Il quesito contiene due distinte domande: cosa è compreso nel pignoramento e cosa fare di quei beni che, non essendo ricompresi nel pignoramento, si rinvengono nell’immobile al momento della sua consegna.
Quanto al primo interrogativo, ricordiamo che ai sensi dell’art. 2912 c.c. il pignoramento si estende, alle pertinenze, agli accessori ed ai frutti.
Ai sensi dell’art. 817 c.c. sono pertinenze le cose destinate in modo durevole al servizio o all’ornamento di un’altra.
Degli accessori manca invece una definizione all’interno del codice, ed in dottrina si ritiene, generalmente, che tali possono essere sia le così dette “pertinenze improprie” (cioè le cose destinate a servizio od ornamento della cosa principale in modo non duraturo, ovvero da chi non ne ha la proprietà) sia le accessioni in senso tecnico, vale a dire gli incrementi fluviali, (alluvione e avulsione), i casi di unione e commistione, le accessioni al suolo (piantagioni o costruzioni).
Cass. Pen. 19 giugno 2007, n. 23754 occupandosi del caso in cui un soggetto aveva asportato dall’immobile pignorato gli infissi, i termosifoni, i pavimenti, la porta blindata, la caldaia, i pannelli in cartongesso di tamponamento, una pergola pompeiana ed una vasca idromassaggio, ha ritenuto che questi beni, in forza della previsione di cui all’art. 2912 c.c., dovevano ritenersi ricompresi nel pignoramento, indentificando nelle pertinenze ed accessori “tutto ciò che concorre a definire il valore economico del bene esecutato”, e considerando accessori “sia le accessioni in senso tecnico, caratterizzate da una unione materiale con la cosa principale (piantagioni, costruzioni), sia quei beni che, pur conservando la loro individualità, sono collegati a quello principale da un rapporto tanto di natura soggettiva, determinato dalla volontà del titolare del bene, quanto di natura oggettiva conseguente alla destinazione funzionale che li caratterizza e che ne fa strumento a servizio del bene cui accedono”.
Sempre secondo la Corte di Cassazione (n. 4378 del 20 marzo 2012) non costituiscono invece pertinenze le suppellettili, gli arredi ed i mobili che riguardano esclusivamente la persona del titolare, a meno che non siano destinati in modo durevole all’ornamento dell’immobile.
Sulla scorta di questi elementi, riteniamo che dei beni indicati nella domanda, solo la cucina non rientri nel compendio pignorato.
Quanto al procedimento da seguire per questo bene, osserviamo quanto segue.
In primo luogo lei non è tenuto ad assumerne la custodia.
È evidente tuttavia che se rifiuterà di farlo il bene non le verrà consegnato poiché l’esecutato dovrà essere diffidato a ritirarlo.
Ed allora riteniamo che, per ragioni di mera convenienza, le sarà utile accettare detta custodia.
A questo punto l’iter da seguire è dettato dall’art. 560, comma quarto, c.p.c., il quale dispone che “Quando nell'immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati ovvero documenti inerenti lo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale, il custode (ed in questo caso lei) intima alla parte tenuta al rilascio ovvero al soggetto al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine, non inferiore a trenta giorni, salvi i casi di urgenza. Dell'intimazione si da' atto a verbale ovvero, se il soggetto intimato non e' presente, mediante atto notificato dal custode. Qualora l'asporto non sia eseguito entro il termine assegnato, i beni o i documenti sono considerati abbandonati e il custode, salvo diversa disposizione del giudice dell'esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione”.
Quindi, dal punto di vista pratico, le suggeriamo di notificare al debitore una diffida a ritirare il bene nel termine di trenta giorni, avvertendolo che in mancanza il bene sarà considerato abbandonato.