Immobile occupato-nessuna mensione su ordine di liberazione-custodia sino ad emissione decreto

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  • Ultimo messaggio 27 gennaio 2021
ardigan pubblicato 26 gennaio 2021

Spett.le InExecutivis

Desideravo avere alcune delucidazioni su un immobile in asta dove:

L'immobile risulta gravato da un contratto di locazione non opponibile autorizzato dal giudice con pigione a soddisfacimento del credito,e sin quì tutto chiaro;tuttavia ne in avviso ne in ordinanza vi è esoressa mensione sull'ordine di liberazione ovvero,non si capisce se verrà emesso al momento dell'emissione decreto o se è già sato disposto all'inizio dal giudice.

Premesso che l'esecuzione risale al 2017 e che successivamente con la riforma del 560 l'occupante può rimanere in casa sino ad emissione decreto,desideravo capire,per quanto ne so,se effettivamente,essendo un esecuzione antecedente al 2019 si possa comunque fare richiesta al delegato(affinchè sia lui tralaltro ad occuparsene)di poter procedere preventivamente alla liberazione dopo il solo saldo prezzo,e se, come accadrebbe in caso di occupazione da parte dell'esecutato,anche l'occupante senza titolo(in questo caso trattasi di affini)debba inoltrare un'istanza al giudice per poter revocare(qualora fosse stato emesso)l'ordine di liberazione chiedendo di rimanere nel possesso dell'immobile sino ad emissione decreto,o se la norma retroagisca in automatico con discrezionalità del giudice.Ribadisco che si tratta di esecuzione antecedente al 2019,diversamente,mi pare di capire che risulterebbe scontata l'occupazione sino ad emssione ddt senza che si debba inoltrare alcuna istanza,a prescindere che si tratti del debitore esecutato o no.

In ultima istanza chiedo se effettivamente il delegato nonchè custode debba vigilare sino ad emissione DDT affinche non vengano arrecati danni all'abitazione e se,qualora ciò dovesse accadere,chi ne risposnderebbe oltre al delegato e quale sarenbbe la corretta procedura per ottenere un risarcimento o altro

grazie

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inexecutivis pubblicato 26 gennaio 2021

L’art. 560, comma sesto c.p.c., dispone attualmente che il giudice ordina la liberazione dell'immobile pignorato:

qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti;

quando l'immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare;

quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico;

quando l'immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare.

Il settimo comma aggiunge poi che quando l'immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari il giudice non può mai disporre il rilascio dell'immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento ai sensi dell'articolo 586.

Dunque, se l’immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare, l’ordine di liberazione può essere emesso anche prima dell’aggiudicazione.

L’unica novità introdotta per tutte le procedure, contenuta nel medesimo comma sesto, è che la liberazione è disposta, a spese della procedura e a cura del custode, se l’aggiudicatario lo richiede.

Quanto alla disciplina ratione temporis applicabile, è necessario ricostruire il dato normativo.

Se la procedura è iniziata prima del 13 febbraio 2019 dovrebbe applicarsi il terzo e quarto comma dell’art. 560 c.p.c., (nel testo modificato dal Decreto Legge 3 Maggio 2016 n. 59 convertito in Legge 30 Giugno 2016 n. 119) a mente dei quali il Giudice dell'esecuzione dispone la liberazione dell'immobile pignorato, senza oneri per l’aggiudicatario, quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, oppure quando revoca l’autorizzazione, se concessa in precedenza, oppure, al più tardi, quando provvede all'aggiudicazione. Questo provvedimento è attuato dal custode secondo le disposizioni impartite dal giudice dell'esecuzione immobiliare, anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario se questi non lo esenta. La norma disponeva infine che per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'articolo 68”.

Per le procedure iniziate dopo, la disciplina è quella risultante dal nuovo art. 560 nel testo riscritto dall’art. 4, d.l. n. 135 del 2018, n. 135, secondo il quale (sintetizziamo) il debitore ed i familiari che con lui convivono, non perdono il possesso dell'immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento, salvo che violi gli obblighi di conservazione dell’immobile e di collaborazione con il custode posti a loro carico.

