A nostro avviso non vi sono gli estremi per agire nei confronti del custode.
Se i vizi riscontrati, infatti, erano presenti al momento della visita dell’immobile, e ed è stata comunque formulata offerta di acquisto, se ne deve ricavare che detto acquisto sia stato effettuato in modo del tutto consapevole, di tal che non è possibile invocare alcuna tutela, in quanto si è acquistato quanto si è visionato.
Un sicuro indice normativo della considerazione che abbiamo appena svolto si rinviene, a nostro avviso, nell’art. 1491 c.c., a mente del quale “Non è dovuta la garanzia se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa; parimenti non è dovuta, se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi”.
Questa norma, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, “costituisce applicazione del principio di autoresponsabilità e consegue all'inosservanza di un onere di diligenza del compratore in ordine alla rilevazione dei vizi che si presentino di semplice percezione” (Cass. Sez. 2, 27/02/2012 n. 2981), la quale ha pure affermato che “la conoscenza del vizio, che esclude la garanzia ai sensi dell'art. 1491 cod. civ., si ha quando il compratore abbia acquisito la certezza obiettiva del vizio nella sua manifestazione esteriore, ancorché egli non ne abbia individuato la causa”. (Sez. 2, Sentenza 18/01/2013, n. 1258).
Diverso sarebbe stato il caso in cui i danni lamentati fossero intervenuti in un momento successivo alla visita. In questo caso, infatti, trattandosi di vizi non conosciuti (perché inesistenti) a momento dell’accesso, un’azione di responsabilità nei confronti del custode sarebbe stata astrattamente ipotizzabile (salvo poi verificare se in concreto i danni lamentati fossero stati a lui imputabili).
Infatti, “Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore. Ne deriva che, in relazione allo "ius ad rem" (pur condizionato al versamento del prezzo), che l'aggiudicatario acquista all'esito dell'"iter"esecutivo, è configurabile un obbligo di diligenza e di buona fede dei soggetti tenuti alla custodia e conservazione del bene aggiudicato, così da assicurare la corrispondenza tra quanto ha formato l'oggetto della volontà dell'aggiudicatario e quanto venduto. Pertanto, qualora l'aggiudicatario lamenti che l'immobile aggiudicato sia stato danneggiato prima del deposito del decreto di trasferimento, il giudice è tenuto a valutare la censura dell'aggiudicatario medesimo, diretta a prospettare la responsabilità del custode (nella specie, della curatela fallimentare che aveva proceduto alla vendita forzata), in base ai principi generali sull'adempimento delle obbligazioni (art. 1218 cod. civ.), per inadeguata custodia del bene posto in vendita, fino al trasferimento dello stesso” Cass., sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730).
In ogni caso potrebbe essere difficile stabilire se i danni, nella misura in cui sono oggi presenti, sono precedenti o successivi al decreto di trasferimento.
Sconsigliamo pertanto qualsiasi azione.