Immobile Abusivo non sanabile

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  • Ultimo messaggio 20 gennaio 2021
donato pubblicato 06 gennaio 2021

Salve, vorrei partecipare ad una asta di un immobile che come riporta l'avviso e la perizia, risulta abusivo e non sanabile avendo già richiesta la sanitaria che ovviamente, non è stato concesso. Le mie domande sono: 1) se non è sanabile perché viene messo all'asta e non demolito d'ufficio? 2) Se mi aggiudicassi immobile, poi cosa ne posso visto che non è sanabile? Lo dovrei demolire? 3) Lo posso rivendere in questo stato di abuso? Grazie..

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rickhunter pubblicato 06 gennaio 2021

E' la stessa cosa che mi chiedo in caso di difformità o opere abusive come tettoie, ecc. Se uno non lo fa, chi viene a controllare che il nuovo proprietario non abbia provveduto?

matteomariazoccoli pubblicato 07 gennaio 2021

Fermo restando che la spada di damocle dei controlli sarebbe sempre lì sulla tua testa e quindi sanzioni, obbligo di abbattimenti e via discorrendo, c'è il problema della difficoltà di circolazione di un bene con queste problematiche. Sicuramente il perito ha nella C.T.U. evidenziato queste carenze e ha sottratto al valore del bene gli eventuali costi di abbattimento (mi pare di capire che viene totalmente escluso la possibilità di condono). Per esperienza però meglio farsi consigliare da un tecnico bravo, perché magari i margini per condonare ci sono. 

inexecutivis pubblicato 07 gennaio 2021

Il dato normativo dal quale occorre partire è rappresentato dall’art. 46 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), il quale similmente a quanto già disponevano gli artt. 17 e 40 della legge n. 47 del 1985, prevede che gli atti tra vivi, sia in forma pubblica che privata aventi per oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento della comunione di diritti reali relativi ad edifici o loro parti, la cui costruzione sia iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria, ma dispone anche che tale nullità non si applica agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali. Aggiunge che l’aggiudicatario, qualora l’immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare la relativa domanda entro il termine di centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dall’autorità giudiziaria.

È chiaro, dunque, che la sanatoria di un abuso consente la circolazione del bene, e dunque la sua vendibilità.

Quanto alla disciplina della sanatoria, il discorso è più articolato.

Gli artt. 173 bis e quater disp. att. c.p.c. sanciscono exspressis verbis che la condizione urbanistico edilizia del bene pignorato deve essere accertata dall’esperto nominato per la stima, e descritta nell’avviso di vendita. Ovviamente di essa, e delle somme necessarie per sanare eventuali irregolarità, va tenuto conto ai fini della determinazione del prezzo di vendita.

In particolare, ai sensi dell’art. 173 bis, comma primo, n. 7), disp. att. c.p.c.. egli è tenuto a verificare innanzitutto la possibilità di sanatoria c.d. ordinaria ai sensi dell’art. 36, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (che riproduce la previsione dell’abrogato art. 13, l. 28 febbraio 1985, n. 47), a mente del quale “… il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.

Quindi, una prima ipotesi di sanatoria deriva dalla sussistenza del requisito della così detta "doppia conformità". L’aggiudicatario, qualora ricorra questa condizione, potrà presentare domanda di sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto di trasferimento ai sensi dell’art. 46, comma quinto d.P.R. 380/2001 (sebbene vada precisato che nessuna norma del codice di procedura civile preveda che il decreto di trasferimento sia notificato all’aggiudicatario).

In secondo luogo, ove non ricorra questa situazione, lo stimatore dovrà accertare l’eventuale presentazione di istanze di condono indicando, secondo quanto previsto dal citato art. 173 bis, comma primo, n. 7), disp. att. c.p.c.:

il soggetto istante e la normativa in forza della quale l’istanza di condono è stata presentata;

lo stato del procedimento;

i costi della sanatoria e le eventuali oblazioni già corrisposte o ancora da versare.

L’ausiliario deve verificare inoltre, ai fini della domanda in sanatoria che l’aggiudicatario potrà eventualmente presentare, se gli immobili pignorati si trovino o meno nelle condizioni previste dall’art. 40, comma sesto, l. 28.2.1985, n. 47 o dall’art. 46, comma quinto, d.P.R. 380/2001, cit. (già art. 17, commaquinto, l. 47/1985, cit.).

La prima delle due norme richiamate prevede, in particolare, che “nella ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge”.

A questo proposito va ricordato che ai sensi dell’art. 31, comma primo, l. 47/1985 potevano essere sanate le opere abusive che fossero state ultimate entro la data del 1 ottobre 1983 (il comma due della medesima disposizione specifica che "Ai fini delle disposizioni del comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente"). L’art. 35 della citata legge prevede poi che la domanda in sanatoria doveva essere presentata al comune entro il termine perentorio del 30 novembre 1985.

