A norma dell’art. 167 c.c. il fondo patrimoniale è l’atto con il quale entrambi i coniugi, uno di essi o un terzo vincolano determinati beni immobili, mobili o titoli di credito al soddisfacimento dei diritti di mantenimento, di assistenza e di contribuzione della famiglia.
Se la costituzione del fondo ha per oggetto beni immobili o mobili registrati è necessario l’atto pubblico, ed ai fini della sua opponibilità deve essere annotato a margine dell’atto di matrimonio; la sua trascrizione presso i registri immobiliari assolve invece ad una funzione di mera pubblicità notizia.
Secondo Cass. Civ, Sez. U, 13 ottobre 2009, n. 21658 (e nello stesso senso, da ultimo, da Cass. civ., sez. I, ordinanza 10 maggio 2019, n. 12545) la costituzione del fondo patrimoniale di cui all’art. 167 cod. civ. è soggetta alle disposizioni dell’art. 162 cod. civ., circa le forme delle convenzioni matrimoniali, ivi inclusa quella del quarto comma, che ne condiziona l’opponibilità ai terzi all’annotazione del relativo contratto a margine dell’atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo per gli immobili, ai sensi dell’art. 2647 cod. civ., resta degradata a mera pubblicità-notizia e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti della costituzione del fondo. (Nella specie, le S.U. hanno confermato la sentenza di merito che - in presenza di un atto di costituzione del fondo patrimoniale trascritto nei pubblici registri immobiliari, ma annotato a margine dell’atto di matrimonio successivamente all’iscrizione di ipoteca sui beni del fondo medesimo - aveva ritenuto che l’esistenza del fondo non fosse opponibile al creditore ipotecario).
Il fondo patrimoniale determina costituzione di un patrimonio separato, con limitazione dei poteri dispositivi dei costituenti alle predette finalità. Secondo Cass. civ., sez. I, 8 settembre 2004, n. 18065 la costituzione del fondo patrimoniale determina soltanto un vincolo di destinazione sui beni confluiti nel fondo stesso, affinché con i loro frutti sia assicurato il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, ma non incide sulla titolarità della proprietà dei beni stessi.
L’art. 170 c.c. dispone che l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
I beni del fondo possono essere aggrediti quindi solamente a seguito dell’inadempimento di obbligazioni assunte da uno o da entrambi i coniugi per i bisogni della famiglia.
Sarà possibile agire esecutivamente sui beni del fondo patrimoniale anche per le obbligazioni contratte da uno o da entrambi i coniugi per i bisogni estranei alle esigenze della famiglia solo se i creditori ignoravano tale estraneità.
La destinazione del debito ai bisogni di famiglia di cui all’art. 170 c.c. non va intesa in senso rigoroso. L’obbligazione, secondo la giurisprudenza, non deve essere legata alla necessità di soddisfare le esigenze essenziali del nucleo familiare, ma può avere riguardo alle più ampie e varie esigenze dirette al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento delle sue capacità lavorative, con esclusione delle sole esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi (Cass. civ., sez. III, 7 gennaio 1984, n. 134). Negli stessi termini Cass. civ. sez. III, 31 maggio 2006, n. 12998, secondo cui “In tema di fondo patrimoniale, il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo va ricercato nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti ed i bisogni della famiglia, con la conseguenza che l'esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso può avere luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia”.
Nel processo, la prova che i beni sottoposti ad esecuzione non possono essere aggrediti poiché ricadenti nel fondo patrimoniale deve essere fornita dal debitore, dovendo questi dimostrare che il debito è stato contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia, e che il creditore era a conoscenza di tale circostanza.
In questi termini si è espressa Cass. civ., sez. III, 5 marzo 2013, n. 5385. In precedenza, nella stessa direzione è andata Cass. civ., sez. III, 15 marzo 2006, n. 5684 del, secondo la quale “L’esecuzione sui beni e sui frutti del fondo patrimoniale è consentita, a norma dell’art. 170 cod. civ., soltanto per debiti contratti per fare fronte ad esigenze familiari, sicché, in sede di opposizione al pignoramento, spetta al debitore provare che il creditore conosceva l’estraneità del credito ai bisogni della famiglia, sia perché i fatti negativi (nella specie l’ignoranza) non possono formare oggetto di prova, sia perché esiste una presunzione di inerenza dei debiti ai detti bisogni”.
Quindi, solo il debitore riuscirà a dimostrare che ricorrono i due elementi che abbiamo appena indicato, reagendo al precetto o al pignoramento con una opposizione ex art. 615 c.p.c. (primo o secondo comma), l’azione esecutiva sarà impedita.