La richiesta di chiarimenti ci consente di essere più specifici, e di delimitare gli ambiti di operatività del così detto effetto purgativo in ambito concordatario.
Questi ambiti sono stati recentemente chiariti (secondo noi in modo condivisibile) da Cass., sez. I, 22 ottobre 2020, n. 23139.
Secondo questa sentenza, per capire se alla vendita debba accompagnarsi o meno la cancellazione delle formalità pregiudizievoli gravanti sul bene occorre partire dalla premessa che un conto è la liquidazione che avvenga in esecuzione di un concordato che preveda la cessione dei beni dell'imprenditore per soddisfare il ceto creditorio, un altro è la vendita dei beni che siano il frutto della continuazione dell'attività di impresa da parte dell'impresa in concordato.
La prima attività assolve una funzione corrispondente a quella della liquidazione fallimentare, ed è presieduta dal criterio del miglior soddisfacimento dei creditori, come rende esplicito il rinvio fatto dall'art. 182, comma 5, I. fall., agli articoli da 105 a 108-ter I. fall..
La seconda attività rappresenta invece il naturale svolgimento ciclo produttivo di un'impresa operante sul mercato ed è presieduta dalle regole (di libertà negoziale in funzione del conseguimento di un profitto d'impresa) a cui il mercato si ispira, dato che in questo tipo di concordato i creditori vengono soddisfatti con i proventi che la continuazione dell'attività economica nel suo complesso riuscirà a produrre.
L'art. 182, comma 5, I. fall. prevede, prosegue la Corte, l'applicazione "alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo" de"gli articoli da 105 a 108-ter in quanto compatibili" e subito dopo specifica che "la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo, sono effettuati su ordine del giudice".
Questa norma deve essere letta, secondo la sentenza, come un rinvio complessivo alle norme espressamente richiamate, e quindi come rinvio anche alle regole di pubblicità, competitività e stima che esse contengono.
Solo in questo senso si giustifica la regola della cancellazione, e quindi solo la necessaria competizione nell'ambito di una procedura pubblica di dismissione del bene, che muova dal suo prezzo di stima e favorisca la massima informazione e partecipazione di tutti i soggetti interessati al fine di assicurare il conseguimento del maggior risultato possibile e con esso la miglior soddisfazione dei creditori giustifica l'effetto purgativo della vendita procedimentalizzata.
Al contrario, la vendita di un bene sul mercato che sia il frutto della continuazione dell'attività di impresa, non ispirata a questi criteri ma al principio della libertà di iniziativa economica dell'imprenditore in concordato, il quale si rivolge al mercato di riferimento con l'obiettivo della massimizzazione del proprio profitto e addiviene alla vendita secondo le modalità di contrattazione - quanto a individuazione del cliente e del prezzo di vendita - che egli ritenga più opportune non è coerente e non consente l’applicazione della previsione che autorizza la cancellazione dei gravami da parte del giudice delegato.
È ben vero che l'art. 182, comma 5, I. fall., laddove fa riferimento non solo alle vendite e alle cessioni, ma anche ai "trasferimenti legalmente compiuti posti in essere in esecuzione del concordato", potrebbe far pensare, in sé considerato, a una sua applicabilità a tutti i casi in cui un bene sia trasferito a un soggetto in esecuzione del concordato omologato, a prescindere dai criteri di competitività, ma questa lettura atomistica non tiene conto che con l’art. 182 comma quinto il legislatore ha operato un rinvio in blocco al procedimento di vendita competitiva, prevedendo che alle cessioni ed ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo, si applicano "gli articoli da 105 a 108-ter in quanto compatibili" e proprio in ragione del ricorso a questa complessiva disciplina, ispirata alla competizione pubblica finalizzata alla miglior soddisfazione dei creditori, si giustifica la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione.
Quindi, non tutte le "cessioni" effettuate dopo il deposito della domanda di concordato trovano regolamentazione nell'art. 182, comma 5, I. fall., in quanto sfuggono a questa disciplina le dismissioni dei beni che siano esercizio della continuità aziendale e che siano perciò attuate dall'imprenditore sul libero mercato.