Qualora l’immobile abusivo sia oggetto di un trasferimento coattivo, la possibilità di richiedere la sanatoria in parola viene riconosciuta dal citato art. 40 comma sesto anche all’aggiudicatario, il quale può chiederla, come si è visto, entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della legge.

Pertanto, al fine di comprendere se sia possibile o meno per l’aggiudicatario ricorrere alla sanatoria prevista dal capo IV della l. 28.2.1985, n. 47 (artt. 31 e ss), occorre accertare:

che le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriori all’entrata in vigore della predetta legge 47/1985 (cioè 17.3.1985, il che ad oggi è alquanto improbabile);

che l’abuso sia stato realizzato entro il primo ottobre 1983.

Un’altra ipotesi di condono è prevista dall’art. 39 l. 23.12.1994, n. 724, che estende la sanatoria di cui alla legge n. 47/1985 alle pere abusive (che rispettino i requisiti del citato art. 39) che:

risultino ultimate entro il 31.12.1993;

a condizione che le ragioni di credito siano anteriori al 01.1.1995 (data di entrata in vigore di detta legge, ai sensi dell’art. 47 della medesima).

Va poi considerata l’ulteriore ipotesi prevista dall’art. 32, d.l. 30.9.2003 n. 269, convertito in l. 24.11.2003, n. 326, il cui comma 25 consente il condono (alle condizioni previste da questa disposizione) alle opere abusive che:

risultino ultimate entro il 31 marzo 2003;

sempre che le ragioni di credito per cui si procede o si interviene nella procedura siano sorte anteriormente al 2.10.2003 (data di entrata in vigore della norma) come si ricava dalla lettura del comma 28 del medesimo art. 32.

Infine, per gli immobili realizzati dopo il 31 marzo 2003 è possibile soltanto la sanatoria di cui al citato art. 36, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 che richiede, come si è visto, il requisito della doppia conformità.

Il problema non sussiste per gli immobili la cui costruzione sia iniziata in data anteriore al primo settembre 1967 possono circolare indipendentemente dalla loro regolarità urbanistico edilizia. Infatti, secondo il disposto dell’art. 40 l. 28 febbraio 1985 n. 47, gli immobili costruiti in epoca anteriore al 2 settembre 1967 sono liberamente commerciabili, qualunque sia l’abuso edilizio commesso dall’alienante, a condizione che, nell’atto pubblico di trasferimento, risulti inserita una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo, attestante l’inizio dell’opera in data anteriore al 2 settembre 1967, senza che rilevi, pertanto, ai fini della legittimità del trasferimento, la mancanza dell’attestazione di conformità della costruzione alla licenza edilizia ovvero la esistenza di una concessione in sanatoria (ovvero la domanda, ad essa relativa, corredata della prova dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione) (Cass. civ., sez. II, 22 agosto 1998, n. 8339).

donato pubblicato 10 gennaio 2021

Spett.Le Astalegale,

grazie per il feedback puntuale e celere.

In merito a quanto discusso, dalla stessa perizia ed avviso di Asta, viene riportato anche che il Comune interessato ha comunicato alla proprietà la "non è inammissibilità in sanatoria.."

Di seguito un estratto della perizia pubblica:

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L'immobile non risulta regolare per la legge n° 47/1985. La costruzione non è antecedente al 01/09/1967. Sono presenti vincoli artistici, storici o alberghieri. Sono presenti diritti demaniali o usi civici. L'immobile non risulta agibile.

L'immobile oggetto di stima è stato edificato abusivamente ed ultimato nel 1983; Il Sig. XXXX aveva presentato istanza di rilascio di C.E. in sanatoria in data 10/1986. Tuttavia ad oggi per l'immobile non è stata rilasciata la C.E. in sanatoria, in quanto l'intero fabbricato ricade all'interno della fascia di rispetto dei 150 ml dalla linea di battigia così come regolamentato dall'Art,15 della L.R. 78/76, per cui rientra nei casi di inammissibilità in sanatoria così come prescritto dall'art. 33 della L. 47/85." giusta nota inviata alla ditta richiedente da parte del Comune in data 1996.

Da quanto sopra esposto è possibile affermare che l'unità immobiliare oggetto di stima NON è ammissibile in sanatoria e che per la stessa non può essere rilasciata ad oggi la relativa C.E

>>>> 

A seguito di questo, l'aggiudicatario non potendo fare altro deve demolire il tutto?