Sennonchè, nel 2020 l’art. 560 è cambiato ancora. l’art. 18-quater comma 1 della l. 28 febbraio 2020, n. 8 (in GU Serie Generale n.51 del 29 febbraio 2020 - Suppl. Ordinario n. 10) , di conversione con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 ha aggiunto all’art. 560, comma sesto, i seguenti periodi:

A richiesta dell’aggiudicatario, l’ordine di liberazione può essere attuato dal custode senza l’osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti; il giudice può autorizzarlo ad avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell’articolo 68. Quando nell’immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, il custode intima alla parte tenuta al rilascio di asportarli, assegnando ad essa un termine non inferiore a trenta giorni, salvi i casi di urgenza da provarsi con giustificati motivi. Quando vi sono beni mobili di provata o evidente titolarità di terzi, l’intimazione è rivolta anche a questi ultimi con le stesse modalità di cui al periodo precedente. Dell’intimazione è dato atto nel verbale. Se uno dei soggetti intimati non è presente, l’intimazione gli è notificata dal custode. Se l’asporto non è eseguito entro il termine assegnato, i beni mobili sono considerati abbandonati e il custode, salva diversa disposizione del giudice dell’esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione. Dopo la notifica o la comunicazione del decreto di trasferimento, il custode, su istanza dell’aggiudicatario o dell’assegnatario, provvede all’attuazione del provvedimento di cui all’articolo 586, secondo comma, decorsi sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla predetta istanza, con le modalità definite nei periodi dal secondo al settimo del presente comma.

Inoltre, il comma 2 del medesimo art. 18-quater ha previsto che “In deroga a quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 4 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, (il quale prevedeva che: “le disposizioni introdotte con il presente articolo non si applicano alle esecuzioni iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”) le disposizioni introdotte dal comma 2 del predetto articolo 4 si applicano anche alle procedure di espropriazione immobiliare pendenti alla data di entrata in vigore della citata legge n. 12 del 2019 nelle quali non sia stato pronunciato provvedimento di aggiudicazione del bene”.

Dunque, questa nuova disciplina si applica anche alle procedure pendenti, a meno che alla data del primo marzo non sia intervenuta già l’aggiudicazione.

ardigan pubblicato 27 gennaio 2021

Che dire...più chiaro di così;la risposta è stata più ch esaustiva,in pratica mi sfuggiva quanto avete espresso nell'ultimo paragrafo della Vs rispost, per cui adeso,mi è tutto charo!

Solo un'ultima conferma;per ciò che riguarda la cutodia sino ad emissione decreto(sulla scia anche di quanto enunciato dall'art 560)l'immobile dovrebbe...essere mantunuto nello stato in cui si trova con obbligo di vigilanza da parte del custode tuttavia,mi chiedevo in caso di danni come bisognerebbe comportarsi,anche successivamente ad emissione ddt quando è la procedura ad occuparsi del rilasco dell'immobile in  caso di occupazione senza titolo(nella fattispecie sovraesposta lo è,come divevo il giudice ha autorizzato una locazione che presumo debba essere revocata giàdopo l'aggiudicazione)

Vi sarei grato se poteste chiarmi anche questi dubbi in merito alla custodia e prevenzione danni all'immobile.

Ringraziandovi nuovamente vorrei anche sottolineare che il lavoro che fate per gli utenti che si rivolgono a voi è veramente prezioso!!! e per quello che vale.. il mio apprezzamento verso di voi è altissimo!!

 

inexecutivis pubblicato 27 gennaio 2021

La questione di eventuali danni, purtroppo, non è facilmente risolvibile.

Non tanto sul piano giuridico, rispetto alla quale le soluzioni ci sembrano piuttosto semplici, quanto sul piano concreto.

Dal punto di vista teorico, infatti, si potrebbe citare in giudizio il danneggiante, facilmente individuabile nella persona di colui che aveva materialmente la disponibilità dell'immobile.

Occorrerebbe tuttavia garantirsi contro il fatto che questi sia in grado di pagare, nel momento in cui l'aggiudicatario ottenesse una condanna di costui al risarcimento del danno.

Sempre sul piano teorico, potrebbe essere chiamato a rispondere il custode.

