In passato si è spesso posto il problema di stabilire se potessero essere sottoposti ad esecuzione forzata gli alloggi di edilizia economica popolare.
La tematica sorgeva in quanto le norme che ne disciplinano la concessione (si vedano, ad esempio, gli artt. 29 l. 14 febbraio 1963, n. 60 e 28, co. 5, l. 8 agosto 1977, n. 513) prevedono un vincolo decennale di inalienabilità diretto ad evitare che le agevolazioni concesse dallo Stato possano favorire intenti speculativi.
Ci si chiedeva allora se il vincolo di inalienabilità valga anche per i trasferimenti coattivi a seguito di vendita forzata.
All’interrogativo ha risposto in senso negativo Cass. civ., sez. III, 5 agosto 1987, n. 6748, affermando che, “gli alloggi di edilizia economica e popolare assegnati e ceduti senza riserva di proprietà possono essere oggetto di pignoramento da parte dei creditori degli assegnatari e, quindi, possono anche essere venduti all’asta a qualsiasi partecipante alla gara a conclusione della procedura esecutiva, ancor prima che sia trascorso il decennio di cui agli artt. 29 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, e 28 quinto comma, legge 8 agosto 1977, n. 513 ed indipendentemente dal possesso, da parte dell’acquirente, dei requisiti prescritti per la cessione originaria di quei medesimi alloggi, atteso che la nullità stabilita dalle disposizioni contenute nelle norme sopracitate riguarda esclusivamente gli atti volontari di disposizione compiuti dagli stessi assegnatari”.
Anche cass. civ., sez. I, 27 settembre 1997, n. 9508 ha concluso nel senso che se è vero che il divieto temporaneo di alienazione imposto al cessionario di un’area destinata alla realizzazione di un piano di insediamento produttivo (PIP) trova la sua giustificazione nell’esigenza di evitare che le agevolazioni concesse nel quadro di una politica di interesse sociale si trasformino in un inammissibile strumento di speculazione, è altrettanto vero che detta trasformazione, di certo, non può determinarsi per effetto delle azioni esecutive dei creditori, il cui esercizio non viene ad interferire minimamente con il raggiungimento degli obbiettivi perseguiti dal legislatore, le quali pertanto potranno essere svolte, ferma restando la destinazione pubblicistica del bene. In altri termini, cioè, se il divieto di alienazione ha la funzione precipua di garantire la funzionalizzazione del bene all’interesse pubblico che ne ha determinato la espropriazione prima e la cessione poi, detto divieto è inevitabilmente destinato a non operare quante volte, come nel caso di azioni esecutive, il trasferimento del bene non costituisca l’oggetto di una manovra speculativa e la destinazione pubblicistica del bene rimanga inalterata.
Si tratta di conclusioni che ci sentiamo di condividere. I divieti di alienazione in parola hanno la funzione di arginare intenti speculativi, che la vendita esecutiva, in quanto tale, non presenta, poiché in essa, al contrario, la vendita avviene invito domino.