inexecutivis
pubblicato
13 febbraio 2019
Comprendiamo le difficoltà espresse nella domanda, ma non ci è ben chiara la dinamica di quanto accaduto.
Da quanto è dato comprendere (ci corregga se sbagliamo) il rilascio dell'immobile è avvenuto, ma all'interno dello stesso sono ancora presenti dei mobili.
Ad allora, per comprendere il da farsi occorre partire dalla lettura dell'art. 560, comma quarto c.p.c., a mente del quale “Quando nell’immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, ovvero documenti inerenti lo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale, il custode intima alla parte tenuta al rilascio ovvero al soggetto al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine, non inferiore a trenta giorni, salvi i casi d’urgenza. Dell’intimazione si dà atto a verbale ovvero, se il soggetto intimato non è presente, mediante atto notificato dal custode. Qualora l’asporto non sia eseguito entro il termine assegnato, i beni o documenti sono considerati abbandonati e il custode, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione”.
Dunque, in teoria, decorsi 30 giorni occorrerebbe procedere alla distruzione o alla vendita dei mobili presenti (se il giudice ritiene che abbiano un valore economico apprezzabile, cosa che per la verità non accade di frequente).
Ciò detto, se vi è urgenza di entrare in possesso dell'immobile e si è disposti a sostenere le spese di smaltimento, una soluzione potrebbe essere quella di chiedere al custode l'immediata consegna delle chiavi, dispensandolo dal proseguire nella esecuzione della liberazione dell'immobile.
Infatti, ai sensi del terzo comma dell'art. 560 c.p.c., l'esecuzione dell'ordine di liberazione è curata dal custode, a meno che l'aggiudicatario non lo esenti.
Quanto al risarcimento del danno nei confronti del custode, esso è astrattamente configurabile, a condizione che si rilevino effettivi profili di responsabilità.