Grazie in anticipo

inexecutivis pubblicato 13 gennaio 2021

ci sembra proprio di si... l'immobile non è sanabile e dunque l'acquirente potrebbe essere destinatario dell'ordine di demolizione.

 L’art. 31, comma 3 d.P.R. 380/2001 prevede che se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. È vero che la norma individua il destinatario dell’ordine di demolizione nel “responsabile dell’abuso, ma la giurisprudenza (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 9 gennaio 2017, n. 37) ha affermato che questo obbligo si trasmette all’acquirente.

rickhunter pubblicato 13 gennaio 2021

Mi permetto di proseguire la discussione. Sempre riguardo le eventuali demolizioni, aggiustamenti, modifiche, tutte cose che in perizia, non tenendo minimamente in conto che uno le cose potrebbe farle da se con poco lavoro, esempio demolire una tettoia in legno o plastica, se proprio si deve, e caricano tutto come se lo dovesse fare una ditta specializzata, addirittura per spostare il mobilio da una soffitta, usata come camera, veniva indicato il costo di una ditta di traslochi, 500 euro. Scusate, ma a mio parere la 'certificazione' delle cose, ci sta veramente facendo uscire dalla balza, non si deve chiamare un ingegnere nucleare per svuotare una camera, demolire una tettoria, o abbattere un muretto.

Detto questo, e la cosa che più trovo incomprensibile: come mai tutte queste prescrizioni in capo all'aggiudicatario, visto che, Se tali difformità sono a rischio di verifica da parte degli organi comunali accertatori, allora perché, essendo stati accertati, basta acquisirgli dagli atti peritali, non vanno IMMEDIATAMENTE a contestarli all'esecutato, che li eseguirà a sue spese, pena, le stesse sanzioni che colpirebbero l'aggiudicatario. Francamente non riesco a capire.

Esempio pratico: ho trovato una casa, quasi di tipo signorile che costa veramente poco. Peccato solo che la soffitta sia troppo alta rispetto ai data urbanistici, è così dagli anni '60, e, lungi dal chiedere un'immediata demolizione e ricostruzione del tetto all'esecutato, la richiedono però all'eventuale aggiudicatario, con spesa, calcolata, di ben 80 mila euro, con perizia del 2010, quindi probabilmente una cifra ancora superiore oggi.

Sono esempi frequenti, questo è uno, perché non è stato richiesto all'esecutato di mofidicare l'assetto urbanistico della casa che ANCORA occupa, e sono passati oltre 10 anni? Ancora, se continua così anche questa procedura sarà estinta, col bene che rimarrà in disponibilità perpetua dell'esecutato e gli eredi, indi per cui, perché a costoro non si chiede di risolvere tale problematica, non di poca spesa? Se rimangono proprietari, quantomeno, dovrebbero avere gli stessi obblighi dell'eventuale nuovo proprietario. 

inexecutivis pubblicato 14 gennaio 2021

Si tratta di una scelta normativa. Il dato normativo oggi consente di richiedere questo anche all'acquirente, poichè si intende salvaguardare l'interesse pubblico alla eliminazione degli interventi urbanistici abusivi. Si tratta di scelte normative rispetto alle quali si possono avere opinioni diverse, ma questo è lo stato dell'arte.

rickhunter pubblicato 16 gennaio 2021

Capisco, grazie, quindi non se ne esce, spero solo che per interventi minori si possano fare in proprio se non è necessaria una variazione della documentazione ma solo un ripristino dei luoghi.

arianros pubblicato 18 gennaio 2021

Buongiorno, ho acquistato una casa da un signore che  sua volta l'ha acquistata all'asta. Il perito ha dichiarato la casa sanabile sia per cambio destinazione uso di magazzino e garage in residenziale che per diverse difformità dell'involucro. L'acquirente entro 120 giorni ha richiesto la concessione in sanatoria pagando parte delle oblazioni. Nel 2020 la casa l'ho acquistata io, ho concluso il pagamento delle oblazioni e oneri di urbanizzazione così come richiesto dal comune. Protocollata la sanatoria ero in attesa della concessione ma il comune ha rigettato la richiesta poichè sebbene la casa è stata costruita prima della prima legge sul condono 1985, le ragioni del credito risalgono al 2005. Ora mi trovo una casa parzialmente abusiva oltre ad aver pagato oblazioni che non mi rimborseranno per colpa del perito che ha fatto un errore enorme nella sua perizia. Cosa posso fare?

inexecutivis pubblicato 20 gennaio 2021

Dipende da cosa c'è scritto nell'atto. Occorrerebbe studiare la vicenda per comprendere se è possibile esperire il rimedio risolutorio di cu iall'art. 1489 cc facendo valere l'aliud pro alio.

 

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