Ai sensi dell’art. 65 c.p.c., compito del custode è quello di conservare ed amministrare i beni sequestrati o pignorati.

Egli, inoltre, ai sensi dell’art. 67, comma secondo, c.p.c. è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.

Esiste poi il precetto di cui all’art. 2051 c.c., che disciplina il danno da cosa in custodia.

Aggiungiamo, infine, che ai sensi dell’art. 388, comma quinto, c.p., il custode che rifiuti, ometta o ritardi indebitamente il compimento di un atto del suo ufficio (e tale è certamente la esecuzione dell’ordine di liberazione, ai sensi dell’art. 560, comma quarto, c.p.c.) è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 516 euro”.

Quindi, certamente, il custode può essere chiamato a rispondere del danno arrecato alla cosa in custodia, e del danno derivante dalla ritardata esecuzione dell’ordine di liberazione.

In questo senso si è espressa la giurisprudenza. Secondo la Cassazione (sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730), infatti, "Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore. Ne deriva che, in relazione allo "ius ad rem" (pur condizionato al versamento del prezzo), che l'aggiudicatario acquista all'esito dell'"iter"esecutivo, è configurabile un obbligo di diligenza e di buona fede dei soggetti tenuti alla custodia e conservazione del bene aggiudicato, così da assicurare la corrispondenza tra quanto ha formato l'oggetto della volontà dell'aggiudicatario e quanto venduto. Pertanto, qualora l'aggiudicatario lamenti che l'immobile aggiudicato sia stato danneggiato prima del deposito del decreto di trasferimento, il giudice è tenuto a valutare la censura dell'aggiudicatario medesimo, diretta a prospettare la responsabilità del custode (nella specie, della curatela fallimentare che aveva proceduto alla vendita forzata), in base ai principi generali sull'adempimento delle obbligazioni (art. 1218 cod. civ.), per inadeguata custodia del bene posto in vendita, fino al trasferimento dello stesso" (negli stessi termini, più recentemente, Cass. 30/06/2014, n. 14765).

Detto questo, una precisazione è di assoluto rilievo.

Affinché il custode sia chiamato a rispondere è necessario che egli possa esercitare di fatto un potere di controllo sul bene, (potere che viene meno allorquando il debitore permane nella disponibilità del fabbricato). In questi casi ci sembra corretta la prevalente opinione dottrinaria, secondo la quale i danni arrecati all’immobile dal debitore che occupi il medesimo non possono ascriversi alla responsabilità del custode, in quanto non è identificabile il capo a questi una condotta esigibile, capace di evitarli. Detto altrimenti, è difficile ipotizzare quale iniziativa il custode avrebbe potuto adottare per evitare che il debitore, nel lasciare l’immobile, lo danneggi.

Questi concetti sono stati più volte espressi dalla Corte di Cassazione in tema di locazione, laddove si è affermato ad esempio che “poiché la responsabilità ex art. 2051 c.c. implica la disponibilità giuridica e materiale del bene che dà luogo all'evento lesivo, al proprietario dell'immobile locato sono riconducibili in via esclusiva i danni arrecati a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione, mentre grava sul solo conduttore la responsabilità per i danni provocati a terzi dagli accessori e dalle altre parti dell'immobile, che sono acquisiti alla sua disponibilità”. (Affermando tale principio, la S.C. ha riconosciuto la responsabilità del conduttore per i danni causati da infiltrazioni d'acqua a seguito della rottura di un tubo flessibile esterno all'impianto idrico, sostituibile senza necessità di interventi demolitori sui muri. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21788 del 27/10/2015).

Nel caso prospettato nella domanda, ci è sembrato di capire che il bene fosse occupato da un terzo, il che rende pressoché impossibile al custode adottare precauzioni utili a scongiurare atti vandalici.

Infine, va esclusa la possibilità di chiedere ed ottenere ristoro in seno alla procedura esecutiva, poiché ai sensi dell’art. 2922 c.c., nella vendita esecutiva non trova applicazione la disciplina della garanzia per i vizi della cosa venduta, per cui il comportamento del giudice è stato del tutto corretto e conforme alla legge.

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