimo determinato come: Superficie * Valore di Mercato.

In particolare, nella descrizione del lotto egli afferma che l'appartamento ha una superficie commerciale di 200 mq; con questa determina il valore complessivo del lotto: 200mq * 1500 euro/mq = 300'000 euro

Tuttavia, nella stessa perizia il CTU cita i dati catastali, ovvero 150 mq superficie catastale; 140 mq catastali escluse aree scoperte. 

Lo stesso errore viene riportato anche nell'avviso di vendita del delegato, il quale nella descrizione riporta 200 mq e nei riferimenti catastali 150 mq. A questo punto, ho contattato il delegato il quale mi ha confermato la presenza dell'errore e informato che la consistenza reale dell'immobile è quella catastale: 150 mq. Pertanto, il valore complessivo dell'immobile sarebbe dovuto essere 150mq*1500euro/mq = 225'000 euro.

Le prime tre aste sono andate deserte e l'asta cui vorrei partecipare parte da un prezzo base di 192'000 euro (inferiore ai citati 225'000 euro del valore reale che si sarebbe dovuto assumere)

A breve farò un sopralluogo per accertare lo stato dei luoghi, tuttavia, a prescindere dalla reale superficie, mi sorge un quesito molto importante ai fini della mia partcipazione all'asta. 

In caso di aggiudicazione e successivo pagamento del prezzo, nonché di trasferimento della proprietà, l'esecutato, o chiunque altro, può impugnare l'atto di vendita/trasferimento in quanto il valore del bene è stato sovrastimato? Questo errore può costituire un vizio ed annullare l'atto?

 

 

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inexecutivis pubblicato 18 settembre 2019

Non crediamo affatto che l’errore riscontrato in perizia possa portare ad impugnare il decreto di trasferimento.

In primo luogo la relativa opposizione avrebbe dovuto proporsi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., nel termine perentorio di 20 giorni decorrenti dall’adozione dell’ordinanza di vendita pronunciata dal giudice dell’esecuzione ex art. 569 c.p.c., sicché essa oggi sarebbe inammissibile perché tardiva.

Inoltre, se anche in ipotesi il debitore fosse ancora nel termine (poiché ad esempio non ha mai ricevuto la notificazione del decreto di fissazione dell’udienza) una eventuale impugnazione sarebbe respinta poiché non è dato sapere quale interesse sostanziale potrebbe aver leso l’errore commesso dallo stimatore. Invero va sempre più affermandosi il principio per cui l’asserita violazione di regole processuali non accompagnata dalla allegazione dello specifico interesse sostanziale che quella violazione avrebbe leso non può condurre all’accoglimento dell’opposizione (si veda, in proposito, cass. n. 14774 del 30/06/2014, secondo cui “In tema di espropriazione immobiliare, il giudice, pur avendo constatato un'illegittimità della procedura, non deve accogliere l'opposizione se non venga dimostrato che dalla stessa sia derivata la lesione dell'interesse del debitore a conseguire dalla vendita il maggior prezzo possibile per aver impedito ulteriori e più convenienti offerte di acquisto”).

carlo pubblicato 18 settembre 2019

Veramente mille grazie. Il vostro parere è decisamente utile ed esaustivo, come sempre!

inexecutivis pubblicato 22 settembre 2019

grazie a lei!

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